Salgari.
Spesso criticato per lo stile “pesante” e non particolarmente raffinato, ma nessuno come lui sapeva evocare l’atmosfera misteriosa e suggestiva della giungla, dei viaggi per mare e di tutti i luoghi esotici in cui sono ambientati i suoi romanzi... senza averli mai visti. Ho ancora in testa veri e propri quadri di quelle ambientazioni pur non leggendo niente di suo da tantissimi anni, e ricordo la meraviglia e le suggestioni che mi trasmettevano.
Inoltre, pur scrivendo in un’epoca positivista in cui la cultura occidentale era vista come superiore e votata immancabilmente al progresso per via del suo ingegno e della sua scienza (nucleo di tutti i romanzi di Verne), Salgari rende protagonisti delle sue storie personaggi di diverse etnie e culture, diversi, lontanissimi dalla sensibilità del tempo. Non credo che gli sia riconosciuto abbastanza merito per questo. Anzi, solitamente gli europei, nei suoi romanzi, sono i “cattivi”, opportunisti e assetati di denaro. In un’Europa in cui i paesi fanno la gara a chi accumula più colonie, lui è una delle poche voci a ergersi contro il colonialismo e a inneggiare alla libertà e alla dignità dei popoli sottomessi.
Insomma, parliamone: gli eroi di Verne sono borghesucci danarosi che viaggiano il mondo per noia, curiosità o addirittura per scommessa, amabilmente protetti da tutti i ritrovati della scienza moderna e certi della loro superiorità culturale. Gli eroi di Salgari sono oppressi che si ribellano agli invasori che strangolano la loro patria, prendono il mare e diventano pirati arditi e gentiluomini, combattono come fratelli, amano, soffrono e sanguinano, leali fra loro fino alla morte, senza mai perdere la nobiltà d’animo. Per me non c’è proprio storia