Oh, parliamo un po' di cose belle.
"Il Gatto con gli Stivali 2 - L'ultimo desiderio".
Il grande problema dei sequel è che, volenti o nolenti, devono fare i conti con "l'originale". Alle volte è difficile replicare la potenza del primo capitolo, non tutti i film sono ISDA o uno dei primi tre Pirati dei Caraibi. Ho rivisto di recente il primo "Il Gatto con gli Stivali" e l'ho trovato anche meglio di quanto ricordassi, ma il secondo capitolo è tranquillamente più bello del primo. Sia dal punto di vista della pura estetica, qui molto sperimentale ma molto riuscita (mi ricorda Arcane o Into the Spider-verse), sia per la sceneggiatura e per lo spessore di fondo, che è alto 6 o 7 metri.
Eh sì, perché se il primo capitolo era una storia più classica e puntava su una trama bella ma "facile", qui si trattano tematiche più moderne e che, forse, ci riguardano un po' tutti da vicino.
Farò SPOILER, quindi attenzione!
La trama ruota attorno alla ricerca della Stella dei Desideri, che sarebbe in grado di esaudire qualunque desiderio (duh), tipo Drago Shenron. E sono in molti a volerla: il Gatto vuole recuperare le sue otto vite precedenti per tornare a essere lo spavaldo, leggendario eroe di fama mondiale; Kitty vuole trovare qualcuno di cui possa fidarsi; Riccioli d'Oro (quanto è bella, by the way) desidera una famiglia "vera" da sostituire alla sua attuale famiglia, costituita dai tre orsi della famosa favola; e poi c'è Big Jack Horner, la cui avidità lo spinge a tentare di appropriarsi di tutta la magia del mondo.
E qui arriviamo al punto.
A parte Jack Horner, che qui è il classico cattivo senza possibilità di redenzione (lo ammetto, è da qualche anno che mi manca questa figura classica), tutti gli altri hanno già quello che desiderano e di cui hanno bisogno, solo che non se ne rendono conto: in questo Gatto cambiato, che ha perso quello a cui teneva di più e sta cominciando a mettere un po' a fuoco le sue priorità, Kitty trova finalmente qualcuno di cui fidarsi; Riccioli d'Oro capisce che la sua famiglia attuale, per quanto peculiare, è una famiglia a tutti gli effetti che la ama incondizionatamente (loro sono orsi e lei è umana... ma chi se ne frega, va benissimo così!); Gatto, infine, una volta perse le sue otto vite, capisce che non è importante essere una sorta di leggenda immortale, quanto spendere al meglio il tempo che gli è concesso con quelli che ama.
A farglielo capire ci si mette anche Perrito... Quanto è bello Perrito?
L'unico personaggio a non avere alcun desiderio è anche quello più felice di tutti: ha delle persone che ama e che rendono speciale la sua vita, e questo gli basta. Perrito viene fatto passare per uno stupidino, ma è il più intelligente di tutti: capisce al volo che i problemi che si pone Gatto sono molto meno grandi di quanto lui pensi, gli consiglia di parlarne con Kitty, è con lui nei momenti di maggior bisogno... Vogliamo parlare dell'attacco di panico che ha Gatto? A parte il realismo nel ritrarlo, quanto è commovente il momento in cui Perrito riesce a calmarlo semplicemente appoggiandogli la testa sulla pancia? Là mi sono sciolto come poche volte in vita mia.
E a fare tutte queste cose incredibili non è un ladro leggendario o un celebre spadaccino, è un semplicissimo cane.
Credo che sia un ottimo ritratto del "cane medio": felice di quello che ha, pronto a consolarti e pieno di amore. Parlo anche per esperienza personale, naturalmente.
Ciliegina sulla torta, Perrito è anche quello che, più di tutti, dovrebbe sentirsi sconfitto dalla vita, avendo fatto parte di una famiglia che ha tentato a più riprese di abbandonarlo e, addirittura, di annegarlo in un fiume. Eppure è l'unico che non si dà mai per vinto, è quello che si rallegra perfino delle fortune che hanno soltanto gli altri, è talmente svincolato da qualunque desiderio o tristezza che la sua mappa per la Stella è una distesa di fiori.
Quante riflessioni preziose e interessanti in un film d'animazione che sarà stato da molti bollato a prescindere come "film per bambini". Guardatelo, questo film, e poi venitemi a dire che è per bambini una serie di riflessioni del genere.
Io sono il primo a dire che lamentarsi delle proprie difficoltà è un diritto sacrosanto, che non c'è niente di male nel desiderare una vita un po' più piacevole e meno difficile, ma è pur vero che mi macchio anch'io di non mettere sempre a fuoco le cose
belle che ho. Mi guardo attorno e mi rendo conto che, in fondo, non è poi una vita così male, la mia.
Venitemi a dire che
questo è per bambini, perché sono palesemente considerazioni da adulti e per adulti.
E poi c'è la Morte.
Se Jack Horner è l'antagonista del film, la Morte, qui con l'aspetto di un lupo incappucciato, è qualcosa di più.
E' un personaggio scritto da dio, senza se e senza ma. Il suo umorismo macabro, la sua filosofia, la sua voce cupa, il fischio profondo e glaciale con cui si annuncia, che pare venire da un altro mondo, tutto contribuisce a renderlo non soltanto un personaggio interessante, ma una spaventosa entità che è impossibile sconfiggere.
Al suo primo incontro con questo lupo "cacciatore di taglie", il Gatto, per la prima volta in vita sua, ha
paura. Una paura fo***ta.
Quando mai il Gatto ha temuto per la sua vita? Quando mai è fuggito da un nemico? Mai e poi mai. Eppure eccolo che scappa, a più riprese, da quegli occhi rosso sangue e da quelle zanne che sembrano non vedere l'ora di dilaniarlo. Ogni volta che si sente il fischio, il pelo di Gatto si rizza e i suoi sensi si allertano, il che rende ancora più efficace l'entrata in scena del lupo.
Non a caso, poi, la Morte ha una coppia di falcetti come armi, per mietere le vite delle sue vittime.
E che scena è la rivelazione della sua identità! Non è una metafora, non è una teoria, non è retorica: quello è il Mietitore in persona, e trova così assurda la storia delle nove vite da voler barare e porre prematuramente fine all'ultima vita di Gatto, perché le sue prime otto vita le ha sprecate nella frivola illusione di poter vivere per sempre.
Infatti, quando Gatto decide di non esprimere il suo desiderio e di battersi per l'ultima vita rimasta, è la Morte stessa a ritirarsi, perché non vede più l'arrogante, vanitoso eroe leggendario del quale era andato a caccia.
Strepitoso Andrea Mete, che gli presta la voce nella versione italiana, senza nulla togliere al doppiatore originale. Se c'è qualcuno in grado di far vacillare la mia eterosessualità, è proprio Andrea Mete.
E' tutto così ben orchestrato, così bello da vedere, così emozionante. Questo film meriterebbe 4 volte gli incassi che ha fatto.
Quindi, tirando le somme, penso che questo non sia soltanto un grande film d'animazione, ma anche uno dei migliori film che abbia mai visto: divertente, commovente, spaventoso, innovativo e profondo. Fatevi un regalo e guardatelo prima che lo tolgano dalle sale!
E complimenti vivissimi a Dreamworks, a cui auguro di fare sempre meglio.