| Omnixes |
| | | Ecco che arriva anche il mio primo capitolo!
The World Ends With You - Bloody Moonshine Omnixes Drammatico - Arancione
CAPITOLO 1 - L'inizio della fine
Goroth gro-Makal aveva passato una buona metà dei suoi anni passati a chiedersi cosa spingesse i mercenari a correre da una parte all’altra di Tamriel dietro ai capricci dei loro generali. Non potevano essere solo i soldi; anche se nella maggior parte dei casi lo erano. No, aveva capito che c’era qualcos’altro, di più profondo, e l’aveva capito nell’altra metà dei suoi anni, quella in corso, dato che ora era un mercenario lui stesso. Si era venduto quando non aveva avuto più nulla da perdere. La guerra contro gli Altmer gli aveva portato via qualunque cosa per cui avesse voluto o potuto lottare. Non aveva più nulla, e così aveva deciso che era ora di rispondere a quella domanda. A 45 anni, ormai Goroth pensava di sapere la risposta, almeno per sé… Tuttavia, non c’era nulla di sensato nella ribellione di Ulfric Manto della Tempesta. A che pro lottare per ripristinare un culto? Non faceva per lui. Malacath era tutto ciò che lui teneva in rispetto, quando si veniva a parlare di religione. E solo perché il Daedra lo aveva benedetto al momento della nascita. In realtà, apprezzava anche Hircine, quando si era trattato di andare a caccia… ma quei momenti appartenevano a tanto tempo fa.
Alberi che passavano veloci di fianco a lui. Il cielo notturno pieno di stelle, mentre le due lune stavano sorgendo. Solo il rumore, otto zampe che correvano. Quattro davanti a lui, che scartavano a destra e sinistra cercando di seminarlo. Quattro sotto di lui. L’odore di paura emanato dalla preda era così forte da annullare tutto il resto. E questo non faceva altro che aumentare la sua brama di sangue. Presto giunsero altri odori: stalla, bruciato, sudore, metallo fuso, cibo. Un villaggio. Merda… La sua preda inciampò e cadde in mezzo alla strada. Udì le grida confuse di alcuni abitanti, mentre calava dall’alto avventandosi sul cervo. Mentre lo sbranava, sentì qualcosa pungerlo. Si voltò. Una guardia umana mirava verso di lui con un arco, mentre gli altri abitanti si erano ritirati nelle abitazioni. Ululando, gli fu addosso con un solo balzo. Sentì delle grida: alcuni abitanti erano scesi in strada, con forconi, falci, spade e torce. Gridavano: “Lupo Mannaro! Lupo Mannaro!” Riacquistò la piena consapevolezza solo quando fu davanti al Santuario di Hircine. Goroth aveva in mano la testa del cervo. La posò sull’altare del Daedra insieme a diversi elmi, abiti insanguinati, spade. Un teschio. “Mio Signore” Il Daedra rispose all’invocazione con voce profonda, proveniente da ogni angolo. “Goroth. Ancora una volta la Caccia è andata bene, vedo.” “Mio signore Hircine, ti offro questo cervo… e un intero villaggio.” “Un intero villaggio! Hai superato i tuoi soliti limiti, Goroth! Bene. Altri cacciatori si aggiungeranno al mio Paradiso. La ricompensa finale si avvicina, Goroth. Ancora poco, e potrai riportare in vita la tua famiglia.” “Ti ringrazio umilmente, mio signore Hircine, per il Dono Bestiale che mi hai concesso e per le vite che mi hai promesso. Tornerò presto con altra cacciagione fresca per te.” “A presto, Goroth.”
L’orco sospirò. Si era lasciato alle spalle quel passato tanto tempo fa, promettendo al Daedra che avrebbe ricostruito il suo altare e gli avrebbe offerto altre prede. Ma non era ancora riuscito nel suo intento. Tuttavia erano i soldi, e solo quelli, ora. Pagati per combattere gli Imperiali, e quello bastava. E poi, Skyrim era l’unica provincia imperiale che gli mancava da visitare; non che ci tenesse tanto, col freddo che faceva, ma era pur sempre bello poter dire “io ho girato tutta Tamriel”. E adesso, a complicare la situazione, i Greybeard avevano iniziato a invocare, ”Dovahkiin!”, e il panico si era sparso dopo l’ultimo attacco di drago a Whiterun. Draghi. Chi l’avrebbe mai ritenuto possibile! “Bah.” Si alzò e fece un giro per l’accampamento. Aveva bisogno di pensare. A quella stupida guerra senza senso, a quelle voci sui draghi… tutt’a un tratto si fermò. Altri due orchi che erano lì, Agrok gro-Kash e Kokolaz gra-Sheor, e si scambiarono sguardi preoccupati, tra loro e con lui. Loro orchi avevano un udito più sensibile di quello degli uomini, e quello che avevano sentito non era rassicurante. Un boato scosse le tende, mentre i pochi cavalli non legati si imbizzarrivano e galoppavano verso la strada, terrorizzati. Goroth alzò gli occhi al cielo mentre un’ombra lo copriva per un istante, e pregò di non aver visto nulla. “DRAGO!!!” La creatura passò sopra il loro accampamento, ma non li degnò di uno sguardo. Gli uomini correvano dappertutto, cercando riparo nelle tende, sotto alle rocce, negli anfratti offerti dalla parete montuosa alla loro sinistra. Pochi, una decina al massimo, si misero in posizione con archi e frecce prendendo la mira. Il loro comandante, Marius Spadarossa, esortava gli uomini a disporsi per fronteggiare il drago, ma le sue parole sortivano ben poco effetto. Il drago effettuò una virata e si preparò a ritornare in direzione dell’accampamento. Era un drago sottile e non troppo imponente, dalle squame verdi e con una corona ossea dietro il cranio. Ogni battito delle sue ali comunicava potenza, e l’insieme dava l’idea di un drago piccolo, rapido e feroce. Lo sguardo rabbioso era concentrato su un punto dietro di loro. “JOOR… ZAH FRUL!” Tutti portarono le mani alle orecchie, incapaci di sopportare un grido che non aveva nulla di umano. Dovahkiin! pensò Goroth. Un uomo possente apparve, seguito da un cavallo nero con gli occhi rossi. Dalla statura doveva trattarsi di un nord, ma la sua fisionomia era impossibile da distinguere, dato che era tutto coperto da un’armatura di placche d’acciaio. L’attenzione dell’orco venne però distolta da un ruggito tanto potente quanto disperato, e un altro boato lo seguì. Si volto nella direzione da cui provenivano i rumori, ma dovette aspettare che il polverone si diradasse. Il Dragonborn intanto estrasse due spade dai rispettivi foderi e si avvicinò lentamente a una forma scura che emergeva piano dalla foschia. “Che te ne pare, Dovah? Senti il brivido della mortalità? Hai paura ora?” “Dovahkiin, draal fah… GYAAAH!” Le parole del drago, foriere di minacce, furono interrotte da un colpo del guerriero. Il dragò impennò e tentò di colpirlo con una zampata, che l’altro evitò senza problemi. “Kein meyz wah Lein… Zeymah… GYAAAH!” A quanto pareva il drago non aveva intenzione di arrendersi, ma il guerriero, ormai stanco, lo stava attaccando con foga. La creatura rispose con una fiammata, ma l’uomo si protesse lanciandosi dietro un masso. Uno degli arcieri venne carbonizzato. Il drago si avvicinò al nascondiglio del guerriero, pronto a sbranarlo. Goroth allora decise di rischiare e, più di impulso che ragionando, si lanciò, alta l’ascia sopra la sua testa, verso il drago. Vide, come al rallentatore, la propria ascia abbattersi sul cranio del drago, sfondandolo, mentre le spade del Dovahkiin ne perforavano la gola, uscendo dalla testa. La fiamma morì in gola alla creatura, mentre il suo corpo venne avvolto da un bagliore allucinante. Si levò un vento imponente, mentre i resti del drago venivano spogliati della materia, lasciando solo le ossa, e tutta l’energia confluì nel corpo del Dragonborn. I-I-Incredibile! E’ questo il potere dei Dovahkiin… “Grazie, Orco. Mi hai reso un gran servizio. Qual è il tuo nome?” “Goroth gro-Makal, Signore” rispose Goroth battendosi una mano al petto come saluto. “Il mio è Vokun. Ascolta, sei in gamba. Avrei bisogno di qualcuno in grado di aiutarmi, sei disposto a rischiare la tua vita per seguirmi?” “Vokun Ammazzadraghi” replicò l’orco, dandogli un soprannome onorifico come era in uso tra gli orchi d’arme, “Tu mi offri la possibilità di combattere per uno scopo che l’insulsa guerra a cui sto prendendo parte non ha. Mi offri la possibilità di ripristinare il mio onore. Accetto con piacere l’offerta, Dovahkiin.” “Allora congedati dai tuoi compagni, prendi le tue cose e un cavallo e seguimi” gli disse, salendo in groppa al suo nero stallone. “Non ho compagni da tanto tempo, solo colleghi.” Prese le sue cose, fece un cenno ai due orchi, che lo ricambiarono portandosi la mano al petto, e si diresse verso il suo cavallo. Lì incontrò Spadarossa. “Sei stato un buon guerriero. So che come mercenari non abbiamo rapporti interpersonali né onore, ma per me è stato un onore lottare al tuo fianco in tutti questi anni. Alla fine del tuo nuovo viaggio, se vorrai ridare uno scopo alla tua vita, la Compagnia Spadarossa sarà sempre aperta. Tieni.” Consegnò all’orco un borsello con alcune monete. “Sono le tue paghe arretrate; sai che di solito aspetto la fine del mese per distribuire il denaro ricevuto, ma nel tuo caso devo fare un’eccezione. Addio.” Si strinsero le mani alla moda dei guerrieri umani. Goroth prese la sua roba e montò a cavallo, distribuendo il peso nelle bisacce dello stallone. Con un colpo alle briglie, si avvicinò a Vokun. “Andiamo?” “Andiamo.”
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