| | Buonasera, ragazzi! Con i nostri fashionable 2 mesi di ritardo, ecco l'ottavo capitolo della nostra fanfic!
Capitolo VIII: Sacrifice
L’esercito era immobile, aspettava. Una fila interminabile di uomini e macchine arrivava fin oltre i suoi occhi potevano spingersi. La Foresta Tasseh era sempre stato un luogo stupendo, pieno di vita; l’aveva visitata solo una cinquantina di anni prima durante una visita del suo capo al casato della nobile Marlin, ed avevano impiegato più di un’ora per attraversarla tutta in volo, ascoltando i canti del ramo licantropo della famiglia demoniaca che vi dimorava. Alcuni alberi Tasseyo, dalla corteccia azzurra e le foglie scintillanti, svettavano al di sopra delle altre piante e permettevano loro di sedersi e trovare ristoro tra una tappa e l’altra del lungo viaggio; era certo di aver scorto tra quei rami intricati e possenti il nido di un garuda e due uova dal guscio con venature rubino. Quello su cui erano appoggiati in quel momento, però, era l’ultimo Tasseyo della pianura, e pezzi di corteccia celeste si staccarono dal tronco quando vi appoggiò contro la schiena rivelando un cuore scuro e malato. Dove prima crescevano le più floride piante di Pharen adesso vi era il più grande accampamento umano che avesse mai visto, superiore a qualsiasi aspettativa. Tra un reggimento e l’altro gli sembrava di scorgere i resti degli antichi alberi, cresciuti per centinaia di anni per poi essere spazzati via dalla cupidigia omicida degli esseri umani. Un numero sempre crescente di speeder e flyer proveniva da sud. E poi c’era l’odore. Il normale tanfo di tanti esseri umani raggruppati l’uno all’altro era fastidioso, ma non era niente se comparato a quello di bruciato e di olio che accompagnava il loro cammino; che gli umani vi credessero o no, le loro macchine avevano un odore. Un odore di morte. Si girò ed abbassò il capo quando la nobile Marlin atterrò sul loro stesso ramo, con la spada al fianco “Generale Pai, ho parlato con Kruz’ko. I licantropi hanno subito delle gravi perdite dopo l’assalto di ieri sera, ma ci garantisce che sono pronti. Combatteranno fino all’ultimo cucciolo, ma seguiranno la manovra che hai proposto”. “Molto bene. Il Grande Satana è arrivato da poco, gli ho consigliato di recarsi presso le cascate che mi hai indicato. Sei sicura che sia il luogo migliore?” Lei annuì con il capo, ed i capelli biondi raccolsero tutta la luce del sole “Questo è il mio territorio. Era il mio territorio. Presso le cascate vi è un nodo che raccoglie molte scie magiche di Cephiro; Sua Maestà avrà bisogno di tutto il potere necessario per guarire i feriti”. Kisshu sapeva che era stata una decisione sofferta: il Grande Satana era sempre stato un grande esperto di magia bianca, molto più del suo capo, e considerato il suo ruolo e le sue abilità era stata decisione unanime di tutto il Consiglio mantenerlo nelle retrovie. Inoltre il loro numero era nettamente inferiore a quello degli umani, ed avevano bisogno di recuperarsi in fretta dalle ferite; questo però allontanava un demone maggiore dalla battaglia, diminuendo parte della loro potenza offensiva. Il capo camminò sul ramo fino alla sua estremità, e la sua treccia si mosse nel vento che preannunciava l’imminente battaglia; il suo braccio indicò un drappello di umani vestiti di blu, facilmente riconoscibile anche a quella distanza. Kisshu riusciva a contarne oltre un centinaio. “Hanno portato persino quegli sporchi, putridi Alchimisti di Stato. Marlin, occupati solo di loro. Io e Aion faremo abbastanza rumore e attireremo quasi tutto l’esercito sulle nostre truppe. Kait e Seiryn sono pronti a prendere il fianco destro, dove hanno accumulato le piattaforme missilistiche”. Lanciò uno sguardo scuro verso ovest, dove le nuvole erano attraversate da lampi verdi e si udivano i cannoni al plasma di Autozam attaccare “A quanto pare hanno intercettato Nashina ed il suo casato prima che riuscissero ad unirsi a noi. Ma non possiamo attendere oltre” “Attendiamo il suo ordine, generale Pai”. “Fate attenzione” mormorò “Gli Heartless sono ovunque. L’odio che attraversa questo campo di battaglia li rende più aggressivi e si sono moltiplicati. Non lasciare che si avvicinino ai tuoi demoni”. Oltre le linee di Autozam, la massa nera e brulicante di quei mostri scalpitava; sembrava un’onda nera pronta ad abbattersi su entrambi gli schieramenti, e solo alcuni campi di forza termoplasmatica dei loro nemici riusciva a farli desistere dal piombare su di loro. La demone maggiore fece un rapido cenno con il capo e svanì, riunendosi alla distesa di demoni armati di lance lunghe e archi realizzati con ossa di garuda che rappresentavano i migliori guerrieri del suo casato; ad un suo cenno si portarono in alto, quasi oltre le nuvole, e si persero tra le sottili volute di vapore che nascevano anche dalle macchine che gli umani avevano portato con loro da Autozam. Il capo li guardò, carico di sdegno, poi si girò verso di lui “Sei turbato, Kisshu”. Come poteva negarlo? Erano lì, pronti a scontrarsi contro il nemico, eppure se chiudeva gli occhi e cercava di tornare indietro con la mente a come tutto questo era iniziato riusciva solo a vedere macchie confuse e colorate, immagini di umani, demoni e ancora umani che cambiavano il destino di Cephiro con delle semplici parole. Il viaggio e la prigionia ad Autozam sembravano ricordi prigionieri del sogno. La colpa era senza dubbio degli umani, il capo aveva sempre ragione, ma … Non giustificava la battaglia che stavano per compiere; uno scontro che sarebbe stato narrato nei secoli, senza alcun dubbio, ma che avrebbe condannato a morte molti di coloro che erano lì, intorno a lui, demoni maggiori, minori, licantropi e umani. Il pensiero che molti di coloro che vedeva in quegli attimi sarebbero svaniti nel nulla entro poche ore lo spaventava. Aveva avuto un incubo la notte prima. Il suo capo era in pericolo, e toccava a lui salvarlo: in quel momento non riusciva a ricordare di che pericolo si trattasse, ma la sensazione di angoscia che lo aveva accolto al risveglio era stata opprimente e lo accompagnava anche lì. A occhi bassi raccontò al capo del sogno. “È normale avere paura prima di una battaglia, Kisshu. Ma non temere …” gli mise una mano sulla spalla, e lui sentì tutto il potere di quella stretta “… sei ormai l’unico membro del mio casato. Non permetterò che ti succeda nulla di male. Limitati a stare dietro di me ed a supportarmi”. Una folata di vento spostò le fronde del Tasseyo. “È mia responsabilità proteggerti. Vedrai, vendicheremo la morte del Grande Satana Nehellenia e torneremo a casa il prima possibile”.
Meno ventinove. Meno trenta. L’ascensore impiegò più di un minuto per aprirsi, e spalancò lentamente le sue porte con l’immancabile silenzio di tutte le macchine di Autozam. Erano passati tanti anni da quando aveva messo piede per l’ultima volta in quel laboratorio; dopo la trasmutazione umana del povero Ven si era sentito più volte colpevole di aver usato il proprio potere per forzare il Cuore dei Mondi, ed aveva preferito accantonare quel ricordo spiacevole nei meandri della memoria. Al contrario delle altre volte, però, il palazzo era deserto. L’addetto all’accoglienza aveva farfugliato qualcosa di incoerente, poi aveva estratto una pistola al plasma e l’aveva puntata verso la strada, sparando colpi verdi ed arancione contro un Heartless che scivolava tra gli speeder; l’enorme appartamento era privo di vita, con tutti gli alchimisti assistenti che erano stati richiamati al palazzo principale degli Alchimisti di Stato o addirittura al fronte. Aveva trovato i loro appunti sparsi per tutto il piano, qualcuno trasportato via da una finestra lasciata aperta, poi aveva raggiunto l’ascensore ed era sceso, diretto al laboratorio di Xehanort. Non aveva incontrato alcuna resistenza. Si era aspettato centinaia di cerchi alchemici di guardia lungo le pareti delle stanze, nascosti sotto i tappeti ricercati o sul soffitto. Aveva controllato scrupolosamente l’interno dell’ascensore prima di entrarvi, certo che il padrone di casa avesse installato più di una trappola sofisticata per proteggere i propri segreti. Durante la discesa aveva mantenuto i sensi all’erta, aspettandosi da un momento all’altro che qualche abominio alchemico attaccasse l’ascensore durante il percorso per farlo precipitare, ma non arrivò nulla. La cosa lo agitava ancora di più. Al trentesimo piano sotterraneo l’ascensore si aprì a fatica, rivelando il laboratorio in tutta la sua grandezza. A differenza di tutti gli altri piani che aveva visitato, questo era illuminato in ogni angolo e tutti i testi erano allineati in maniera impeccabile sugli scaffali. “Eraqus, amico mio!” fece l’uomo che era venuto a cercare, seduto con una gamba accavallata all’altra dietro una scrivania “È sempre un piacere rivederti!” “Come sapevi del mio arrivo, Xehanort?” “Oh, grazie a quegli strani strumenti che iniziano per te e finiscono per lecamere… Ed immagino che se sei qui con quella faccia truce ed i capelli arruffati vuol dire che hai scoperto qualcosa, giusto?” “Sora è tornato in vita e mi ha raccontato tutto”. “Eh, già, avrei dovuto immaginarlo …” sospirò, con la faccia rassegnata più fasulla che avesse mai visto “… ammetto che è stata una terribile defaillance lasciare il suo corpo intero senza calcolare il potenziale intervento di un Cavaliere del Drago. Memorandum per me la prossima volta”. Non riusciva a credere a quelle parole. Quello che stava parlando con tanta calma dell’omicidio di Sora era davvero il suo migliore amico? Era davvero l’alchimista che era giunto a Radiant Garden per preparare la sua tesi sul legame tra alchimia e Keyblade? Era davvero la persona che tutti i suoi apprendisti consideravano come un nonno ed un mentore? Non sapeva se lo spaventavano più quelle domande o la risposta che lo attendeva “Perché, Xehanort?” L’altro gli sorrise, e con un pigro movimento del braccio prese una tazzina di caffè che aveva lasciato sulla scrivania e se la portò alle labbra, sollevandola quasi per invitarlo ad unirsi a lui “Per raggiungere quello che ho sempre desiderato, amico mio. Quello che tu hai sempre avuto sotto mano e che a me è negato: il Cuore dei Mondi. Il Portale dell’Alchimia”.
Narratore: “Master Xehanort, non avrai intenzione di rivelare il tuo piano come il peggiore cattivo di un film di serie Z, spero …” “Ma vuoi mettere il gusto di vantarsi un po’ davanti a quel bietolone contadino di Eraqus? È una vita che sogno di farlo in maniera così plateale, Narratore. Ora lasciami continuare altri cinque minuti e poi ti darò lo spettacolo che avevi chiesto …”
“Non vedo cosa c’entri questo con …” “Tut tut tut, sei sempre stato un uomo con il paraocchi, Eraqus. Ti avrò detto mille volte che in alchimia non vi è nulla di gratuito, e per avere qualcosa occorre sempre offrire qualcosa in cambio. Bene, sto semplicemente intessendo diversi fili qui e lì per raccogliere l’energia di cui ho bisogno, tutto qui. E purtroppo le semplici vite umane non vanno bene, mi occorre qualcosa di più … potente ed appetitoso da offrire al Portale. Quella di un demone maggiore, ad esempio”. “Un demone maggiore …” un suo cuore iniziò a battere più forte. Madre Drago, fa che sia soltanto un mio sospetto! “Il Grande Satana Nehellenia”. Ma più del sorriso noncurante dell’amico lo colpì un pensiero successivo “Terra …” mormorò “… SEI STATO TU A SPINGERLO CONTRO IL GRANDE SATANA, AMMETTILO!” “Ma certo che lo ammetto!” rispose, appoggiando di nuovo la tazza di caffè sulla scrivania per poi dondolare pigramente il piede destro. Si chiese per quale arcano motivo fosse lì a conversare con lui invece di spaccargli la faccia come si sarebbe meritato “Non che io lo abbia mai obbligato, si capisce. Non è il mio stile. Però la morte del tuo piccolo apprendista è stata un ottimo pretesto, sì! Sapevo che quel pollo di Terra sarebbe partito a testa bassa per vendicare quella terribile ingiustizia … si vede che è proprio il tuo apprendista, Eraqus, ha il paraocchi proprio come te! Un piccolo cerchio alchemico sul suo Keyblade ed ecco l’energia del Grande Satana Nehellenia pronta per un lungo viaggio di sola andata verso il Portale. E se Terra parteciperà alla battaglia ucciderà abbastanza demoni da fornirmi abbastanza energia da far schiudere per me i misteri del Portale”. Terra … Ecco perché tu … Sapevo che c’era qualcosa che non andava, ma non avrei mai pensato a Xehanort. Il suo migliore amico. La persona con cui si era sempre confidato e con cui aveva passato i momenti più indimenticabili della sua giovinezza; l’unica persona che, a modo suo, gli era rimasta vicina al momento dell’incidente del fiume e gli aveva fornito l’unica via d’uscita possibile “Io mi fidavo di te, Xehanort”. “Risparmiati queste frasi da eroe dei film di serie Z. E comunque, hai fatto male. Avrei volentieri condiviso quest’esperienza con te, ma con il tempo sei diventato incapace di vedere oltre il tuo ciuffetto. Non hai mai avuto l’ardire di avventurarti nel Cuore dei Mondi per studiarlo”. “Hai condannato i miei apprendisti alla sofferenza solo per soddisfare la tua curiosità?” “No, ho condannato tutta Cephiro, se è per questo …” Le azioni di Terra avevano spinto la ruota del loro mondo a girare in un senso nuovo, come una scintilla che, alimentata da un combustibile, diventava un’enorme fiammata: se umani e demoni stavano dando battaglia lungo il confine settentrionale in quel momento era solo per quell’omicidio. Un gesto con la maschera del razzismo ma che nascondeva una verità, se possibile, ancora più amara. Gli sguardi di Terra e di Sora balenarono davanti ai suoi occhi, quasi ad implorarlo di riportare in quel mondo la Giustizia che aveva sempre supportato; se la situazione era quella c’era solo un’ultima domanda da porre “Dov’è Riku?” “Non vedo perché dovrei dirtelo. Non ho mai potuto studiare un Custode del Keyblade da vicino, o almeno abbastanza vicino da portare avanti uno o due esperimenti” disse, arrotolandosi la sottile barba intorno ad un dito “E comunque è stato necessario, lui e l’altro moccioso avevano scoperto che vi ero io dietro l’esplosione della villa degli oligarchi. Capirai anche tu che non potevo lasciarli in giro per Autozam a spiattellare il mio segretuccio, vero?” Cercò di placare l’ira che gli stava salendo dal profondo dello stomaco. Respirò a fondo, cercando di pensare che l’uomo che aveva davanti agli occhi non era più il suo migliore amico da tanto tempo. Non doveva lasciarsi guidare dalla furia, ma quella ed il dolore erano le uniche sensazioni che occupavano il suo petto e la mente; chiese aiuto al Cuore dei Mondi, e le sue dita strinsero la familiare sagoma metallica dell’impugnatura del Keyblade. “Tu mi dirai dove è nascosto Riku, Xehanort. A costo di colpirti abbastanza forte da farti ricrescere tutti i capelli!”
Kisshu attraversò le linee incrociate dei due siluri lanciandosi con tutta la velocità che aveva in corpo; gli umani sotto di lui fissavano oltre, caricando la loro artiglieria nel tentativo di colpire il drappello guidato dalla nobile Marlin che incombeva diversi metri sopra di loro. Caricò tra le dita un incantesimo di ghiaccio e lo scagliò verso gli uomini in uniforme per poi librarsi di nuovo in cielo prima che i suoi compagni impugnassero le pistole al plasma. A giudicare dalle loro urla il suo incantesimo aveva colpito il bersaglio, ma non si girò a controllare. Era difficile non vedere dove fosse il capo. Lungo la prima linea nemica, dove l’artiglieria era più fitta e l’aria era carica di elettricità e colorata di violetto dagli schermi difensivi di Autozam, un’esplosione di fulmini e luce partì dal cielo e si conficcò in un cannone grande quanto un palazzo, facendolo cedere alla base e spingendolo in basso contro le stesse persone che lo dovevano difendere. Il capo fuoriuscì dall’esplosione e con un gesto della mano si avvolse in un campo di energia che frizzò di scariche quando almeno una decina di soldati abbatté su di lui una raffica di colpi. Lo scudo sferico resistette, e Kisshu ne creò subito un secondo intorno a se stesso quando una torretta di metallo nero semovente puntò il muso luminoso nella sua direzione. Il fascio sprizzò dalla punta in un unico, compatto raggio, come una lancia di luce alla ricerca dell’animale da preda. La paura lo scosse, quindi saettò a pochi metri di distanza sacrificando la magia difensiva per la velocità e fu sfiorato dall’energia avversaria mentre cercava riparo dietro un’altra torretta, più bassa ma all’apparenza resistente. Sentì un bruciore terribile attraversargli il piede, ed appoggiò le dita su di questo mormorando il primo incantesimo di guarigione che gli venne in mente. Dalla sua posizione vide la torretta nera voltarsi verso il capo, mentre gli uomini dai mantelli grigi sotto di essa gridavano parole e comandi che non riusciva a comprendere, ma che non promettevano nulla di buono. Tutti i soldati guardavano verso il cielo, dunque ne approfittò per appiattirsi ancora di più contro il suo riparo inaspettato, pregando che qualsiasi divinità, drago o demone facesse smettere immediatamente quella carneficina. Vide l’arma da battaglia caricarsi per sparare contro il suo capo, ma quello cambiò posizione e da dietro il suo scudo incantato fece fuoco per primo. Le fiamme scaturirono dalla sua mano sinistra, colpì l’artiglieria ed i suoi generatori esplosero in centinaia di frantumi; persino dalla sua posizione Kisshu si mise in ginocchio, e cercò di ripararsi gli occhi. Le schegge erano caricate di qualche energia anomala, ed a contatto con un esoscheletro lo fecero esplodere a sua volta. I tratti del viso del capo erano duri nella luce omicida e i suoi occhi parevano di pietra. Continuò a lanciare il suo incantesimo contro l’impalcatura: essa divenne un fiume di metallo fuso e si abbatté in terra costringendo tutti gli umani addetti alla sua protezione ad allontanarsi e rompere la formazione. Fu il segnale necessario. L’ululato colse di sorpresa persino lui. Non aveva mai pensato che un semplice urlo di battaglia potesse narrare in pochi attimi tanto odio e disperazione. I licantropi sbucarono dalla foresta, ed in battito attraversarono tutto lo spazio che separava i soldati dagli alberi e si abbatterono come un’onda approfittando del disordine creato dal suo capo. Prima che gli umani ritrovassero la loro formazione avevano perduto almeno due linee. Sotto di lui Kisshu vide un licantropo enorme dal pelo nero, probabilmente il capo branco, balzare al di sopra di un esoscheletro, aprirlo con una semplice zampata e strappare di netto la testa del suo occupante con un rapido morso. Il sangue colò sul tutto il pelo, poi la creatura balzò in avanti, abbattendo un vile umano che stava per sparare alle spalle di un altro licantropo. Una coppia di loro superò persino il capo branco, puntando ad una piattaforma di lancio: il brillare dei loro occhi era inequivocabile, la follia dello stato berserk dava loro una forza ed una potenza senza pari. Due paia di occhi, quattro gemme splendenti color arancio attraversarono il campo uccidendo uomini addirittura a morsi. I colpi delle pistole al plasma riuscivano solo a rallentarli. Gli avrebbe fatto tanto comodo entrare in stato berserk: per i licantropi era quasi naturale, per i demoni quasi impossibile. Erano creature molto più razionali di quei selvaggi abitanti dei boschi, quindi lo stato berserk riusciva a raggiungerli solo quando perdevano il controllo. Kisshu sapeva di una decina di demoni minori posseduti da quella sorta di follia guerriera, mentre nessun demone maggiore vi era mai riuscito. Tra gli umani serpeggiò il caos, e capì che era rimasto a guardare anche troppo. Si stava nascondendo contro quella macchina umana e non stava guardando le spalle al capo come aveva promesso. L’idea gli venne quando la sentì muoversi e girare su se stessa. Slacciò dalla cintura uno dei suoi pugnali gemelli e lo caricò di magia. Un oggetto dalla lama più ampia sarebbe stato un’arma migliore … anche se questo lo avrebbe rallentato in volo. L’arma assunse una tonalità più scura, mentre dalla leggera elsa partirono delle rune illuminate di verde: usò anche la voce per potenziare l’effetto della magia, poi fece scivolare la lama tra un cilindro e l’altro, spostandola poco più in basso per evitare che venisse deviata da un compressore incandescente. La parte affilata era molto breve, ed inserì nel piccolo spiraglio del meccanismo persino la mano, sentendo la pressione dei due blocchi di platino-iridio serrargliela come per spingerlo a mollare la presa. Se lo avessero scoperto in quell’attimo non sarebbe riuscito a disimpegnarsi in tempo. Una volta più all’interno, la magia fece il suo effetto. Kisshu la sentì fluire dal pugnale ai cavi ed a tutte le componenti interne della macchina a cui non sarebbe stato in grado di dare un nome. La luce verde aumentò di intensità, e quando la vide assumere la forma di piccole saette infuriate lasciò la presa dell’arma e sfilò con qualche difficoltà la mano dall’intercapedine. Ci fu una scarica più forte delle altre, ed il compressore cessò la sua attività; le luci su un quadro di comandi accanto a lui si illuminarono prima di arancione e poi di rosso, accompagnate da un lungo messaggio sonoro. Gli umani stavolta guardarono proprio verso di lui. Un ultimo sguardo al punto in cui aveva lasciato l’arma e capì che l’unica cosa da fare era andarsene. Levitò, schizzò tra una raffica di scariche con i cuori in gola, cercando di domare il senso di terrore che provava ogni volta che vedeva delle armi puntate contro di lui. Non fece nemmeno in tempo a pensare che il capo sarebbe stato orgoglioso di lui quando la torretta esplose in una cascata di fuoco, con l’odore tipico delle macchine di Autozam quando finivano in pezzi e le ennesime grida degli umani. Fece per riprendere quota quando sentì una pressione lancinante prima contro il petto, poi lungo gli arti; quando la sensazione raggiunse la testa la vista gli si sdoppiò per qualche attimo, e prima di capire cosa stesse succedendo si ritrovò a precipitare. Cadde a terra, e quando aprì gli occhi si accorse che il suolo era attraversato da un sottile disegno di venature rosse, e nel punto dove vi poggiava le mani ed i piedi queste diventavano più vive ed aggressive, quasi come fuoco fatto luce. Intorno a lui vi erano sei Alchimisti di Stato, con le loro divise blu e lo stesso sguardo arrogante che passava da uno all’altro, intenti a fissare lui ed a dare ordini ad un paio di accoliti più giovani che appoggiavano le mani sul disegno rosso in terra. Chiamò tutte le forze per librarsi lontano da lì, ma la levitazione non ascoltò la sua chiamata. La magia lo attraversò per tutta la lunghezza del corpo e poi tacque, mentre il cerchio alchemico ai suoi piedi pulsava come sangue. Sapeva che gli alchimisti erano in grado di usare la loro scienza per contrastare la magia, ma una cosa simile non … “E con questo siamo a quarantacinque, capitano” disse uno di loro, volgendosi verso un uomo avvolto in un mantello azzurro “Erano anni che desideravamo vedere questo cerchio all’opera”. L’uomo lo fissò e si aggiustò la visiera “Il Maestro Xehanort aveva visto giusto. L’avere degli Alchimisti di Stato in campo ci permette davvero di non avere paura di queste luride bestie dalle orecchie a punta” abbozzò un sorriso e caricò la sua pistola al plasma “Vai a tenere compagnia a quella baldracca del Grande Satana, mos …” Kisshu vide prima la mano, poi il braccio. Sbucarono dal petto del capitano spargendo sangue sull’uomo, sul terreno e persino nel cerchio alchemico. L’uomo sembrò fissare per l’ultima volta la mano dalle unghie lunghe e sottili che aveva appena fracassato la sua gabbia toracica e stringeva il suo cuore ancora pulsante come segno di vittoria. “Nessuno insulta la nostra sovrana” Il braccio del nobile Aion si illuminò, e la fiamma avvolse l’uomo col mantello che aveva appena trafitto; in pochi attimi quel corpo si ridusse ad un mucchio di ossa carbonizzate, ed il demone maggiore totalmente avvolto di sangue osservò gli alchimisti con i suoi occhi blu carichi di una furia che spaventò lo stesso Kisshu. Se fosse stato un licantropo sarebbe già stato in berserk da un po’. Quello schioccò le dita, ed il demone minore sentì la terra sotto i suoi piedi scuoterli, ribellarsi come una creatura viva; un alchimista si lanciò verso il cerchio a terra, ma il suono si sollevò ad un semplice fischio del nobile Aion e la roccia al suo interno prese forma e forza, conficcandosi nell’uomo come la punta di una lancia. Gli altri fuggirono in preda al panico ed il cerchio si spense. Kisshu sentì la magia ritornare velocemente nel suo corpo, ed inspirò a pieni polmoni. “Nobile Aion, io …” “Lascia perdere. Ora vattene da qui e torna da Pai. Lo sanno tutti che è perso senza di te” sorrise, ordinando poi al terreno di muoversi tutto intorno a lui mentre i demoni del suo casato iniziarono ad atterrare lì accanto. “Kisshu, digli che lo schema è cambiato. Kait e Seiryn sono caduti, ed i loro casati sono allo sbando”. “Come è stato possibile, nobile Aion? Erano due demoni maggiori, non …” “Colui che ha ucciso il Grande Satana Nehellenia ha mostrato il suo vile volto, è comparso dal nulla e li ha colpiti alle spalle. Gli umani sono galvanizzati dalla sua presenza e gli Heartless si moltiplicano a vista d’occhio” lo sguardo del demone dai capelli bianchi era serio e stanco “Personalmente vorrei avere l’onore di prendere la sua testa, ma non tocca a me. Dì a Pai … anzi, al generale Pai … che qui ci pensiamo io e Marlin. Lui deve andare”. Annuì, poi obbedì all’altro demone e con un rapido inchino ritornò in alto. Gli umani avevano subito molte perdite, ma il loro esercito superava di molto il loro. Le macchine sfuggite alla furia distruttiva venivano fatte avanzare, robusti giganti di acciaio ed ingranaggi che si alzavano verso il cielo: le loro forme tozze e squadrate ondeggiavano e risplendevano ogni volta che venivano ricaricate, ed i cannoni al plasma si estendevano oltre le stesse piattaforme che li sorreggevano come grossi rami spezzati. Alcune torri brillarono all’unisono, connesse da scariche elettriche blu e viola che disegnavano un cerchio alchemico in aria: i demoni che erano stati così sfortunati da trovarsi in mezzo a quell’intreccio caddero insieme, e delle raffiche dal basso li colpirono prima ancora che qualcuno potesse recuperarli. Dalle regioni meridionali poteva scorgere una lunga carovana di mezzi blindati, probabilmente giunti per portare rifornimenti, munizioni e riparare i danni delle macchine. La nobile Nashina avrebbe dovuto occuparsi di aggirare le loro truppe e controllare quel fronte in modo da impedire l’arrivo di aiuti agli umani, ma il suo casato era stato trattenuto da un’altra divisione di Autozam ed evidentemente lo scontro si stava ancora protraendo. Quando vide una pioggia di Antimaga abbattersi su un’ondata di flyer armati di bombe al plasma capì dove si trovava il suo capo. In alto, anche sopra i fumi delle armi nemiche, la sua figura sfrecciava tra un colpo e l’altro, riducendo in migliaia di pezzi tutti i velivoli che commettevano la sciocchezza di avvicinarsi a lui. I soldati di Autozam concentravano il fuoco quasi solo su di lui, anche se spinti e costretti ad assumere formazioni scomposte a causa della furia selvaggia dei licantropi. Kisshu evitò per un soffio l’elica di un flyer che cadeva tra le fiamme. “Capo!” gridò per farsi sentire, superando la massa di sfere oscure “Capo!” Lui si voltò. Era ancora in perfetta forma, più furioso e carico di magia di quanto Kisshu l’avesse mai visto “Capo, ci sono novità importanti!” Quando gli riportò la notizia, lo sguardo del demone maggiore si tinse di un’ombra indescrivibile, poi di un lieve sorriso, poi di una seconda ombra; un tuono in lontananza sembrava riflettere il suo animo “Aspettavo questo momento da quando abbiamo condotto il primo attacco. Gli farò assaggiare il fuoco della famiglia demoniaca e laverà l’onta fatta al Grande Satana Nehellenia con il suo stesso sangue. Andiamo!” Fu il volo più precipitoso che avessero mai condotto. L’attimo successivo il capo non era più lì, e Kisshu lo vide attraversare l’aria come un raggio di luce, forse anche più veloce; attraversò un intero velivolo e lo ridusse in pezzi con la sua stessa aura magica ribollente di furia. Cercò di seguirlo con tutta la propria energia di demone minore, attanagliato dalle più orribili sensazioni mai provate in vita sua. Il sogno della sera precedente gli si parò davanti agli occhi, e né le cannonate, né le urla di battaglia e l’odore di morte che pervadeva il campo riuscivano a riportarlo del tutto alla realtà. L’umano era lì. Gli altri soldati erano disposti a cerchio intorno a lui ad almeno una decina di metri di distanza, lasciando che la sua figura coperta da un’armatura bronzea lucente apparisse da sola, come un richiamo. Il Keyblade era lo stesso che aveva trafitto il Grande Satana, sporco di nuovo sangue e con dei segni alchemici che brillavano lungo la sua superficie. E stessi erano anche gli occhi che scrutavano lui ed il suo capo: freddi, glaciali, privi di qualsiasi sensazione che non fosse un puro istinto omicida. Non cambiarono espressione nemmeno quando il capo atterrò davanti a lui. Per un attimo persino gli esseri umani intorno a loro si fermarono, impietriti, attendendo ordini e tremando di paura per lo scontro che percepivano nell’aria. Rimase in alto e li osservò, rispettando lo spazio che il capo desiderava per il suo duello personale in cui nessuno poteva e doveva intromettersi. “Mi chiedevo quanto ancora avresti aspettato prima di mostrare la tua lurida faccia, umano” “Potrei dire la stessa cosa, mostro!” disse, stringendo con forza l’elsa del suo Keyblade “Hai scatenato tutto il tuo potere su dei soldati che non avevano possibilità di resisterti, vero? Già, da un mostro assassino di bambini come te non mi sarei aspettato niente di diverso!” Terra fece un paio di passi avanti, sostenendo lo sguardo d’odio del capo che avrebbe cancellato persino un drago “Vediamo come te la cavi con un obiettivo del tuo livello, demone!” “Pregustavo questo duello da tempo” rispose “Mi prenderò la tua vita, umano!” “No” La voce giunse inaspettata. Gli umani imbracciarono le armi al plasma e fecero fuoco, ma i loro colpi rimbalzarono su uno scudo incantato che li trasformò in meri spruzzi colorati, poi un vento comparve dal nulla e molti di loro furono sbalzati via. Sia il capo che l’umano si voltarono verso il nuovo arrivato, e sul viso del primo comparve un’espressione fredda. Su quella del secondo … un sorriso omicida che lo rendeva ancora più mostruoso. “La sua vita spetta a me”.
“Non credevo che sarebbero arrivati fino a questo punto”. Ansem il saggio mormorò quelle parole nel silenzio della sera, aggiustandosi la felpa rossa che teneva appoggiata sulle spalle; Zaboera seguì il suo sguardo sedendosi sulla ringhiera della balconata sotto lo sguardo triste di Aeleus. La notte di Radiant Garden era sempre stata modesta e silenziosa, ed oltre le mura della città non vi era alcuna luce, soltanto la distesa di campi e boschi intorno a loro che trasformavano quel posto in un’isola di vita. Eppure quella sera le campagne brillavano di luci verdi ed azzurre, ed il metallo delle piattaforme dei cannoni e delle testate nucleari rifletteva persino le luci della città, mostrando una selva di torri ed armi d’assedio più fitta di una foresta. I soldati di Autozam erano accampati all’esterno e circondavano totalmente la città. Re Ansem aveva fatto ritirare tutti gli uomini dai campi e persino dai paesi circostanti che non erano sotto la sua diretta giurisdizione, e tutti gli scienziati liberi e le guardie si erano riuniti nei laboratori del palazzo con l’autorizzazione ad attivare gli scudi solari se la situazione fosse degenerata. Osservò gli uomini di Autozam e le loro armi: quelle erano le macchine che detestava più di ogni altra cosa. Aveva scelto la via della scienza e di Radiant Garden per dare la vita alle invenzioni più geniali che potesse concepire, per nuove tecnologie che avrebbero cambiato in meglio la vita di uomini e demoni. Ma non per quello. “Lei crede che attaccheranno sul serio, maestà?” “Non lo so, Zaboera. Dopotutto non sono qui per noi” mormorò, ed il suo sguardo andò al cielo “Ma per lei …” Da sopra i tetti della città, al centro degli occhi di assediati ed assedianti, volava la dea. La brezza della sera faceva scivolare i suoi capelli rosa come un mantello, ma quello che tutti guardavano in quel momento era la luce che si rifletteva sull’elsa della spada legata alle sue spalle. Il Cavaliere del Drago aveva promesso che non avrebbe mai sguainato la Spada del Drago Diabolico, ma la minaccia della distruzione totale era lì, e volteggiava sopra le loro teste. Da quando le truppe di Autozam erano comparse all’orizzonte lei si era erta al di sopra della città, e nessuno dei loro nemici aveva sparato un colpo né in direzione di Radiant Garden né contro di lei. Ma Zaboera sapeva che la cosa non poteva andare avanti in eterno. “Non sono venuti qui per combattere, altrimenti avrebbero già aperto il fuoco. Controllano le navi in entrata ed in uscita dalla città, ma per adesso ci consentono di farci arrivare rifornimenti e beni sanitari. Sono venuti per minacciarci” sospirò, ed Aeleus con un cenno della testa fu d’accordo con lui “Sanno che non potremo resistere a lungo ad un attacco in larga scala; abbiamo i migliori scudi difensivi di tutta Cephiro, ma siamo comunque in pochi. L’unico nostro baluardo, al momento, è il Cavaliere del Drago. E lo sa anche lei …” Lady Nova sarebbe rimasta lassù per tutto il tempo necessario, e fino ad allora Autozam non avrebbe levato un dito su Radiant Garden. Una situazione di stallo. La situazione perfetta per impedire al Cavaliere di andarsene di lì per fermare la grande battaglia che in quel momento stava sporcando di sangue il confine di Autozam e Pharen. Non avevano più notizie da quel fronte, ma Zaboera sapeva che il suo capo sarebbe stato di sicuro lì, in prima fila, per vendicare la morte del Grande Satana e fare strage di umano. Ma anche dopo tutto quello che era successo tra loro, Zaboera era preoccupato per lui. Era il suo capo, e nemmeno la perdita del casato poteva cancellare tutto questo. Fissò di nuovo la dea, ripensando alla sera del banchetto ed alle sue litigate con il capo “Non è poi così onnipotente …” “Non può essere in due luoghi contemporaneamente. Non può fermare due battaglie contemporaneamente. Ma di sicuro può fare più di qualsiasi umano o demone su questo mondo” “Le cose sarebbero più semplici se sguainasse quella benedetta spada e falciasse via le truppe di Autozam che ci assediano!” picchiò la ringhiera con il suo piccolo pugno “Noi non abbiamo fatto niente di male e loro provano ad invaderci, perché esita?” “Perché non è una questione di Bene o Male. È una questione di quanti morti verranno contati alla fine di questa storia. Tu sei un grande scienziato, Zaboera …” mormorò, mettendogli una mano sulla spalla “ … se un giorno diventerai re di Radiant Garden ricordati di mettere anche questa variabile sul piatto della bilancia delle tue decisioni”.
Il Grande Satana Baan superò di un passo il suo capo, frapponendosi tra lui e Terra. Sembrava uno spettro comparso dal nulla sul campo di battaglia, con la pelle bianca e gli occhi color ghiaccio che scintillavano di furia. Con la spada al fianco e l’abito lungo, solenne e blu sembrava davvero il Grande Satana guerriero di cui la famiglia demoniaca aveva assolutamente bisogno in quel momento “Lui è mio, Pai. Fatti da parte”. Il capo obbedì, non senza lanciare all’avversario in armatura un puro sguardo omicida. Ed uno preoccupato verso il Grande Satana. Il combattimento non era mai stato il suo punto di forza, ed in quella battaglia si decideva la vittoria o la sconfitta di Pharen. Terra sembrava trovare la cosa quasi divertente “Il Grande Satana in persona si scomoda per me, vedo … Molto bene, ho l’occasione di porre fine a questa guerra una volta per tutte!” “Hai ucciso mia moglie, umano” rispose il demone maggiore, avvolto nella sua cascata di capelli neri che lo avvolgeva come le ali di un corvo “Vendicarla spetta solo a me. E se pensi di riuscire a porre fine a questa guerra prendendoti la mia testa … beh, credo che prima di parlare tanto dovresti mostrarmi la tua forza. O devo supporre che uccidi soltanto a tradimento, lontano dal campo di battaglia?” “BADA A COME PARLI, DEMONE!” Si lanciò alla carica come un drago dalle squame di bronzo, e con una sola falcata arrivò davanti al Grande Satana e abbatté l’enorme Keyblade nella sua direzione. Questo si scontrò contro una barriera luminosa sorta ad un semplice sussurro del demone maggiore, che si sprigionò dal suo corpo in un unico lampo ed avvolse il sovrano. Terra fu sbalzato all’indietro, ma si coprì gli occhi con un braccio e scagliò un secondo fendente nella sua direzione; anche questo fu respinto, ed il Keyblade generò una potente onda d’urto quando impattò sul terreno invece che sull’avversario, generando paura nei soldati che assistevano al duello. Il Grande Satana non si mosse, la spada abbassata. Terra tornò alla carica. La sua armatura era carica dell’energia luminosa emessa dal sovrano che attraversava la lama della sua arma, risplendeva nel cerchio alchemico dipinto su di essa e si muoveva lungo il suo corpo. Impugnò l’arma con tutte e due le mani e cominciò a colpire la barriera con sempre maggior frequenza; ad ogni attacco Kisshu si accorse che il Keyblade si avvolgeva di un’ombra sempre più densa che sembrava fornire energia ai colpi martellanti. Lo scudo incantato del Grande Satana sussultò, ma rimase intatto anche davanti a tanta furia. “MALEDETTO DEMONE!” gridò il Custode, scagliando una massa oscura contro di lui “ESCI FUORI DAL TUO SCUDO E COMBATTI SERIAMENTE!” “Supera la mia barriera, assassino, e forse ti considererò degno di ciò!” “La vedremo, mostro!” Lanciò un urlo di battaglia e si circondò di Oscurità. Kisshu sentì l’energia attraversare il suo corpo e vibrare attraverso i flussi della magia; gli umani non potevano percepire questo potere, ma lo sguardo corrucciato del capo gli fece capire che quell’umano non poteva essere sottovalutato. Ma per diventare una seria minaccia avrebbe prima dovuto infrangere lo scudo del Grande Satana Baan, il più potente tra gli incantatori difensivi di tutta Pharen. Il suo capo aveva sempre criticato coloro che si basavano soltanto sulla magia bianca, sostenendo che erano dei lombrichi incapaci di sfoderare le zanne; ma forse lo diceva soltanto per disprezzo verso il suo antico rivale. Ma il demone maggiore era lì, e umiliava pubblicamente colui che aveva ucciso il Grande Satana Nehellenia sfidandolo a superare la sua difesa; l’umano sembrava un bambino che pestava i piedi e abbatteva i suoi pugni insignificanti contro una parete di roccia. Persino il capo, dalla sua posizione, sembrava approvare. Il Grande Satana sollevò di nuovo la mano, come per richiamare qualche altro incantesimo, quando un’ombra enorme si stagliò sul luogo del duello e ruppe la sua concentrazione; era il flyer più grande che Kisshu avesse mai visto, e stava volando proprio sopra le loro teste emettendo un rumore profondo, sordo, come se tutte le macchine umane fossero state stipate al suo interno e premessero per liberare la loro energia. Sul fianco erano montati dei lunghi tubi metallici dalle strie rosse, gli stessi che Autozam aveva sganciato su Pharen pochi giorni prima e che il Cavaliere del Drago aveva fermato impedendo la strage. Testate nucleari … Il Custode del Keyblade continuò ad infrangere la sua arma contro l’incantesimo, ma né il sovrano dei demoni né il capo avevano occhi o orecchie per lui. La loro attenzione era rivolta al flyer ed al suo contenuto. Ed agli altri sette velivoli identici che attraversavano il campo di battaglia, diretti verso un punto inequivocabile. Il punto di raccolta dei feriti protetto fino a pochi minuti prima dal Grande Satana. Una delle navi volanti, la più vicina all’obiettivo, lanciò un siluro. I cuori di Kisshu batterono violentemente quando l’esplosivo sprigionò il suo potenziale lungo la sottile cupola incantata che era rimasta a guardia dei demoni in attesa di cure, ma il colpo bastò per far saltare l’unica difesa. Il muro di magie posto laggiù evaporò, trasformandosi in una lieve nuvola color rosa che non sarebbe più stata in grado di assorbire altri attacchi. “ESSERI VILI!” tuonò il Grande Satana, rivolto verso il flyer che lo sorpassò senza alcun riguardo “VE LA PRENDETE CON I FERITI INVECE CHE CON I GUERRIERI!” “Almeno non ce la prendiamo con i bambini …” sussurrò Terra, i cui occhi azzurri scintillarono alla vista delle macchine che trasportavano la morte “Scelga, Grande Satana. O continua a duellare con me o scappa con la coda tra le gambe a difendere gli altri vermi come lei”. Nessun altro demone maggiore avrebbe potuto preparare incantesimi difensivi ed allo stesso tempo guarire i feriti e praticare la rigenerazione come il Grande Satana Baan. Nemmeno il capo. Evidentemente gli oligarchi di Autozam avevano previsto anche quella mossa; il pensiero che quegli uomini abietti, meschini ed avidi potessero anticipare ogni loro decisione gli metteva i brividi. Il Grande Satana lanciò un sospiro “Penso di non avere altra scelta. L’onore di mia moglie è importante, ma non posso permettervi di compiere questi atti vili restando a guardare. Il mio posto è laggiù. Pai?” nonostante la preoccupazione, un sorriso freddo nacque sulle labbra del suo capo “Ti cedo l’onore di vendicare l’assassinio del Grande Satana Nehellenia al posto mio. I miei doveri di Grande Satana mi attendono”. “La ringrazio dell’onore, Grande Satana. Le porterò la testa di questo umano prima ancora che lei riesca a fermare il loro attacco” Il Custode del Keyblade commentò in tono divertito “Non capita tutti i giorni vedere un Grande Satana che batte in ritirata da un duello! Uno spettacolo che vale davvero la pena di commemorare!”disse, e qualcuno degli umani lì intorno sghignazzò. Il capo lì sotto era rosso di sdegno, ma il Grande Satana rimase imperturbabile; fece un lieve ceno d’intesa verso il capo e volò via, veloce e silenzioso come era arrivato, e Kisshu vide solo l’energia luminosa sprigionata dal suo corpo brillare contro un missile appena scagliato. Ma non era niente rispetto alla furia del capo in quel momento: dal suo corpo si emanava un’energia incalcolabile, che scosse l’aria e gli uomini che assistevano allo scontro; il suo sangue si mosse ed i cuori accelerano, reagendo alla forza che si abbatté sul campo di battaglia. Il suo avversario fu spinto indietro di qualche passo, ma la sua armatura lo protesse dalla portata della magia; si sistemò l’elmo intorno alla testa e squadrò Pai come un drago affamato “Non mi dispiace questo cambio di avversario, a dire la verità. La testa del Grande Satana me la prenderò con tutta calma” disse, e si rimise in posizione di guardia “Ma il demone che ha iniziato questa guerra sei tu, e le anime degli innocenti uccisi reclamano la tua morte, mostro! Vediamo cosa sai fare!” Nessuno parla così al capo. Nessuno che ci tenga a restare vivo. “È un duello ciò che desideri?” “Purché non sia noioso come quello di poco fa”. “Laverò l’onta della famiglia demoniaca con il tuo sangue, viscido essere inferiore! Ma se di un duello si parla …” smise di levitare e si portò a meno di un braccio da lui “… non sia mai detto che mi si accusi di essere sleale a causa della mia natura di demone maggiore. Porrò fine ai tuoi omicidi con queste mani. E lo farò senza volare” Un sussurro attraversò il campo. A poca distanza da loro la battaglia continuava a pulsare, i licantropi si abbattevano sugli avversari ed il grido di guerra dei soldati della nobile Marlin si poteva udire anche al di sopra degli spari ed i rumori striduli delle pistole al plasma. Ma in quell’instante, solo pochi metri sotto di lui, gli esseri umani si erano radunati in silenzio, alcuni assai spaventati, per il duello che stava per prendere forma e la straordinaria dichiarazione del suo capo. Era una decisione difficile, ma Kisshu ne fu orgoglioso. Aveva un capo casato superiore a qualsiasi altro, che teneva alto il proprio onore anche quando avrebbe potuto afferrare la vittoria con un dito, perché una battaglia vinta senza onore era ben peggiore di una sconfitta. Ma questo gli umani non potevano capirlo. E non lo capiranno mai. “Fai come vuoi, demone” gli rispose l’altro “Ma non pensare che questo mi muoverà a compassione quando ti strapperò i tuoi tre cuori dal petto. Non posso permettermi di lasciarti uscire vivo da qui e continuare a minacciare impunemente la razza umana. Soldati!” gli uomini lo fissarono un po’ interdetti, ma al suo cenno tutti si ricomposero ed estrassero le armi “Preparatevi a fare fuoco! Sconfiggeremo questo assassino tutti insieme e libereremo Cephiro dalla sua esistenza!” Vile, minuscolo essere umano.
Eraqus si scansò, rotolò sul pavimento ed evitò la stalattite che calò su di lui ed aprì un gigantesco buco nel pavimento. Quando guardò in alto il soffitto si accese di strie rosse e verdi e si buttò contro il muro prima di rimanere intrappolato nel cerchio alchemico che si formava sopra la sua testa ed alterava l’aria al di sotto in un gas marroncino che il Custode era sicuro di non dover respirare. Scagliò il Keyblade con forza contro il soffitto: la lama si piantò tra un segno e l’altro, guastando l’armonia del disegno. L’attimo dopo il cerchio era inservibile e richiamò la sua arma, ma quando fece un passo in avanti un nuovo cerchio si accese sotto le suole e dei fili metallici generati dal pavimento si avvinghiarono alle sue caviglie e lo spinsero a terra. “Credevi sul serio che non avessi un qualche meccanismo di difesa, Eraqus?” Xehanort non si era mosso dalla sedia. L’attimo in cui Eraqus aveva evocato l’arma lui aveva appoggiato le mani sui braccioli, mostrano piccoli cerchi che aveva tenuto accuratamente coperti con le maniche: grazie a quelli l’alchimista riusciva ad attivare gli altri posizionati nella stanza, e ad un cenno delle sue dita i fili aumentarono la presa. Per dieci che ne tagliava ne apparivano almeno il doppio “Sei invecchiato anche tu, Eraqus! Tutti questi anni a giocare al maestrino e ti sei rammollito!” Sollevò una mano dal bracciolo e questa si caricò di incantesimi. Per quanto Xehanort non fosse mai stato un mago dotato, aveva sempre abbastanza potenziale magico da diventare un problema: una Catena di Fulmini attraversò il braccio dal gomito alla punta dell’ultimo dito, poi la lanciò verso di lui. Eraqus si sbilanciò in avanti e cedette volontariamente una gamba ai fili d’acciaio, ma in questo modo intercettò con il Keyblade il globo di fulmini e lo spedì contro l’altro capo della stanza. Mise il primo piede fuori dal cerchio, ma i fili continuarono a seguirlo. Quando vide che altri si innalzavano dal pavimento e puntavano alle sue braccia mulinò il Keyblade e tranciò almeno un centinaio, poi optò per la fuga più rapida: fece appello alle sue energie e saltò in alto con una capriola, portandosi il più lontano possibile dal cerchio maledetto. In questo modo atterrò distante dal suo avversario, ma aveva bisogno di sottrarsi da quel punto e trovare una nuova via d’attacco. Poi i suoi sensi avvertirono un rumore leggero, quasi uno scatto, e nel rotolare in avanti qualcosa di appuntito colpì di striscio il suo braccio. Una pioggia di lame acuminate aveva attraversato il punto dove si trovava fino ad un secondo prima e adesso giaceva conficcata nel muro opposto “Umpfh! Miravo ai tuoi capelli!” borbottò Xehanort, che lo fissava dall’altra parte della stanza con il suo sguardo color ambra carico di odio. Come aveva fatto a non vedere quali tenebre ci fossero nel suo cuore? “Come sarebbe a dire che c’eri tu dietro la morte degli oligarchi? Voi alchimisti non siete dalla parte di Autozam?” “Gli Alchimisti di Stato sì, senza alcun dubbio, ma io …” tamburellò di nuovo le dita, ed Eraqus si rimise in guardia “ … sono dalla parte del Sapere e del Portale dell’Alchimia!” “Hai fatto in modo che la colpa ricadesse sui demoni per dar vita ad una guerra? Ed hai manipolato Terra per uccidere i demoni al posto tuo? Sei l’essere più spregevole che abbia mai visto … TI SEI PRESO GIOCO DI ME PER TUTTO QUESTO TEMPO!” “Sì! Ed è stato davvero divertente, credimi!” La furia gli salì fin sulle guance e caricò l’alchimista con tutta la forza che aveva, lanciandosi lungo il laboratorio in una corsa frenetica, incurante delle trappole che attraversò con delle lunghe falcate; aggirò il cerchio alchemico che lo aveva imprigionato fino a qualche secondo prima e con un unico salto atterrò davanti a Xehanort, puntandogli il Keyblade al petto “Solleva le mani da quella sedia ed alzati! Credevi davvero di sfuggire alla Giustizia del Cuore dei Mondi?” gridò, sforzandosi di resistere alla tentazione di prendere il suo vecchio amico e sbatterlo contro il muro “Quando confesserai i tuoi crimini la guerra finirà, vedrai!” “Non puoi fermare questa guerra, Eraqus. Io ho soltanto acceso la miccia, ma credi davvero che umani e demoni siano in grado di vivere in pace? Autozam ha deciso di occupare i territori di Pharen per depredarla delle sue ricchezze, e non credo che le confessioni di un povero, vecchio, derelitto alchimista minacciato da un Custode del Keyblade fraternizzante dei demoni cambieranno le cose” disse, accompagnato dal tono di voce che usava sempre per deriderlo “La macchina che ho messo in moto ha preso forma e cammina da sola! Gli umani di Autozam sono pieni di odio e paura, e tendono alla guerra ogni secondo che passa. I miei Heartless si sono moltiplicati ben oltre le mie previsioni!” “I tuoi Heartless?” No, non può essere che persino quelle creature ... “Sai che mi piace fare le cose in grande stile, amico mio! Mi serviva una minaccia di sottofondo che inasprisse gli animi! Poi grazie all’ambasciatore Pai le cose sono degenerate da sole” Eraqus non riusciva più a credere a quelle parole, e si accorse che la mano destra non la smetteva di tremare; spinse il Keyblade fin sul pastrano di Xehanort, ma per quanto lo avesse in pugno non riusciva a vedere nell’altro uno sguardo che accettasse la sconfitta. “Uff, Eraqus, levami la tua zappa di dosso! Perché non risolviamo la cosa senza ricorrere alla violenza?” “Tu rivela al mondo le tue macchinazioni, libera Riku e forse prenderò in considerazione l’idea di non spaccarti la faccia e raddrizzarti la schiena a calci, amico …” “Te lo diceva persino il Maestro Yen Sid: prima di parlare dovresti avere la situazione in pugno” Eraqus si voltò lievemente a destra, sentendo un rumore che ricordava un battito d’ali “E TU NON CE L’HAI, ERAQUS!” Una piccola porta sul lato destro del laboratorio si aprì, e qualcosa di enorme si abbatté contro di lui; Eraqus sollevò il braccio ed evitò che qualcosa di forte, rigido ed acuminato si portasse via i suoi occhi. L’artigliò gli trafisse il braccio sinistro e l’impatto con la creatura lo spinse a terra e fu costretto a rotolare lontano prima che un incantesimo di fuoco del suo nemico lo cogliesse senza difese. Il mostro che aveva davanti aveva perso qualsiasi fattezza di essere umano, se mai le aveva avute: la testa aveva la pelle tra il bianco ed il grigio, putrescente, e dalla mandibola abbassata uscivano dei denti grigi, appuntiti, assolutamente non umani. Gli occhi totalmente neri, posti ai lati del cranio, lo fissavano come quelli di un predatore che aveva appena stanato il proprio pranzo e sembravano ruotare in quell’orbita senza palpebre. Dal collo in giù aveva la forma del più grande uccello che avesse mai visto. “Lo sai che realizzare creature alchemiche è la mia specialità!” Le sue parole furono sovrastate dal verso del mostro, uno stridio che ricordava il gracchiare di mille corvi “Gli Heartless sono un prodotto originale, lo ammetto, ma ho sempre qualche chimera nella manica”. L’arpia spiccò il volo e si tuffò contro di lui in un turbine di piume bianche e nere; sollevò il Keyblade e si mise in guardia, aspettando che la creatura esponesse i suoi artigli. Quella gli oscurò la visuale con le ampie ali, disturbandolo con il verso da caccia, e con gli artigli cercò di afferrargli l’arma, i denti aguzzi rivolti verso il suo collo. Le unghie gli trafissero le dita, ma tenne il dolore per sé e si liberò con un guizzo della presa, assestando un poderoso fendente contro la cassa toracica della chimera, carico di tutta la furia che lo invadeva. Sentì il rumore di ossa che si spezzavano ed inflisse un secondo colpo, ancora più energico sul muso del mostro a meno di due palmi dal suo collo. Il sangue ed il cervello sprizzarono ovunque, e con un calcio si liberò della carcassa, poi rivolse all’alchimista un sorriso di sfida “Se pensi che un abominio alchemico possa vincere contro il potere del Keyblade ti sbagli di grosso, Xehanort”. “Uno solo forse no … ma un centinaio avrebbero discrete possibilità di farcela, io credo”. Fissò di nuovo la porta da cui era uscita l’arpia. Durante lo scontro non vi aveva fatto caso, ma un coro di sibili, grugniti e ruggiti proveniva da quella stanza, e adesso diversi occhi dalle grandezze più svariate e dai colori diversi brillavano attraverso il buio, dritti contro di lui. Ne uscì un paio di zampe pelose e dorate, simili a quelle di un leone, ma con gli artigli più lunghi che avesse mai visto. Alcuni esseri, simili ad a piccole arpie, comparvero dalla parte alta della porta ed assunsero in aria una formazione circolare, pronte a planare su di lui; e poi un essere dalla forma indefinita e dall’enorme coda nera, accompagnato dal ruggito di tantissime chimere alle sue spalle. “Rimanderò questi abomini alchemici da dove sono venuti, Xehanort. Uno ad uno. Il potere del Keyblade e della Luce non verranno arrestati dalla tua follia!”
Il capo non si voltò nemmeno a guardare i soldati che avevano aperto il fuoco. Si limitò ad innalzare intorno a sé uno scudo magico, che assorbì tutti i laser riducendoli a innocui sbuffi di fumo. “Sparite, vermi!” Mosse il braccio per scagliare un incantesimo nella loro direzione, ma Terra non rimase a guardare e si lanciò all'attacco, costringendo il capo a sospendere l'evocazione in atto e a difendersi. Il Keyblade oltrepassò lo scudo senza difficoltà, e Pai lo intercettò a mani nude, i palmi aperti che sprizzavano saette. I due avversari si fronteggiarono per un attimo, gli occhi blu di Terra gelidi come quelli degli automi di Autozam, quelli scuri del capo ardenti di fiamme e distruzione. Poi un laser oltrepassò lo scudo del capo, che evidentemente stava concentrando tutta la propria energia nel respingere l'arma soprannaturale dell'avversario, ferendolo di striscio alla spalla. Un danno infinitesimale per un demone maggiore, ma più che sufficiente per concedere una breccia al custode del Keyblade, che spinse in basso la propria arma con tutta la sua forza. Il capo fu sbilanciato e cadde a terra, e in un attimo sia Terra che i soldati di Autozam gli furono addosso. “Sporchi vigliacchi!!” Uno scudo magico sorse prontamente a difendere il corpo del capo, ma stavolta non era stato Pai ad evocarlo. Kisshu torreggiava in volo su di lui e sui nemici, i palmi delle mani splendenti di magia protettiva. Visto che i soldati di Autozam non si erano fatti scrupolo di intervenire durante un duello uno contro uno, Kisshu riteneva di non essere disonorevole nello sfruttare la propria superiorità aerea. “Capo, ai pesci piccoli penso io! Lei dia a quel codardo la lezione che merita!” Prima che i soldati potessero rivolgere le canne dei fucili verso di lui Kisshu li bombardò con una scarica di palle di fuoco. Tra i lampi e le esplosioni riuscì per un attimo a distinguere il lieve sorriso del capo, il suo impercettibile cenno della testa che significava “grazie”; poi un boato vicinissimo lo assordò e non vide più nulla, accecato da una luce abbagliante che lo costrinse a proteggersi gli occhi con le mani. D'istinto volò ancora più in alto, cercando di liberarsi della nube di fumo che era venuta subito dopo l'esplosione di luce e che gli faceva ardere la gola come se avesse inghiottito carboni ardenti. I soldati umani dovevano aver usato uno dei loro esplosivi. Armi vili come loro. Tossì e si stropicciò gli occhi, facendo attenzione che lo scudo intorno al suo corpo fosse perfettamente attivo: anche a quell'altezza non poteva permettersi di abbassare la guardia. Quando riuscì finalmente a guardarsi intorno vide che sul terreno sotto di sé si era aperto un grosso cratere. Il capo e l'assassino del Grande Satana continuavano a combattere ignari di tutto, Pai che scagliava un incantesimo dopo l'altro e Terra che li respingeva con il Keyblade. I segni alchemici sopra quell'arma sembravano in grado di assorbire o comunque smorzare gran parte delle magie demoniache. Ora però non aveva tempo di seguire il duello del capo: i soldati avevano riformato le fila e sembravano decisi a togliere di mezzo prima lui. Bene, che vengano! Lo scudo magico resse senza problemi la scarica di laser che i nemici gli riversarono addosso, ma in quel momento Kisshu notò che uno di loro stava estraendo qualcosa dalla cintura. Un oggetto piccolo, di forma oblunga. Un altro esplosivo. Ma stavolta sono troppo in alto perché l'onda d'urto possa raggiungermi. Ma il soldato non lanciò l'esplosivo a terra. Kisshu lo vide armeggiare con qualche comando, e il piccolo congegno si sollevò in volo, sfrecciando verso di lui a tutta velocità. Kisshu si levò dalla sua traiettoria, ma con orrore vide il piccolo missile compiere un arco e tornare indietro verso di lui. Mi sta seguendo! Destra, sinistra, in alto, l'esplosivo gli restava alle calcagna, seguiva ogni suo minimo movimento. Kisshu iniziò ad entrare nel panico. Intanto dal basso i soldati continuavano a sparare, e improvvisamente Kisshu sentì un bruciore tremendo alla spalla destra, subito seguito da un altro alla gamba, dietro il ginocchio sinistro. Stava perdendo la concentrazione sullo scudo. Capo, aiuto... ! Ma il capo era impegnato contro Terra, e non poteva sentirlo. La sua voce però risuonò nitida nella mente di Kisshu, richiamata dai ricordi di centinaia di sessioni di allenamento. La miglior difesa è l'attacco, ripeteva sempre Pai ai suoi sottoposti. Era uno dei pochissimi capi casato a far addestrare i suoi anche in tempo di pace. La miglior difesa è l'attacco. Kisshu si fermò di scatto, fronteggiando il missile che veniva verso di lui. Ignorò il dolore quando un altro laser lo ferì al fianco, strinse i denti, concentrò tutta l'energia magica dentro di sé nelle proprie mani e la lasciò andare con un urlo. Il suo incantesimo colpì il missile in pieno, ma Kisshu non lasciò scemare subito. Continuò a riversare energia magica dai palmi delle mani, creando un'onda scintillante che non solo fermò il missile, ma lo respinse indietro verso i soldati che lo avevano lanciato. “Questo è per chi osa sfidare il casato del grande Pai!!” L'esplosione fu ancora più violenta della precedente, e quando il fumo si diradò della truppa di Autozam non restavano che corpi carbonizzati e arti sanguinanti. Esausto, Kisshu si lasciò scivolare lentamente a terra. Atterrò in una pozza di sangue, ma non aveva più nemmeno la forza per tirarsi via da lì. Ora che il pericolo imminente era passato il dolore delle ferite e la stanchezza tornarono a farsi sentire in modo insopportabile. La magia era un'ottima alleata, ma aveva un costo. Ogni incantesimo lanciato consuma energie fisiche, e Kisshu quel giorno ne aveva lanciati tanti. Scoprì di avere altre ferite sulle gambe e sulle braccia che non ricordava assolutamente come si era fatto. Capo... è tutto nelle sue mani ora. Io non posso più aiutarla... Ma uno sguardo al combattimento bastò a rassicurarlo, perché Pai sembrava in netto vantaggio. Aveva capito che il Keyblade poteva respingere la maggior parte degli incantesimi diretti, e aveva adottato un'altra tattica. Invece di lanciare un solo incantesimo potente ne scagliava parecchi più deboli in rapida successione, da direzioni diverse. Terra era agile e la sua armatura gli offriva un'incredibile protezione, ma alla lunga quel gioco si stava rivelando logorante per lui. Ormai era costretto esclusivamente sulla difensiva, e a ogni incantesimo le sue parate si facevano più lente e goffe. “Senza i tuoi tirapiedi non fai più tanto lo spaccone!” lo schernì il capo. Terra doveva essere veramente allo stremo, perché non rispose alla provocazione. Le due successive palle di fuoco lo colpirono in pieno. Il custode riuscì a malapena a mantenersi in piedi, ma una piastra laterale della sua armatura era saltata, e sotto si intravedevano vestiti e carne bruciata. E' fatta... forza capo! A quel punto Terra fece una cosa inspiegabile. Fece sparire il Keyblade, in un lampo di luce, come facevano i Custodi quando non avevano più bisogno della loro arma. “Ti arrendi, dunque.” disse il capo. Kisshu poteva percepire la sua delusione, il suo desiderio ardente di combattere ancora, di mettere personalmente fine alla vita dell'assassino. Ma se il nemico si fosse rifiutato di continuare a lottare avrebbero dovuto catturarlo vivo, perché nessun demone infierisce su avversari inermi, per quanto infami essi siano. “Non ho detto questo, demone.” Terra sorrise beffardo, ma in ogni linea del suo viso era impressa la sofferenza per le ferite ricevute. “Io non combatto contro nemici disarmati.” “Ma io non sono disarmato!” una scia di energia oscura serpeggiò attorno al braccio di Terra e sfrecciò verso il capo, che la respinse con un lampo di magia. “L'Oscurità è mia alleata!!” L'intero corpo di Terra fu avvolto da un'aura oscura, una magia negativa che opprimeva e soffocava i sensi di Kisshu. Ma il capo non sembrava per nulla impressionato. Anzi, sorrideva soddisfatto. “Come vuoi, allora.” Per contrastare l'oscurità il capo scelse la magia della luce. Una serie di sfere bianche si formarono dalle sue mani e rotearono in cerchio sopra la sua testa, sempre più veloci, fino a convergere in un unico lampo accecante che sfrecciò verso Terra e avvolse il suo corpo nella luce. Il Custode mandò tentacoli di oscurità a contrastare l'incantesimo, e per un attimo luce e oscurità sembrarono equivalersi, sospese in un duello senza tempo che lasciò Kisshu con il fiato sospeso. Poi i tentacoli oscuri cominciarono ad affievolirsi, e con un urlo il capo infuse nuovo vigore nella sua magia, schiacciando l'avversario. Per un attimo la luce brillò intensissima, inghiottendo ogni cosa. Quando Kisshu riuscì ad aprire gli occhi Terra giaceva al suolo, pezzi di armatura sparsi tutto intorno al suo corpo. Pai torreggiava su di lui, il palmo della mano aperto e pronto a scagliare il colpo di grazia. “Per il Grande Satana!” Gli occhi di Terra si strinsero in un'espressione maligna: “Illuso.” Fu allora che Kisshu vide il Keyblade. Sospeso in aria a qualche metro dalle spalle del capo, i segni alchemici lungo la lama che mandavano sinistri bagliori rosso sangue. Non aveva idea di quando fosse comparso lì. Successe tutto in una manciata di secondi. Non ebbe nemmeno il tempo di urlare che il Keyblade era partito come un razzo, la punta diretta verso la schiena del capo. Kisshu non aveva più la forza di lanciare incantesimi. Non poteva... Il capo si voltò appena un istante prima che il Keyblade colpisse. I suoi occhi si dilatarono per lo stupore. Ci fu un rumore orribile di carne squarciata, un urlo strozzato. Kisshu si ritrovò a fissare lo sguardo attonito del capo, la sua bocca spalancata per lo stupore. Poi spostò lo sguardo al proprio ventre, da dove spuntava l'elsa del Keyblade, imbrattata di sangue. Il suo sangue. Lo aveva trafitto da parte a parte. “Capo...” Non aveva la forza per lanciare incantesimi, e così lo aveva difeso nell'unico modo che gli era ancora possibile. La vista gli si oscurò. Mentre cadeva a terra ebbe ancora il tempo di sentire l'urlo disumano del capo, quasi più simile al ruggito di una belva che alla voce di un demone. “KISSHU!!!!!!”
Baan stava ancora curando i feriti quando il terremoto iniziò. Temendo un altro trucco degli umani si affrettò a rafforzare ulteriormente le difese intorno all'area adibita a infermeria, ma in quel momento vide un attendente volare a tutta velocità verso di lui, l'espressione sconvolta e preoccupata. “Grande Satana!” dovette fermarsi a riprendere fiato, e gli ci volle un minuto buono per mettere insieme due parole. Baan si preparò al peggio. “Grande Satana, il generale Pai... il generale Pai... lo so che è incredibile, ma è la verità... il generale Pai è entrato in berserk!!” Cosa...? “Venga a vedere Grande Satana, la prego! L'esercito nemico, l'intero esercito nemico è in rotta!” “Che ne è dell'assassino del Grande Satana Nehellenia?” “Non lo sappiamo... la supplico Grande Satana, deve venire!” Baan si sollevò in volo. L'attendente gli fece cenno di seguirlo, ma da quell'altezza non c'era bisogno di indicazioni. Quel fascio di magia pulsante e impazzita che sfrecciava sul campo di battaglia seminando caos e distruzione sarebbe stato visibile da cento chilometri. Emanava una potenza spaventosa, di gran lunga superiore a quella di un demone maggiore o di un Grande Satana. Queste scosse di terremoto... le ha causate Pai?! Non era facile avvicinarsi a lui. La sua aura era immensa, schiacciante, ardente, e Baan sentiva la magia nel proprio sangue ribollire in risposta, attraversare il proprio corpo come una serie di scariche elettriche. Evocò il più resistente dei suoi scudi e si appostò su un'altura da cui si dominava il campo di battaglia. E allora lo vide. Il fascio di magia che distruggeva ogni cosa non era altri che Pai. Circondato da una luce accecante, da un turbine di vento e di magia, gli occhi completamente gialli, privi di pupille, i lineamenti sconvolti al punto che solo la caratteristica treccina lo rendeva riconoscibile. Impossibile... Dove passava non rimaneva nulla. Colline, rocce, alberi, macchine, persone, amici e nemici. Gli incantesimi che scagliava disintegravano interi squadroni di flyer e carri armati, spalancavano voragini nel terreno che inghiottivano cerchi alchemici e truppe di alchimisti. I laser sparati verso di lui venivano semplicemente inghiottiti dalla sua aura di fuoco. La battaglia era interrotta, ogni schieramento pensava solo a levarsi dalla scia di distruzione. I demoni volavano lontano protetti da scudi magici, ma gli umani, a parte quelli in possesso di veicoli volanti o flyer, erano in seria difficoltà. Incespicavano l'uno sull'altro cercando di scappare, ma Pai calava su di loro come un angelo della morte, non risparmiando nulla e nessuno. La ritirata si stava trasformando in una carneficina. “Aiutate i licantropi e gli altri corpi d'armata non in grado di volare!” ordinò Baan all'attendente. Per un attimo lo stupore gli aveva fatto perdere di vista i suoi doveri di Grande Satana. “Erigete degli scudi per loro, portateli verso la zona dei feriti. Io erigerò un grande scudo là. Voglio tutto l'esercito radunato in quel punto. Non possiamo fermarlo in alcun modo, l'unica possibilità è attendere che lo stato berserk passi da solo!” L'attendente annuì e sfrecciò via a trasmettere l'ordine ai generali rimasti. Baan si affrettò verso feriti, preparandosi a innalzare una cupola magica per difendere l'intero esercito. Avrebbe avuto bisogno dell'aiuto di altri maghi esperti. Ma non riusciva ancora a credere a ciò che aveva visto. E' impossibile... solo i licantropi possono raggiungere lo stato berserk... talvolta qualche demone minore... ma noi demoni maggiori... Gli tornò alla mente una storia che gli aveva raccontato sua madre quando era bambino, su un demone minore che entrava in berserk dopo la morte del suo capo in una faida tra casati avventa in tempi molto antichi. “E noi demoni maggiori possiamo farlo?” aveva chiesto Baan. “Non è mai successo, per quel che ne sappiamo.” aveva risposto la madre. “Solo un'emozione estrema può causare in noi demoni una reazione del genere. Un forte odio, un grande dolore. Ma noi demoni maggiori abbiamo un controllo migliore delle nostre emozioni rispetto a licantropi e demoni minori. Ed è un bene... perché se uno di noi entrasse in berserk potrebbe causare la fine di tutti noi.”
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