Contest di Scrittura Annuale: The World Ends With You

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view post Posted on 18/7/2012, 21:03
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Blue Eyes Whitemushroom

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Ovviamente dal C.I.M!!! Nello specifico, sezione Arkham

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Non avevo letto il capitolo 6 ma ora ho rimediato ed ho letto il 6 ed il 7. Sono davvero densi di avvenimenti, la parte del presente del passato e del futuro del passato mi ha incasinata non poco, però alla fine hai creato una storia molto particolare, anche nello sviluppo della protagonista.
Forse di questi 2 caitoli ma convinto lo stile, un po' più semplice degli scorsi e con frasi molto brevi, però per il resto mi è piaciuto e sono contenta di leggere la tua storia!
 
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view post Posted on 23/7/2012, 20:08
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Il signore dei biscotti

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Il pianeta dei Dango

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E va bene, anche Val&Ven scendono in pista : )
Premetto, io e il mio socio siamo quasi sicuri che non riusciremo affatto a finire i 12 capitoli in tempo considerato che abbiamo impiegato. . . . . .sette mesi per farne uno : /
Tra ritardi immensi e cose varie, ecco il capitolo 1 della nostra fiction. Anche se non riusciremo a portare a termine tutti e 12 i capitoli, credo che la continueremo come fic. a se stante : )
Spero che la troverete interessante : D


- - - - -




The World Ends With You






Capitolo 1




Era una fresca mattinata di Settembre. Le luci dell'alba, che iniziarono a spuntare da dietro le verdi colline, iniziarono ad irradiare la città di Rodlenn con il loro tiepido calore. Con l'arrivo del mattino, il paese iniziava piano piano a riprendere vita. Per le strade era possibile intravedere le prime persone che, con passo
lento e affaticato, tentavano di raggiungere quanto prima il proprio posto di lavoro. I negozi iniziavano ad alzare le saracinesche, si sentivano i rumori di alcune automobili che sfrecciavano liberamente per la strada, e le luci dei lampioni cominciavano lentamente a spegnersi. Così iniziavano le mattine del centro abitato di Rodlenn, ogni giorno, come un organismo perfetto. Una volta passate le sette, le strade si riempivano velocemente di persone: studenti chiassosi diretti verso i rispettivi istituti, donne e uomini intenti a fare le compere quotidiane e i classici automobilisti irritati che provvedevano a rendere ancora più rumorose le vie
della città. Rodlenn era una città dalle grandezze modeste, ma non piccole, costituita da un centro urbano sovraffollato e tante piccole zone periferiche, più tranquille e meno popolate, dove abitavano soprattutto pensionati e varie famiglie stufe del vivace e fracassante clima cittadino. Ancora oltre la periferia, si
estendeva una zona di campagna piuttosto estesa, ma che vedeva solo alcune case sparse qua e là. L'economia di Rodlenn verteva maggiormente su industrie e tecnologie, e le campagne erano rimaste coltivate da pochi agricoltori che continuavano, testardi, a praticare il loro mestiere stando a contatto con la natura. Il territorio campagnolo presentava, comunque, diversi piccoli rilievi e colline varie, sulle quali si godeva di una vista particolarmente affascinante. Proprio sulla cima di una di esse vi era una modesta villetta, piccola e solitaria, dalla quale si poteva scorgere quasi tutta la città e il territorio circostante.
Anche quel giorno, le luci mattutine filtrarono dalla finestra del secondo piano dell'abitazione, illuminando la polverosa e disordinata stanza da letto del proprietario. Una chiassosa sveglia iniziò a trillare un fastidioso motivetto, che risuonò per tutta la casa, ma ci vollero diversi minuti prima che il destinatario di tale suono riuscisse a trovare la forza e la voglia di alzarsi dal comodo letto. Alzatosi, spense la sveglia, ringraziandola cordialmente, e la rimise sul comodino adiacente trattenendo a stento l'impulso di lanciarla contro il muro. Locke Vestor si vestì, a rilento e con pigrizia, e scese le scale della sua abitazione per arrivare alla cucina, al piano terra. Il disordine regnava sovrano un po' ovunque, ma non si era mai degnato di rimboccarsi le maniche per dare una ripulita in giro, lasciando il villino in balìa di se stesso. Accese i fornelli e mise a fare il caffè, accendendo il computer portatile posto sul tavolino della cucina e compiendo uno sbadiglio lungo e rumoroso. Eliminò sbrigativamente la pubblicità e i messaggi inutili per passare direttamente alla posta importante, leggendo con attenzione tutti gli annunci di cronaca dei quali riceveva notifiche in tempo reale dalla centrale di polizia cittadina. Dopo qualche minuto versò il caffè in una piccola tazza e lo sorseggiò con calma e serenità, poi preparò velocemente alcuni tramezzini e lì incartò infilandoli nella sua borsa. Spense il PC, pulì distrattamente il tavolo e, dopo aver preso la giacca e il distintivo, uscì di casa. Percorse il sentiero alberato, appena fuori dal piccolo cortile della villetta, fischiettando un motivetto allegro. Il tempo era decisamente mite per quel periodo, ma ogni tanto capitavano delle folate di vento che lo costrinsero a mettersi addosso la giacca impermeabile, nonostante il caldo. Locke adorava contemplare il cielo in quel breve quarto d'ora che lo separava dalla fermata dell'autobus, e ogni giorno era tentato dal rimanere ad oziare sotto il placido sole, coccolato dalla brezza, senza essere obbligato a recarsi controvoglia nel suo ufficio polveroso. Emise un sospiro, continuando a marciare. Approfittò del tempo passato in autobus per riposare ancora un po', passandosi spesso le mani sul viso come per tentare di levarsi di dosso tutta la stanchezza accumulata. Scese dal bus con un ulteriore sbadiglio.
"Un'altra giornata come tante..."
Si fermò davanti all'entrata del commissariato e lo squadrò per un istante. Entrava lì tutti i giorni da oramai diversi anni e non sentiva più quell'emozione che aveva provato agli inizi della sua carriera, ma poco gli importava. Portare lo stipendio a casa era diventato la sua unica preoccupazione. Aprì la porta per entrare e, in un attimo, si ritrovò investito dal caos che gli agenti e gli impiegati stavano provocando.
"Un'altra, dannatissima giornata come tante..."
Passò sveltamente tra la folla di persone indaffarate, al piano terra, per recarsi all'ascensore, unico punto di fuga da quella bolgia mattutina che tanto lo stressava, ma una mano gli afferrò la spalla e lo fermò sul posto.
- Ah, ispettore, buongiorno! - gli fece l'agente, impacciato - Le ho portato i rapporti che mi aveva chiesto! -
Locke li sfogliò rapidamente e distrattamente, poi se li mise sottobraccio.
- Grazie, lo guarderò meglio in ufficio - disse, salutandolo e avviandosi a prendere l'ascensore.
- Aspetti! C'è ancora da sistemare il caso sull'incidente di ieri, ci sono diversi rapporti da compilare, c'è la riunione a mezzog- ... -
- Ragazzo... - lo interruppe - ... se vuoi continuare a fare questo lavoro, assicurati di avere qualche momento per respirare, se ci riesci -
Detto ciò, si congedò e raggiunse il piano superiore, dove risiedeva il suo ufficio personale. Percorse il corridoio fino in fondo e aprì la porticina sulla destra. L'interno era disordinato, come al solito, ma di sicuro il caos che regnava a casa sua era ben altra cosa. Tirò fuori il portatile dalla borsa a tracolla e si rimboccò le maniche. La parte che preferiva del suo mestiere era proprio il lavoro d'ufficio: noioso, ma tranquillo e privo di pericoli. Quando la porta si aprì, un'oretta dopo il suo arrivo, subito temette che si trattasse dell'ennesimo incarico pratico: sopralluoghi, arresti, indagini, e tutto ciò che avrebbe richiesto che il suo corpo si alzasse dalla sua comoda sedia. Fu sollevato dal notare che si trattava solo di una visita di piacere dal suo amico e collega.
- Heylà, Locky! - fece lui, tutto sorridente - Si lavora? -
- No, pianto orchidee... - rispose secco - E tu, Richard? Non hai di meglio da fare? -
L'amico sorseggiò un sorso di caffè dalla sua tazza, compiaciuto.
- Al momento no, quindi credo che mi fermerò a piantare qualche orchidea con te - disse, acchiappando una sedia e sdraiandocisi sopra - Allora? Cosa mi dici?
Ultimamente parliamo poco... -
Locke ci pensò su, poi decise di fare una pausa e mise in stand-by il PC, invitandolo a prendere una sigaretta. L'altro accettò e aprirono la finestra.
- Ultimamente sono sempre impegnato, Rich - disse, tra un tiro e l'altro - Non mi dispiacerebbe avere una bella serata libera, solo per me... -
- Per NOI, vorrai dire! - lo rimproverò - E' da secoli che non andiamo a fare due passi come ai vecchi tempi -
- Rich, per carità, non siamo così vecchi... - disse, con voca un po' cupa - Non hai torto, ma il lavoro viene prima di tutto -
Spense la sigaretta e tornò alla postazione, ricominciando a sfogliare rapporti e a controllare le ultime novità su ciò che accadeva a Rodlenn. Nella stanza si sentiva solo il ticchettio di un orologio, seguito puntualmente dal rumore dei tasti battuti del PC e da qualche rumore esterno che faceva capolino ogni tanto. Richard fece qualche ultima tirata con il sigaro e poi lo spense a sua volta, terminando ciò che era rimasto del caffè che stava bevendo.
- Sai, ultimamente ho la sensazione di essermi profondamente impigrito - gli disse Locke ad un tratto.
- Impigrito!? Tu!? Ah, questa è buona! - Rich spiccò un balzo verso il mobile sulla sinistra della stanza e iniziò a rovistare - Ti stai semplicemente dimenticando chi sei, ecco cos'è! -
L'uomo tirò fuori numerosi fogli di carta e articoli di giornale piuttosto datati, portandoli direttamente alla scrivania del collega e sbattendoglieli sotto al naso. Poi li sfogliò uno per uno e iniziò a declamarli come se stesse recitando in un teatro.
- "Ispettore Vestor sventa rapina", "Audace Ispettore salva la vita a ventiquattro civili", "Giovane poliziotto arresta una banda di rapinatori"... e chi più ne ha più ne metta! Capisci cosa voglio dire, Locky? -
Locke rimirò quei ritagli con profondo orgoglio e nostalgia.
- Sei solo arrugginito - disse dandogli qualche vigorosa pacca sulla spalla - Devi far vedere a tutti chi sei! -
Mentre Richard era ancora intento a immaginare chissà quale futuro pieno di gloria, raccolse tutti i vecchi articoli e li ripose al loro posto, nell'armadio dei vecchi ricordi. Poi andò ad affacciarsi, con fare pensieroso, alla finestra dell'ufficio.
- Sto solo aspettando, Rich - gli disse, infine - Un giorno mi capiterà tra le mani un caso bello grosso e lo risolverò. A quel punto nulla mi impedirà di essere promosso a... che ne so: commissario? -
Entrambi se la risero.
- Bel sogno, bel sogno - disse l'amico, andando verso la porta.
- Già, lo hai detto: un "sogno" - poi si voltò verso Richard - Farai meglio ad andare, no? Ti aspettano alla riunione -
L'amico rimase in un sospetto silenzio per un po'.
- Hey, Locky - gli disse, stavolta con fare piuttosto serio, ma continuando a mantenere un sorriso cordiale - Piuttosto che inseguire l'apice della tua carriera... non faresti meglio a trovarti un po' di felicità? -
Cadde un silenzio imbarazzante. Locke si sentiva sempre in difficoltà quando di faceva nome della sua vita sociale.
- Riflettici su - Rich gli strizzò l'occhio e se ne andò chiudendosi la porta alle spalle.
L'ispettore tornò alla sua postazione, ma con poca voglia di lavorare. Iniziò a dondolarsi placidamente sulla sedia ripensando alla sua situazione.
- La felicità, mh? - disse, tornando composto e riprendendo in mano i documenti e i rapporti vari - Magari sapessi almeno di cosa si tratta... -





A sera tarda Locke uscì dall'ufficio, grato per essere riuscito ad arrivare fino alla fine di quell' interminabile turno di lavoro e, soprattutto, per essere riuscito a passare anche quel giorno senza dover andare incontro a nessun tipo di lestofante, cosa che gli avrebbe probabilmente rovinato la giornata. Controllò di non aver
dimenticato nulla, frugandosi nelle tasche dell'impermeabile, e si avviò verso la stazione del bus per tornare a casa. Con sua sgradita sorpresa, al posto del mezzo di trasporto trovò solo un avviso che segnalava uno sciopero fino al mattino seguente. Nonostante lo sconforto, Locke tentò di vedere il lato positivo di tutta quella situazione.
"Due passi non mi uccideranno "
Si incamminò per la strada che lo avrebbe condotto fino a casa, assorto nei suoi pensieri, fermandosi ogni tanto a controllare le vetrine di qualche negozio con fare poco interessato. Poi i lampioni iniziarono ad accendersi, l'uno dopo l'altro, mettendo meglio in risalto le rumorose stradine di Rodlenn che Locke iniziò a vedere in maniera diversa. Le luci della città ora la facevano sembrare decisamente più affascinante e gradevole, e il poliziotto non si pentì di aver preferito la passeggiata al taxi, quella sera. Deviò dal solito tragitto e percorse una strada alternativa, scegliendone una che non aveva mai praticato per assecondare la sua improvvisa voglia di esplorare la città. Si fermò spesso ad osservare le vetrine di qualche negozio e adocchiò qualche ristorante particolare dove avrebbe potuto fermarsi una di quelle sere, nel caso in cui avrebbe avuto una sera libera, magari in compagnia di Richard. Dopo qualche minuto passato a gironzolare senza meta effettiva, adocchiò una panchina solitaria e vi si sistemò, contemplando il cielo stellato, riuscendo finalmente a liberarsi la mente da tutti i pensieri e i problemi. Quel panorama gli conferiva un'innaturale senso di pace e tranquillità, e il suo sguardo sembrava essersi perso in quella miriade di luci bianche che splendevano sopra la sua testa. Passò ancora qualche minuto ad osservare, quando un evento inatteso catturò la sua attenzione. In quell'immenso mare di stelle, poco a poco, alcune iniziarono a
perdere la loro ammaliante luminosità, fino a sparire del tutto sotto gli occhi increduli di Locke. Si stropicciò le palpebre e osservò meglio, fissando il punto dove le aveva intraviste, ma parevano sparite nel nulla. Deluso e alquanto perplesso, si alzò e si diresse verso casa, tentando di dimenticare l'accaduto per non sprecare tempo a pensarci. Proseguì la passeggiata fino a casa ripensando al discorso con Richard, ma era abbastanza stanco per fare riflessioni profonde sulla propria vita, così decise di archiviarlo nel suo cervello fino al giorno successivo. Il paesaggio cambiò quasi senza che se ne accorse, e si ritrovò a percorrere la stradina di campagna che conduceva fino alla sua abitazione.
"E anche questa giornata è andata... "
Emise un profondo sospiro e si incamminò, salendo lentamente sulla collina. Distrattamente, pose lo sguardo sul prato sottostante al colle e qualcosa attirò per un secondo la sua attenzione. Disteso sulla distesa d'erba vi era un oggetto che Locke non riuscì a distinguere correttamente a causa del buio. Tentò di aguzzare lo sguardo, ma non vi erano lampioni o altre fonti di luce ad aiutarlo. Spinto dalla curiosità, l'agente decise di concedersi un'ultima deviazione prima del tanto ritardato rientro a casa. Si avvicinò rapido a quella massa informe, una volta sceso dal vialetto, e la scrutò con attenzione. Per un attimo gli vennero i sudori freddi. Tentò di mantenere la calma ed estrasse una piccola torcia elettrica dal taschino della giacca, illuminando l'area. Steso, davanti a lui, vi era un uomo, probabilmente privo di sensi, immobile come se fosse deceduto. Locke controllò subito il suo stato: respirava ancora, ma aveva il corpo segnato da profonde ferite, probabilmente dovute a graffi e lacerazioni.
"Quest'uomo ha bisogno di un primo soccorso... l'ambulanza non arriverà mai in tempo... "
Senza pensarci troppo, alzò il corpo dello sconosciuto e se lo caricò addosso. Era piuttosto robusto e il peso che gli gravò sulle spalle era notevole, ma l'agente si sforzò e percorse rapido il sentiero che portava fino a casa sua. Non c'era tempo da perdere.



Nell'aprire gli occhi, provò una fatica immane, come se le palpebre pesassero quanto dei macigni. Ci vollero un paio di secondi perché mettesse a fuoco. Era disteso a pancia in su, sopra qualcosa di morbido e comodo. Con la testa che gli faceva un po' male e le gambe doloranti, si guardò lentamente attorno. Alla sua destra c'era un tappeto su un pavimento in parquet, e poco più in là un televisore nero posto su un mobile in legno alto la metà di un uomo. A sinistra, c'era lo schienale del divano su cui era disteso, poi un muro bianco. Guardando in avanti vide, nella stanza adiacente a quella in cui si trovava, un tavolo con quattro sedie in legno. Su una delle sedie, c'era un uomo che leggeva il giornale. Aveva i capelli neri e corti, gli occhi chiari e sfogliava le pagine con aria annoiata. Poi, notando i movimenti dell'uomo sul divano, alzò lo sguardo e sul suo viso comparve un'espressione sorpresa e al tempo stesso preoccupata. L'uomo si alzò dalla sedia lentamente e venne incontro all'uomo disteso sul divano con fare cauto.
- Salve.- disse semplicemente.
Dopo qualche secondo di silenzio, ancora stordito, l'uomo disteso gli rivolse un cenno e rispose - Salve.-
Ancora fermo sulla soglia che separava il soggiorno dalla cucina, l'altro uomo allargò leggermente le braccia, come a chiedersi cosa dire in una situazione del genere.
- Io mi chiamo Locke.- esordì. - Ti ho trovato disteso e incosciente nell'erba, poco distante da qui. Avrei voluto chiamare un'ambulanza ma, data la zona in cui ti trovavi, ho pensato di portarti qui, a casa mia, così avrei fatto più in fretta. Eri piuttosto malconcio.- spiegò indicando semplicemente lo sconosciuto.
Quest'ultimo si rese conto solo in quel momento di avere delle fasciature sulla mano sinistra e sul fianco destro, appena prima del bacino.
- Avevi anche un bel bernoccolo in fronte,- continuò il suo soccorritore - ma penso di aver fatto un buon lavoro con tutti quegli acciacchi.-
L'uomo sul divano si passo un dito sulla fronte in cerca del bernoccolo, e seppe di averlo trovato quando, passando sul cerotto vicino alla tempia destra, sentì il dolore causato dal contatto con le dita, che gli fece strizzare leggermente gli occhi. Essendo ancora disteso, decise di mettersi seduto per guardare meglio in faccia Locke. Aiutandosi con le braccia, si sollevò lentamente col busto.
- Aspetta, se vuoi ti do una... - disse Locke, ma non terminò la frase che l'altro era già seduto sul divano. - Ah, be', sembra che non ce ne sia bisogno. -
Si avvicinò senza fretta allo sconosciuto. Mentre lo medicava, alcune ore prima, aveva notato che dovevano avere più o meno la stessa età, ossia fra i trenta e i trentacinque anni. Naturalmente, il suo istinto lo aveva portato a fare congetture su chi fosse quell'uomo e per quale motivo si trovasse disteso nell'erba. Poteva essere la vittima di un qualche reato. Uno scippo, un qualsiasi tipo di violenza... Ma ciò che temeva Locke, e questa era l'ipotesi che gli era saltata in mente per prima, era che fosse un delinquente. Certo, un delinquente a cui la sua banda, o una banda rivale, aveva dato una gran bella lezione, a giudicare dallo stato in cui l'aveva trovato. Questo avrebbe spiegato come mai l'uomo era in un posto così sperduto come la campagna vicino casa sua. Eppure, nella sua carriera, Locke ne aveva visti di criminali a Rodlenn, di tutte le età e di tutti i tipi... ed era assolutamente certo di non aver mai visto quel tizio. Ma forse si stava facendo prendere dalla paranoia. Pensò che, magari, nel suo inconscio desiderasse che quello fosse un furfante. Così avrebbe avuto l'opportunità di scoprire qualcosa di eclatante sul suo conto, venire a capo di informazioni preziose e, chissà, ritrovarsi fra le mani il caso grosso che l'avrebbe svegliato da quella sua pigrizia. Ma l'ispettore non voleva farsi illusioni: con ogni probabilità, si trattava di un civile con una brutta storia da raccontare. Arrivato a un metro da lui, gli porse la mano per aiutarlo a mettersi in piedi.
- E' quasi ora di colazione. Ti va di mangiare qualcosa?- gli chiese.
Lo sconosiuto si schiarì la gola mentre afferrava la mano di Locke per alzarsi. - Sì, volentieri. Grazie.-
Locke gli fece un cenno, poi abbozzò un mezzo sorriso. - Finalmente ti vedo in piedi.- Ed effettivamente, fino ad allora non si era reso conto del fatto che l'uomo che gli stava davanti era più alto e più piazzato di lui. Aveva fatto una fatica del diavolo a portarlo in casa caricandoselo in spalla. Pensò che, se i loro ruoli si
fosseri invertiti, l'altro avrebbe fatto molta meno fatica di lui. Una volta messi a tavola dei biscotti e due tazze di latte caldo, Locke si sedette sulla stessa sedia di prima e aspettò che il suo ospite lo imitasse, prima di fargli qualche domanda.
- Come ti chiami?- esordì l'ispettore.
Seguì qualche secondo di silenzio, poi lo sconosciuto si presentò: - Mi chiamo Hobbes.-
- Bene, Hobbes,- rispose Locke, - piacere di fare la tua conoscenza.-
- Grazie per avermi soccorso...- continuò l'altro, poi, dopo aver mangiato un biscotto, aggiunse timidamente - Sai per caso come... insomma... come sono arrivato nel posto in cui mi hai trovato?-
Locke bevve con calma un sorso di latte, prima di rispondere. - Be', speravo che me lo dicessi tu.- disse semplicemente, cercando di non far trasparire sul proprio volto l'ombra del sospetto.
"Se finge," pensò, "finge benissimo. Sembrerebbe sincero, ma come faccio a sapere che non nasconde qualcosa? Uno non perde la memoria così, perché gli va. Voglio vederci chiaro. "


Mentre mangiava un altro biscotto, Hobbes si guardava intorno. Poi, vide qualcosa che prima non aveva notato. C'erano numerosi fogli ritagliati di giornale attaccati a una bacheca sul muro alla sua sinitra. A destra, ce n'erano altri sul frigorifero, attaccati con qualche calamita.
"Il mio amico qui dev'essere una specie di giornalista. " pensò. Poi, però, intravide svariati titoli che parlavano di rapine, furti e, qualche volta, di spaccio di droga o di uccisioni. Locke gli lanciava qualche occhiata di sbieco fra un biscotto e l'altro. Mentre immergeva un altro biscotto nel latte, Hobbes pensò che
quel tizio non poteva essere un giornalista. Perché avrebbe dovuto conservare degli articoli simili? Alcuni erano anche piuttosto datati...
- Sei uno sbirro?- chiese all'improvviso, con un tono un po' troppo brusco.
- Be', io...- fece Locke per rispondere, ma poi si fermò di botto. "Sbirro" non era un termine qualsiasi. Indicava i poliziotti in modo dispregiativo. Mentre pensava a questo, non poté fare a meno di guardare Hobbes negli occhi. E in quel momento notò qualcosa nel suo sguardo, un movimento quasi impercettibile
della pupilla, ma lo vide. Gli si era ristretta la pupilla. Era scattato un campanello d'allarme nei suoi occhi.
Hobbes rimase fermo per una frazione di secondo, fissando gli occhi indagatori di Locke.
"Perché un poliziotto dovrebbe portarmi in casa sua e fare tutta questa scenata? Che ci guadagnerebbe?! " si chiese in un misto di preoccupazione e timore.
Poi vide nei suoi occhi. Capì che lui aveva capito. A quel punto, non c'era molto da fare. Le carte in tavola erano completamente cambiate da un momento all'altro. Locke assunse un'espressione allarmata. Con uno scatto rapidissimo, Hobbes balzò dalla sedia e afferrò l'ispettore per la gola con entrambe le mani, mosso dall'instinto, più che dalla ragione. Locke non fu altrettanto rapido: se si fosse aspettato una mossa così drastica, si sarebbe alzato prima, ma ora le mani del suo avversario gli premevano sul collo con una forza enorme, i pollici che schiacciavano nell'incavo fra la mandibola e le vertebre cervicali, per non far più
affluire il sangue alla testa. I volti di entrambi divennero immediatamente paonazzi. Isintivamente, tentò di togliersi le mani dell'altro di dosso, ma invano. La forza fisica di Hobbes era superiore. Sbuffando per il dolore e per la mancanza di aria, Locke si alzò di scatto, scuotendosi a destra e a sinistra, sperando di
far diminuire la presa di Hobbes, ma senza successo. Hobbes cominciò a spingere all'indietro l'ispettore, fino a farlo arrivare al mobile della cucina dietro di lui, i denti di entrambi digrignati e gli occhi fissi l'uno sull'altro. Ormai con le spalle al muro, Locke ricordò solo in quel momento: infilò velocemente la mano
nella tasca dei pantaloni, estrasse la pistola, tolse la sicura e puntò l'arma di scatto alla fronte di Hobbes.
Quest'ultimo, sorpreso, gli tolse subito le mani di dosso, permettendogli di inspirare avidamente in cerca di ossigeno.
- Stai indietro!- urlò strozzatamente Locke, facendo indietreggiare. - Adesso... alza le mani e mettiti a terra!-
Hobbes, guardando sia lui che la pistola con aria di sfida, non si mosse.
- Subito!- riprese Locke. - A terra, subito!-
"Non posso opporre resistenza, mi ha fregato. " pensò Hobbes, abbassandosi e alzando le mani in segno di resa. Con la pistola ancora puntata alla testa dell'altro, Locke coninuava a respirare a fatica.
- Adesso vieni con me.- disse.



- Che gran rottura di scatole, Locke.- disse Richard con aria di scherno verso Hobbes, che era seduto su una sedia davanti a lui, con la testa bassa e le manette ai polsi, - Sparagli a un ginocchio, vedrai che canterà come un uccellino!-
- Vorrei tanto, credimi.- replicò Locke sarcastico. - Ma prima dobbiamo schedarlo e capire che gli passa per la testa.-
Hobbes alzò la testa, accorgendosi delle occhiatacce di Locke, che girava in tondo davanti a lui e continuava a fissarlo in cagnesco. Le manette erano strette e gli segavano i polsi, la testa gli faceva un po' male e si sentiva particolarmente stanco a causa delle ferite e dei recenti avvenimenti. In quel momento avrebbe voluto essere a chilometri da lì, ovunque purché a miglia di distanza da quegli uomini in uniforme che lo tenevano d'occhio. Aveva sempre sperato di non finire in manette, ma in quell'esatto momento la sua più grande preoccupazione si era concretizzata.
- Vediamo un po'...- riprese Richard, - Nome?-
Hobbes non rispose.
- Si chiama Hobbes.- rispose Locke al suo posto, - O almeno a me ha detto così, prima che desse di matto.-
- Cognome?- chiese Richard.
Di nuovo silenzio.
- Non penso che sarà facile strappargli le generalità.-
- Parlerà.- disse Locke con decisione, - Se non vuole marcire in cella per il resto dei suoi giorni.-
- Aggredire un agente di polizia, bell'imbecille che sei.- commentò ironico Richard, - Speri di farla franca standotene in silenzio? E' come prendere a calci un cane e sperare che ti faccia le feste.-
- Allora, dimmi. Che ci facevi svenuto in un prato? Chi ti ha ridotto così?- chiese Locke a Hobbes.
- Ti sei cacciato nei guai o è la solita sbronza del sabato sera?- disse Richard.
- Hai una famiglia? Parenti? Amici? Qualche cavolo di riferimento?-
- Che cosa fai nella vita?-
- Quanti anni hai?-
- Maschio o femmina?-
- Richard...- lo rimproverò Locke. - Ti prego.-
Richard ridacchiò.
Mentre gli rivolgevano tutte quelle domande, Hobbes pensava agli avvenimenti precedenti al suo risveglio a casa di Locke. Che cosa era successo? I ricordi del giorno prima erano incompleti e sbiaditi, come se le ultime ore gli fossero state cancellate dalla memoria. Tentò di ricomporli per capirci qualcosa, ma senza
successo. L'unica cosa che gli veniva in mente erano dei grossi, spaventosi occhi gialli che si muovevano nel buio, poi nulla. Probabilmente delle mere immagini riguardanti i suoi ricordi confusi ma che, per un qualche motivo, non riusciva ad assemblare.
- Dicci i tuoi movimenti nelle ultime ore - disse poi Locke con tono perentorio.
- Io... non ricordo... - balbettò l'uomo - So che vi... sembrerà assurdo, ma non ricordo... -
- Ah, molto comodo.- puntualizzò Richard. - Hey, Locky, continui tu con questo qui? Io vado a farmi un caffè... -
- Ricordo solo... occhi, occhi ambrati... - continuò Hobbes a fatica - Ovunque, minacciosi... -
- Oh, ho un mucchio di idee riguardo alla natura dei tuoi "occhi ambrati".- ironizzò Richard, - I fari della macchina che ti ha investito, i lampioni contro i quali sei andato a sbattere... tutte opzioni decisamente più realistiche.- poi sbadigliò e ripeté - Io vado a farmi un caffè.-
Quando Richard si fu avviato fuori dalla stanza, Locke e i due poliziotti vicini a lui si scambiarono un paio di sguardi, senza parlare, tentando di capire cosa dovevano fare.
- Per me sta dando i numeri.- disse uno dei due.
- Sentite,- disse Hobbes, - lo so che sembra assurdo, ma è davvero l'unica cosa che mi ricordo al momento. Nient'altro. Erano occhi minacciosi e gialli che si muovevano nel buio. So cosa ho visto.-
Locke pensò che, nonostante le assurdità di Hobbes, quest'ultimo sembrava sincero. Forse era per l'impostazione del tono, ma evidentemente era molto bravo a fingere.
- Locke,- chiamò la voce di Richard, che era rimasto sulla soglia della porta ad ascoltare, - forse è meglio se lo porti nel tuo ufficio.-
Il suo tono era cambiato. Non era più faceto, ma serio. Evidentemente doveva aver notato anche lui la bravura di Hobbes nel simulare.
- Senti cosa ha da dire e poi sbattilo dentro.- concluse Richard uscendo.
Locke rimase immobile per un istante a pensare, fissando negli occhi Hobbes, che ricambiò lo sguardo, e decise che, dopotutto, non era una cattiva idea.
- Va bene. Alzati. Portiamolo nel mio ufficio, ragazzi.-


L'ufficio dell'ispettore Vestor era disordinato come di solito. Hobbes notò le scartoffie e gli articoli di giornale appesi un po' ovunque che rendevano quella stanza un po' meno cupa. Rimaneva comunque spoglia e impolverata, ma di certo non aveva bisogno di accessori per essere adatta al lavoro di Locke. Questi fece
accomodare Hobbes su una delle sedie della scrivania e gli tolse le manette, con gran sollievo di quest'ultimo, ma mettendo bene in vista la pistola nel suo fodero come avvertimento. Lui capì l'antifona e decise che era meglio preservare il sangue freddo e fare come gli veniva indicato.
- Allora. - iniziò Locke - Dimmi, Hobbes, fai uso di sostanze? Ricordi qualcosa su ciò che hai presumibilmente assunto ieri? -
- No, non prendo nulla di tutto ciò... - sbuffò Hobbes - Ho soltanto detto la verità... -
- Sai che neanche la verità toglierà il fatto che hai aggredito un agente di polizia? - replicò Locke - O forse non ricordi neppure quello? Sai, poco tempo fa hai tentato di uccidermi -
L'uomo rimase in silenzio. Era stato avventato, questo era certo, ma ora tutto ciò che voleva era chiarire quello sgradevole malinteso.
- Ero... ero nel panico - disse con un filo di voce - Credevo... credevo che mi volessi arrestare -
- Oh, e cosa hai fatto per pensare a ciò? -
Hobbes abbassò lo sguardo con diffidenza.
- Ah, - disse Locke - Ho toccato un tasto delicato. Vediamo, dunque, sei schedato? -
Lui annuì.
- Generalità, ora.-
- Hobbes Garmin.- disse lui.
- Città natale?-
- Varèsias.-
Locke aggrottò le sopracciglia.
- Come, scusa?-
- Varèsias.- ripetè Hobbes.
Locke digitò qualche tasto del suo PC, ma tutto ciò che trovò di relativo a quel nome era solo una marca di marmellate.
- Non... non esiste nessuna città con quel nome.- sbuffò Locke, stanco.
Hobbes strabuzzò gli occhi.
- Dev'esserci un errore... la mia città si chiama esattamente così...-
L'ispettore passò altri minuti a controllare l'intero Web in cerca di quella città inesistente con l'unico risultato di ritorvarsi con i nervi più che provati.
- Ascolta...- disse infine Locke - Dimentichiamo l'intera faccenda del'agressione, va bene? Aspettiamo che tu sia lucido e sentirò una tua versione dei fatti più dettagliata, va bene?-
- Giuro che non sto mentendo! E sono in pieno possesso delle mie facoltà mentali!- disse Hobbes, con una reazione che allarmò Locke - So quel che ho visto... ero nella mia città... camminavo, e tutto ad un tratto... quelle creature con gli occhi ambrati...-
- Ho sentito abbastanza- concluse Locke - Vieni, ti porto in cella.-
Fu in quel momento che i sensi di Locke scattarono. Non appena video che Hobbes gli si stava nuovamente per avventare contro, cercò con estrema rapidità la pistola. Il braccio dell'uomo arrivò per primo e gli bloccò i movimenti. Locke iniziò a sudare. Si ritrovò completamente in balia di Hobbes senza che quasi se ne fosse accorto. Già sentiva il rumore della mano dell'uomo che si avvinghiava al suo collo, la mancanza del respiro e un forte male alla testa. Tutte queste sensazioni si rivelarono, poi, un mero riflesso della paura scaturita da quell'azione improvvisa. Hobbes teneva Locke per il braccio saldamente, senza lasciarlo e senza muovere un muscolo. Gli occhi dell'omone erano rivolti ad altro. Aveva uno sguardo impaurito e spossato, e le sue pupille erano contratte. Locke si voltò istintivamente di spalle. Ciò che Hobbes aveva tentato di fare con quel gesto non era altro che tirare a sé l'ispettore in modo da evitare che venisse ucciso da quelle creature nere, comparse improvvisamente sulla parte opposta della scrivania. Il loro sguardo dorato e truce rimase impresso negli occhi dell'agente.


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view post Posted on 23/7/2012, 20:42
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Blue Eyes Whitemushroom

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Wow, che dire, ormai vi davo quasi per dispersi!
Sette mesi per un capitolo ne sono valsi la pena se è scritto così bene, potrebbe essre davvero l'inizio di un libro, con un sacco di descrizioni del posto giusto al momento giusto ... l'inizio con la descrizione della città sembrava quello del Lago di Como nei Promessi Sposi.
Beh, gli Heartless sono entrati in pista. Vi dirò la verità, da una prima descrizione ero sicurissima che l'uomo che si è rivelato Hobbs in realtà fosse Lexaeus, un po' per la taglia massiccia ed il fatto che fosse silenzioso.
Non è un caso che si mangino biscotti, vero?
 
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view post Posted on 23/7/2012, 20:54
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The acid Queen in a psychedelic scene

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Wow, non vedevo l'ora di leggere la vostra storia, mi fa piacere che alla fine siate riusciti a postare almeno un capitolo :)

Locke e Hobbes, eh? Com'e' tutto questo amore per la filosofia? XD
Comunque mi piace come avete reso Locke nella prima parte, scapolo disordinato, prigioniero della routine, impigrito, un po' asociale e che sogna qualcosa di grosso che dia un senso alla sua vita (anche se onestamente immaginavo che uno arrivato a tal punto fosse un po' piu' vecchio, invece e' ancora giovanissimo!). Lo avete caratterizzato molto bene, in appena un paragrafo avete reso benissimo l'idea di chi e' lui e della sua vita, sono riuscita a inquadrarlo molto bene.
Simpatico anche Richard, l'amico spiritoso XD
Promette molto bene, sono curiosa di vedere come continua :)

CITAZIONE
da una prima descrizione ero sicurissima che l'uomo che si è rivelato Hobbs in realtà fosse Lexaeus, un po' per la taglia massiccia ed il fatto che fosse silenzioso.

Aahaha, pure io effettivamente!!!!
 
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Arimath
view post Posted on 24/7/2012, 10:48




Capitolo letto con molto piacere devo dire :) .
Ottimo in generale, in particolar modo il primo pezzo, cioè la descrizione della città e di Locke. Interessante devo ammetterlo, dopo aver letto un righo volevo saperne sempre di piu. Il personaggio di Richard mi è piaciuto particolarmente, forse perchè è il simpaticone di turno, oppure perchè ha cambiato così velocemente personalità diventando anche serissimo. Hobbes che dire, il Lexaeus di turno XD citando le ragazze, ma anche lui interessante come personaggio, carino il fatto di come si ricordi degli occhi ambrati :), che ho capito essere Heartless dalla seconda volta che lo avete detto, anche se lo stratagemma di fuorviare i miei sospetti con l' osservazione di Richard, quella dei lampioni ecc., è stata assai furba :). Comunque non vedo l'ora di leggere il prossimo capitolo :).

CITAZIONE
- Allora, dimmi. Che ci facevi svenuto in un prato? Chi ti ha ridotto così?- chiese Locke a Hobbes.
- Ti sei cacciato nei guai o è la solita sbronza del sabato sera?- disse Richard.
- Hai una famiglia? Parenti? Amici? Qualche cavolo di riferimento?-
- Che cosa fai nella vita?-
- Quanti anni hai?-
- Maschio o femmina?-
- Richard...- lo rimproverò Locke. - Ti prego.-

Trollol XD
 
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10superflex1
view post Posted on 3/8/2012, 11:59




Buongiorno^^
Con un po' di ritardo sulla tabella di marcia (ho una tabella di marcia? °°) ecco il mio 7° capitolo : D
Adesso mi toccherà lavorare all'ottavo xD
Buona lettura^^

Capitolo 7: Un dolce amaro

Io e Formaggino continuavamo il nostro lungo, straziante viaggio.
Sono sempre stata una persona pigra io, non ho mai fatto più di dieci metri dal mio divano se non per il telecomando io, ed adesso, io, costretta a trovare uno stupido Coso, ero in viaggio in un mondo che non conoscevo minimamente.
Mi chiedevo come faceva quel panzone di un fantasma a non essere stanco...Sarà la Nutella...
-Allora Formaggino, immagino che dovrò affrontare una seconda prova. Cosa mi aspetta?- Gli chiesi. Lui, intento a smangiucchiare delle patatine, mandò giù il boccone ed ancora sporco di briciole mi disse: -Come ti ho già detto, sono sorpassate ormai, c'è un'unica prova che ti aspetta al tempio.- Sbadigliò stiracchiandosi.-Niente di ché, lo scoprirai presto.-
-Come ti pare...-
Continuammo così il nostro viaggio, il paesaggio, che all'inizio mi aveva incantato, adesso stava iniziando a darmi sui nervi. Monotono, fin troppo: prato, prato, prato e prato. Forse mi era caduta della vernice verde sugli occhiali e non me ne ero accorta...
Avevo quasi l'impressione che stessimo girando in tondo, ma, prima che chiesi qualcosa a Formaggino scorsi in lontananza un edificio, che ad occhio e croce sembrava fatto di...Di...Ehm..Di cosa? Non si capiva bene, sembravano quei bastoncini caramellati bianchi e rossi...Forse era solamente una mia impressione.
-Formaggino, è quello il Tempio del Coso Magico?- Gli chiesi, sperando in una risposta positiva.
-Sì, ci siamo quasi. Ancora una decina di minuti ed arriveremo.-
Ci affrettammo, non stavo più nella pelle. “Sì! Non manca molto! Tra poco smetterò di camminare!” Pensai entusiasta. Iniziai a correre ed il fantasma mi venne dietro arrancando, eccolo, era sempre più vicino! Adesso potevo vederlo chiaramente, un enorme edificio...Fatto veramente di bastoncini caramellati! “Ohhhh me gusta mucho!”
-Fico è?...- Disse Formaggino mezzo morto.-Coff..Eccolo, il Tempio del Coso Magico, in tutto il suo splen....Un momento, mi stai ascoltando?-
-Caramelle.....!- Urlai abbracciando il tempio.-Lasciatemi qui!-
-Ehi, Vang....VAAAANG!- Disse quasi strozzandomi.-Mi ascoooolti?!-
-Eh...Chi? Cosa?- Dissi guardandomi attorno intontita. Per un attimo mi sembrò di aver perso conoscenza.
-Non mangiare il Tempio, non mangiarlo fa parte della prova e te la stai fallendo!- Mi rimproverò lui, come se potesse sembrare serio con quella Nutella in mano.
-Ah..Scusa.- Dissi.-Ehm...Allora, l'entrata?-
Per di qua, disse facendomi strada. Il portone altri non era che una gigantesca tavoletta di cioccolato, fondente ad occhio e croce, presieduta da un vecchietto con una lunga barba bianca, appoggiato ad un bastone.
-Non sapevo fosse una casa di cura per vecchietti questo luogo.- Dissi ironica.
-Infatti non lo è.- Replicò il fantasma.
-Come ti pare. Comunque, buonasera, ci farebbe passare per favore?- Chiesi al vecchio.
-You shall not pass!- Disse lui.
-Senti amico, fammi passare, è per il bene del mio mondo.- Dissi cercando di persuaderlo, ma fu tutto inutile, non mi diede retta ed iniziò a fare “blablabla” tappandosi le orecchie.
-Dai! Non ti prendo per i fondelli!...- Gli urlai. Lui sembrò sentirmi, infatti mi guardò e si levò le mani dalle orecchie.
-..Uhm...Dammi 20 euro e ti farò passare.- Disse poi.
-Ah, pure il pedaggio? Penso che mi toccherà proprio sganciare...- Stavo tirando fuori il portafoglio, quando sentimmo un gigantesco rumore assordante alle nostre spalle.
Un'astronave, una colossale astronave bianca era appena atterrata davanti al tempio.
Da essa uscirono fuori diversi esseri. Quel che mi stupì è che gli uomini erano molto, molto simili a mio padre e le donne a mia madre.
-Diamine! Hanno clonato la mia famiglia!...O...O peggio!- Esclamai.
-Peggio cosa? Non mi dire che è ciò che sto pensando io....- Fece il fantasma abbastanza preoccupato.
-Sì Formaggino, quelli sono i Vanghesi!- Gli urlai.
-Buonasera.- Ci salutò una voce famigliare. Un uomo si fece largo tra il gruppetto, ahimè era Ray ed accanto a lui c'era anche Toald. “Non bastava la camminata stressante, adesso ci si mette anche lui.”
-Ray! Non potevi restartene a casa tua per una volta?!-
-Tzk..Ti piacerebbe, eh? Non ti faccio rovinare i miei piani con così tanta facilità.- Disse lui.
-Ohhh sentilo. Anche tu stai rovinando i miei piani!- Gli urlai di rimando.-Non ti farò prendere il Coso Magico!-
-Idem. Perché non ti fai una chiacchieratina con i tuoi amichetti Vanghesi mentre io prendo il Coso? Voi,- Disse rivolto ad alcuni Vanghesi.-buttate lei, il fantasma e quel vecchio nella prigione dell'astronave. Voi altri venite con me. Toald, te resta qui. È pericoloso lì dentro.-
Così, un tizio grande e grosso ci butto in prigione, in una brutta e schifosa prigione priva persino di una sediolina od un posto dove sdraiarsi.
C'era solamente una lampadina mezza rotta che si sarebbe fulminata molto presto e delle sbarre in un materiale strano che non sembrava né acciaio, né ferro.
-Dici che ci sono dei ragni qui dentro? Brrr...- Chiesi a Formaggino.
-Molto probabile, sai, Tarantole, Vedove Nere, Malmignatte, ragnetti dalle zampe lunghe di cui non so il nome...Ma niente di ché.- Mi disse lui con molta tranquillità.
-Ti sei appena beccato un biglietto di sola andata per l'Inferno.-
Cercai di non pensarci....Altrimenti mi sarebbe servito un pannolino...
Mi guardai attorno, cercando di distrarmi e di analizzare la cella. Le sbarre a quanto pare erano troppo dure per essere spezzate. Sopirai, avrei dovuto trovare un'altra soluzione.
Nel frattempo che cercavo di pensare ad un modo per evadere sentii un rumore di passi avvicinarsi. Dei passi leggeri, ciò implicava che non fosse un tizio grande e grosso che voleva farci del male.
-Chi va là?!- Gridai avvicinandomi alle sbarre.
-Sono io, sono Toald.- Disse avvicinandosi con una torcia per fare luce. Non era cambiato di una virgola, ma infondo era passato solamente qualche giorno...
-Ma guardalo...Mr.Traditore è venuto a farci una visitina.- Feci io, ironicamente.
-Non ti conviene parlarmi così. Sei in una cella o mi sbaglio?-
-Oh-oh...Ma che paura! Guarda che lo so che non torceresti un capello a nessuno.-
-Non è vero!- Urlò buttando a terra la torcia ed afferrando le sbarre. Era scattato come una molla, per poco non mi fece prendere un colpo...
-Ohhh, sì che è vero.- Gli dissi guardandolo dritto negli occhi. Avevo giusto un'idea per evadere. Chissà, forse per quanto strampalata avrebbe funzionato.
-Dimmi, hai le prove?!- Chiese lui.
-Perché non entri e ci fai vedere quanto sei cattivo allora? Picchia Formaggino, dai. Sono sicura che non faresti mai del male ad una creatura morbidosa come lui.-
-EH? Ma cosa centro io?!- Gli diedi una leggera gomitata e bisbigliando gli dissi di assecondarmi.
-Credi che non ne abbia il coraggio?- Disse entrando e tirando un pugno a Formaggino.-Vis...Ma che..!?- La pancia di Formaggino, un enorme ammasso gommoso contenente schifezze di ogni genere, “inglobo” il braccio di Toald.
-Grande! Tienilo fermo, io vado a prendere il Coso!- Scappai dalla cella lasciando Toald ed il fantasma lì, avevo una missione, fermare Ray.
“Certo che sono proprio scemi a non lasciare nessuno a guardia delle celle...Persino Rocky non lo farebbe!” Pensai continuando a correre.
Ero quasi vicina a quella che probabilmente era l'uscita, quando sentii dei mugolii provenire da una cella sulla mia destra. Mi fermai un secondo, magari se avrei liberato chi era all'interno di quella cella mi avrebbe aiutato.
Mi avvicinai lentamente e con mio grande stupore vidi indistintamente delle figure familiari all'interno della cella.
-Per dindirindina! Michele, Raffaele, siete voi?!- Esclamai di colpo, notando gli inconfondibili completi candidi.-Cosa ci fate qui?!-
-Vang..? Sei tu?- Disse uno dei due avvicinandosi alle sbarre e stropicciandosi gli occhi.-Te cosa fai qui piuttosto?-
-Devo recuperare il Coso Magico. Ne va del destino della Terra. Con l'aiuto di un amico sono riuscita a far entrare quello stupido di Toald nella cella ed a bloccarlo lì. Sapete, adesso lui sta dalla parte di Ray, ossia suo padre, colui che ha reso malvagio Babbo Natale. Certo, adesso Babbo Natale sta dalla nostra parte, ma...-
-Non preoccuparti, sappiamo già tutto.- Disse l'altro alzandosi.-Ci siamo rifiutati di obbedire a Ray, così ci ha spedito qui, anche se la storia del Coso ci è nuova.-
-Vi farò uscire.- Gli dissi. "Più siamo e meglio è."
-Ottimo. La porta si apre solo dall'esterno, c'è una piccola centralina dove va inserito un codice. Sono riuscito a sfilare dalla tasca di un controllore un bigliettino con su scritto vari codici. Provali tutti, non sappiamo quale sia quello giusto.-
-Ok.- Iniziai ad inserire i vari codici, ma nessuno di quelli che digitavo era quello corretto. Finché, dopo una decina di minuti, non li esaurii. -Niente da fare. Questi non vanno.-
-Vorrei ben vedere.- Fece una voce alle mie spalle.-Non siamo così stupidi da farci fregare così facilmente. Questo posto è disseminato da telecamere, abbiamo visto tutto e naturalmente abbiamo messo K.O. Quel fantasma panciuto.-
Mi girai di scatto. Nel bel mezzo del corridoio, un uomo, con indosso un vestito così strano da fare invidia a Lady Gaga, era accompagnato da cinque guardie e da Toald naturalmente.
-Trucco stupido il tuo, ma te lo concedo, ha funzionato.- Disse aggiustandosi gli occhiali.-Mi presento, sono Hern the Vang, uno dei dieci membri del Gran Consiglio Vangoso!-
-Sì e scommetto che sei qui per punirmi in nome della Luna....Fammi il favore. Ti avverto, conosco il Karate, il Kung-fu, il Ninjistu ed altre sedici parole pericolose. Non ti conviene provocarmi.- Gli dissi.
-E sentiamo Vang, cosa vorresti fare? Non mi freghi più.- Disse Toald.
-Uhm...Fatti da parte.- Mi avvicinai a loro, molto lentamente. Poi, volsi lo sguardo alla parete di una cella e dissi:-Se è vero che noi Vanghesi siamo tutti uguali, bé, ho una brutta notizia, sia per voi che per me.- Chiusi un attimo gli occhi e feci un gran respiro.-...RAAAAGNOOOOO! AHHHHHHH! SI SALVI CHI PUÒ! MAAAAMMAAAA!-
In un attimo scoppiò il putiferio, le guardie e quel tale, Hern, iniziarono a scappare a destra e a manca urlando: “Dove?! Oddio, fa qualcosa! Uccidilo! Uccidilo!”
-PRESTO, PRESTO! SCAPPATE! HO PAURA CHE TRAMI UN ATTACCO A SORPESA VERSO DI VOI! VI GUARDA STORTO!- Gli urlai correndo in tondo.
-SÌ, HAI RAGIONE, SU, ANDIAMOCENE!- E così, se ne andarono velocemente come erano venuti.
“Perfetto, guardie ed Hern, neutralizzate.”
-Non ci credo...Come diavolo hai fatto...?- Chiese Toald rassegnato.-Andiamo, tutti questi trucchi del cavolo non possono funzionare tutti.-
-Che dire, te comunque non ci riuscirai mai...Tutta classe.-
-Come no...Comunque, questo ragno? Non scappi? Non dirmi che te lo sei inventato...-
-Già. Vedi Toald, non potrai mai fregare me. In un modo o nell'altro riuscirò a farti ritorcere tutto contro. Sentiamo, adesso che sei finalmente insieme a tuo padre come ti senti? Forse è una mia impressione, ma mi sembra che tu gli sia solamente d'impiccio. Per non parlare di tua madre, non so, ma conosco Maria molto meglio di te. Credimi, una cosa che non le piace è non fare come dice lei e non mi è sembrata molto felice quando Ray l'ha portata con se.- Risi, ma lui rimase in silenzio.-Su Toald, non rispondi? Non voglio farti sentire male dicendoti ciò, ma è la verità. So che stai soffrendo e mi dispiace, ma ormai dovresti averlo capito da solo: la tua famiglia non è questa.-
-....- Gli feci pat-pat sulla testa e gli tendei la mano. Lui mi guardò, piuttosto adirato, ma da una parte penso che avesse capito che avevo ragione.
-Prendiamo il Coso e torniamo tutti a casa sulla Terra, va bene?- Lui mi guardò, poi mi strinse la mano, infondo, o così o pomì.-Sì, va bene. Il codice della cella è 35-7B-8AX.-
Digitai il codice e liberai Michele e Raffaele, che nonostante tutto abbracciarono Toald.-Andiamo.- Gli dissi.-Liberiamo Formaggino e prendiamo il Coso.-
Tornammo indietro di corsa e rianimammo il fantasma con una tavoletta di cioccolata che avevo nello zaino, poi, tutti insieme sfondammo la porta, anche se non ce ne era bisogno, ma così fa più film ed andammo al tempio.
-Allora, qualcuno sa la strada?- Chiesi.-Qui è tutto un labirinto.-
-Spiacente. Tom-tom a casa. Comunque, io un'idea ce l'avrei: Formaggino, te sei un fantasma, puoi passare attraverso i muri no? Quindi puoi recuperare il Coso e tornare indietro!-
-Spiacente ragazzino...Sigh...È triste ammetterlo, ma non ho mai imparato a passare attraverso i muri...Poi sono troppo grasso, non ci passo santa miseria!-
-Ho capito, dovremo camminare.- Dissi rassegnata. "Come può un fantasma non saper passare attraverso i muri?...Sigh..."
Dopo un po' giungemmo in un'enorme stanza, i cui muri erano talmente rovinati che i bastoncini che li componevano avevano assunto un color verde muffa..“Bleah...Che orrida visione.”
Al centro della stanza c'erano tre leve: sulla prima c'era scritto “Non premere”, sulla seconda “Non succederà nulla” e sulla terza “È quella giusta.”
Stando alla logica dei film horror, dove l'ignorante di turno preme quella che all'apparenza sembra la meno pericolosa e poi muore, decisi di azionare la prima leva.
La tirai, ma non successe niente.
-Bé? Tutto qui? Che abbiano invertito le scritte?-
-Non credo, come fanno? Sono scolpite...Uhm...A proposito...Cos'è questo odore di caramello?- Chiese Raffaele annusando l'aria come un cane poliziotto.
-Caramello?- Fece Michele in risposta.-Ti starai sbagliando...-
A poco a poco iniziò a piovere qualche gocciolina di una sostanza dorata ed appiccicaticcia.
Dapprima fu una pioggerellina lieve, poi iniziò a trasformarsi in un vero e proprio uragano.
Volevano annegarci nel caramello?!
-Scusami Vang, ripetimi ancora qual'era la leva giusta?!- Urlò Toald col caramello alla gola.
-E cosa potevo saperne io?! Piuttosto, fai qualcosa tu! A che serve un Dio che non sa fare niente? Tanto vale pregare il Dio Rock di Rocky a questo punto!-
-Ehi, mica l'ho scelto io come lavoro questo! Bgfsfs...Coff..Soffoco!-
Raffaele e Michele tendettero gli orecchi ed all'unisono urlarono, mezzi soffocati anche loro, “signorinoooo!”
-Ci penso io al caramello! Raffaele, assicurati di farli sopravvivere in questi cinque minuti! Io vado! Il signorino ha bisogno di me!- Dette queste “eroiche frasi” scomparve nel caramello e per qualche minuto non lo vedemmo più, poi, quando tutto stava per finire, il caramello iniziò a scomparire e pian piano non ci fu più.
Noi, tutti zuppi ed appiccicaticci fino all'osso, vedemmo Michele con degli attrezzi da idraulico ed un cappellino rosso con una “M” sopra.
-Super Mario...Sei tu?- Dissi mezza intontita.
-Ohhh no, lui è il mio sensei però! Comunque, tutto bene? E te fantasma?-
Formaggino si riprese un attimo, poi si guardò un po' attorno e disse: -Il caramello? Dov'è? Sniff...Era sempre stato il mio sogno affogare nel caramello....Bhuuuuu!- Poi scoppiò a piangere.
-Sì, sta bene. Confermo.- Scossi la testa.-Bene, suppongo che allora la leva giusta sia la terza.- Tirai la terza leva, si sentì un rumore, poi si aprì una porta.-Bene, proseguiamo.-
Dinnanzi a noi c'era un grosso corridoio, non erano presenti trappole, infatti lo attraversammo brevemente. Alla fine di questi c'era un bivio.
-Andiamo a destra o a sinistra?- Chiesi.-Stavolta non c'è neanche un'indicazione...Dubito che buttare a casaccio ci aiuti...-
-Andiamo a destra.- Fece Toald, che passò in testa al gruppo e si piazzò lì davanti.
-Come mai ne sei così sicuro?- Gli chiesi.-Non ti starà venendo in mente di tradirci di nuovo, vero Toald?-
-Perché non ti fidi di me? Magari è stata solamente una mia impressione, ma mi è sembrato che da quando ci siamo rivisti mi tratti diversamente.- Disse lui seccato.
-E come dovrei trattarti? Hai preferito andartene con Ray, che, capisco sia tuo padre, ma non puoi non dirmi che non sapevi chi fosse e cosa avesse fatto. Ah, per non parlare dei suoi nuovi amichetti...Spero che tu sappia chi sono.-
-Sì, sì lo so. Smettila di rimproverarmi...Vanghese...- Disse in risposta.
-..Ohhh si mette male..Forse è meglio lasciarli stare..- Bisbigliò Formaggino.-Ehm...Noi andiamo a sinistra, non preoccupatevi per noi...Ciao-ciao!-
Vedemmo Formaggino ed i due arcangeli allontanarsi prendendo la strada a sinistra.
-Secondo voi abbiamo fatto bene a lasciarli soli?-
-Non credo, ma sarebbe stato peggio intromettersi nella loro discussione.-

Toald era cambiato e si vedeva. Non era più il Dio depresso di qualche giorno fa, adesso mi ricordava più Fred, la prima volta che lo abbiamo incontrato.
Niente che non potevo gestire, ma in quel momento era meglio non fare passi falsi.
-Io sarò anche una Vanghese, ma almeno ho degli amici e non sono depressa come te..- Dissi.
-E con questo? Io sono Dio, me li creo da solo gli amici.- Mi disse tutto convinto.
-Ma non saranno mai come quelli veri.- Gli spiegai.
-Cosa vuoi saperne?- Chiese lui, sicuro che non gli avrei dato una risposta.
-A prescindere dal fatto che sei un imbranato e non riusciresti a creare una formica senza l'aiuto di tuo zio, non riusciresti neanche a parlarci e ti rintaneresti in un angolino a piagnucolare...Come un bambinone.-
-Non è vero!- Urlò.
-Non è vero che non è vero!- Urlai.
Restammo così, immobili per qualche minuto, poi, senza guardarci continuammo a camminare.
“Quell'ignorante, non capisce mai quando è il momento di riflettere, odio quando fa così, deve smetterla, sta diventando insopportabile. Ancora non capisco perché mi preoccupo così tanto per lui, insomma è sufficientemente grande da capirlo da solo, non devo essere io a dirglielo.”
Mi fermai e feci un grande respiro. Toald si girò.-Cosa c'è adesso?- Mi chiese.
-Continuo da sola.- Gli dissi.
-E perché mai quest'idea adesso?-
-Perché mi va. Certamente non sarà un depresso come te a fermarmi.-
-Bene.- Disse.
-Bene.- Risposi.
Ci demmo entrambi le spalle ed iniziammo a camminare.
Due passi, tre passi ed ecco che improvvisamente ci girammo: ci guardammo dritti-dritti negli occhi, poi, avanzando lentamente, ci posizionammo ad un palmo l'uno dall'altra.
-È il momento...- Gli dissi.
-Già, lo so.- Mi rispose.
-Ho sempre aspettato questo momento.- Gli confessai.
-Allora facciamolo e leviamoci il pensiero.-
Mi appoggiò le mani sulle spalle e lo stesso feci anch'io, pronta e decisa.
Socchiudemmo gli occhi e contammo fino a dieci, poi....Iniziammo a spintonarci come dei deficienti nei film americani.
-Stupido depresso!- Urlai buttandolo a terra.
-Nevrotica occhialuta!- Strillò alzandosi e buttando me a terra a sua volta.
-Ignorante di uno spilungone!- Continuai spintonandolo.
-Tappetta isterica!- Fu la sua risposta.
Continuammo così per una buona decina di minuti, poi, decisi di farla finita.
“È il momento.”
Sfoderai la miglior arma difensiva contro un uomo: calcio nei punti bassi!
-...Mamma...- E cadde a terra ruzzolando per la via.
-Visto? Vanga uno, Toald zeeeerooooo!?!!- Inciampai rovinosamente e ruzzolai anch'io giù di sotto. "Ok, Vang ha fatto l'ennesima figura di mer..." Pensai mentre ruzzolavo.
Finii in una botola che si aprì improvvisamente e sbattei il didietro sul pavimento.
Mezza intontita mi guardai attorno: mi trovavo in una stanza completamente fatta di cioccolato, l'odore era inconfondibile, dove si ergeva maestoso un altare, sulla cui cima brillava qualcosa, il Coso probabilmente.
Sentii dei mugolii provenire da un lato della stanza, alle mie spalle, così mi girai.
-Toald? Anche tu qui?...Vedo che sei ancora dolorante, quante storie che fai, per un calcio...-
-....Aspetta che mi riprendo....- Disse con la voce rotta.
Gli diedi una mano ad alzarsi.-Dai, prendiamo il Coso e ritroviamo gli altri.-
-Come facciamo a prenderlo?- Chiese lui.
-Semplice, mangiamo l'altare.- Gli dissi come se fosse una cosa normalissima.
-Forse mi hai scambiato per Formaggino....Non hai visto quanto è alto quello stupido altare?!-
-Suvvia, basterà mangiare la base, poi cadrà. I castori fanno così e funziona.-
-Ti vedi troppi cartoni animati..Comunque, se non c'è altro modo...-
-Perfetto, vai Toald.-
-Io? E te?-
-Mi piace la cioccolata, ma se la mangiassi tutta ingrasserei. Te sei un dio infondo, puoi dimagrire con uno schiocco di dita.-
-Per te sono Dio solo quando ti fa comodo...-
-Ovvio no? Ed adesso zitto e mangia.-
Nel frattempo che Toald mangiava l'altare di cioccolata io ero lì di vedetta, ferma ed immobile d'innanzi alla porta.
Purtroppo il cioccolato attutiva i passi, così non era possibile sentire l'avvicinarsi di qualcuno. L'unica cosa che mi restava da fare era starmene lì ed aspettare se vedevo qualcuno, cosa abbastanza inutile, dato che ero mezza cieca. Fortunatamente gli occhiali non si ruppero durante la caduta...
Toald aveva quasi finito, quando, improvvisamente, sentimmo una risata e ci guardammo a torno allarmati.
-Che diamine era?!- Esclamai.
-Non lo so, ma ho la vaga impressione di starmi per sentire male....-
Un lampo improvviso ci abbagliò. Dopo qualche secondo vedemmo una figura spuntare in mezzo a quelle luci, che pian piano andavano spegnendosi.
Aveva un so che di famigliare, un qualcuno di già visto, che conoscevo. Quando il bagliore si spense del tutto riuscii finalmente a mettere a fuoco.
-Raffaele? No, no, Michele!?- Gli chiesi.-Ehm...Anzi no..Penc..Ehm...Chi sei?-
-Io sono Gabriele. Sono stato inviato qui da Shàit.- Disse lui con tono calmo e fermo.
-Come?- Mi presi un meritato secondo per una pausa di riflessione.-U-un momento, se sei arrivato fin qui non potevi prenderlo te il Coso?-
-Nessuno, a parte il prescelto, può toccare il Coso. Altrimenti verrà corrotto dal suo potere.-
-E con questo? Non potevi teletrasportarmi qui?! Avrei evitato la camminata...-
-Per chi mi hai preso? Un taxi ambulante?- Sospirò massaggiandosi le tempie.-Inoltre Shàit sapeva che Ray sarebbe venuto con suo figlio, ha quindi pensato che questa potesse essere un'ottima occasione per riprendersi suo nipote. Quel pazzo di Ray è fin troppo attaccato al figlio per lasciarlo solo...Persino con sua madre. Uhm...A proposito, perché è a terra ricoperto di cioccolata?-
-Bé, in un modo o nell'altro il Coso dovevamo prenderlo no?-
Gli si avvicino, poi gli gironzolò in torno ed infine, dopo un accurata analisi gli diede un calcio nel didietro ed iniziò ad urlargli nelle orecchie.
“Alzati fannullone!”, “Mozzarella svegliati!”, “Piccolo roditore delle pianure Pontine, alzati!” e così via, finché non si sollevò tremante sulle gambe.
-Ah...Che mal di pancia...- Mugolò portandosi le mani sullo stomaco.-E con questa sono due...Oh..Vang, prima o poi me la paghi..!-
L'angelo gli diede uno spintone.-Ignorante! Ti sei scordato che tua madre è un angelo? Anche tu puoi volare, scemo!- Camminò verso di me e sbuffando mi disse:-Credimi, ha ripreso tutto da suo padre...-
-Già, non ne dubito. Comunque, l'altare ha ceduto, prendiamo il Coso ed andiamocene. Poi, quando starà al sicuro al castello di Shàit, torniamo a prendere gli altri, se non sono già tornati, ma non credo.-
-No ragazzina, dopo quel tuo tiro mancino nella prigione dell'astronave non andrai molto lontano!-
Mi girai e con orrore vidi Hern ed i suoi sottoposti insieme a Ray...In più c'erano anche Formaggino, Michele e Raffaele con loro, li avevano catturati!
-Lascia il Coso!- Mi urlò Hern.-Altrimenti facciamo fuori questi tre!-
-Non lascerò questo Coso così facilmente: ho camminato, sono finita nelle vostre schifosissime prigioni, sono stata quasi affogata dal caramello ed adesso vuoi che lo molli? Tzk..Per chi mi hai preso? Non sono né un dio depresso, né tanto meno un Vanghese qualunque; io sono Vang, ricordatelo!-
-E scommetto che sei qui per punirmi in nome della Luna, giusto?- Mi fece eco Hern, facendomi ricordare ciò che gli dissi nella prigione.
-Ehi! Quella era la mia battuta! Ma guarda un po' tu...Comunque, non lascerò il Coso, stanne certo.-
-Sì che lo lascerai! Voi, prendetela!- Urlò alle guardie.
I suoi scagnozzi mi si avvicinarono, così, prontamente, sollevai le braccia col coso in mano ed urlai:-Avanti potere del Coso! Attivati!....Ehm...Ti attivi?-
Quei gigantoni stavano per saltarmi addosso, ma improvvisamente una strana forza li respinse.
-Evviva! Vanga 2, Hern 0! Coffcoff..Tanto per ricordartelo...Coffcoff..- Esclamai tutta felice.
-Oh e andiamo...Ray, fa qualcosa...- Biascicò adirato.
Lui si guardò attorno, poi il suo sguardo calò su Toald. -Ehi, un momento, Toald cosa ci fai lì?!-
-Come cosa faccio qui? Non capisci? Sto di nuovo con loro adesso!- Disse al padre.
-COME?! Ignorante di un ragazzino! Prendi il Coso e ritorna qui!- Gli urlò.
-NO!- Disse con tono di convinzione.
-AHHHH!-
* STUMP! *
Una forte folata di vento attraversò la stanza ed in un nanosecondo ci scaraventò tutti al muro, compresi Formaggino ed i due arcangeli.
A causa dell'impatto il Coso mi scivolò di mano e finì a metà strada tra me e Ray, la classica sfortuna tornava a farmi visita.
Non riuscivo ad alzarmi, era come se qualcosa ci inchiodasse al muro, come se delle pesantissime catene ci tenessero bloccati lì e purtroppo, nel frattempo, Ray avanzava ridendo malvagiamente fino a trovarsi il Coso a pochi centimetri.
Si chinò e lo prese tra le mani osservandolo con attenzione: aveva le fattezze di un cubo di Rubik, anche se era trasparente, ed una piccola sferetta viola all'interno, che doveva essere sicuramente la sua fonte di potere. Ray emise un sospiro di sollievo e guardandomi disse:-Vedi Vang, avresti potuto risparmiarti il restare qui per l'eternità se mi avresti dato il Coso prima, mentre adesso...Bé, è troppo tardi, per riparare.-
-Hai intenzione di lasciar morire qui anche tuo figlio, il tuo UNICO figlio? Pensaci bene!- Gli urlai di rimando.
-Chi? Quel traditore? Ha scelto di restare con voi e quindi di tornare dal suo ziuccio...Se quel “perfettino” di mio fratello tiene veramente a lui, come a tutti voi mocciosetti, tonerà qui e vi aiuterà...Sempre che non moriate prima, ovvio. Comunque, io vi saluto, è stato un piacere.-
-Eh eh...Vang, chi è che ha vinto alla fine, eh? Bene Ray, adesso dammi il Coso, lo porterò su Vangolandia e...- Disse Hern.
-No. Ormai te non mi sei più utile. Andrò da solo su Vangolandia ed attiverò il P.M.A.E.- Scaraventò al muro anche lui.-Ah, e grazie per le chiavi della navetta...Mhuahahahah!-
-Un momento! Credi che ti lasceranno attuare il P.M.A.E. così? Senza reagire? Sei un illuso! Non puoi respingerci tutti! Inoltre cosa diranno quando ritornerai ed io, un membro del Consiglio, non sarò con te? Cosa ti inventerai?!-
-I tuoi sciocchi coetanei si fidano di me, figurati se gli importerà di te, sei una nullità Hern, ti hanno promosso a consigliere solamente perché sei il figlio del re...Il figlio minore...Figurati se mancherai a qualcuno quando dirò che sei morto durante la missione. Inseguito attuerò i preparativi per il P.M.A.E. ed infine, quando sarò sicuro che niente potrà fermarmi, azionerò la macchina e sterminerò chiunque si intrometta. Col Coso dalla mia parte nessuno potrà fermarmi!-
Detto questo fece crollare l'entrata e scomparì in una nube oscura.
Eravamo riamasti lì, soli, ancora intrappolati ed incapaci di muoverci...“Quasi non mi sento più le gambe...” Pensai tristemente.
-Ehm...Senti Hern,- Gli dissi.-dato che sei stato fregato anche tu da Ray, perché non ci dai una mano?-
-Darvi..Una mano?- Chiese.
-Sì, sei sordo?- Disse Gabriele abbastanza scocciato.-Tra umani e Vanghesi non so chi è più scemo...-
-Ah, grazie...- Si girò verso Gabriele guardandolo con aria di sfida.-Parla uno che si è girato tutta il mondo per trovare una donna...-
-Hai idea di quante persone ci siano al mondo? No, non credo.- Sbuffò mormorando qualcosa sottovoce.-Comunque, ho la vaga idea che se non faremo qualcosa resteremo veramente qui per sempre.-
-Non puoi fare qualcosa? Teletrasportarci via, oppure contattare qualcuno tramite il pensiero?- Gli chiese Hern. Gabriele guardò i fratelli e tutti e tre si misero a ridere.
-Amico, non siamo in un film. Più di svolazzare qua e là ed aprire varchi tra il nostro mondo e quello dei mortali non sappiamo fare nulla di ché...Insomma, pensi che non avremo già fermato quel pazzo altrimenti?- Disse Raffaele.
-Non credo sia il momento di perderci in chiacchiere.- Intervenne Toald scrutandosi intorno. Non c'era molto da fare, anche se ci saremmo liberati non potevamo uscire. Eravamo imprigionati in tutto e per tutto. Cercai di prendere fiato ma lentamente le catene invisibili iniziarono a stringersi intorno al mio corpo e notai, senza molto stupore, che anche gli altri stavano lentamente soffocando.
-Aiuto..!- Cercò di urlare Gabriele.-Sono troppo figo per morire!-
-Coff...Piantala! Ho la vaga impressione che più ci divincoliamo più queste cose stringano..!- Ci informò Hern, evidentemente al limite delle forze. Il suo volto, dal pallido colore che aveva prima, divenne paonazzo ed inseguito bluastro.
D'un tratto sentimmo una vocina tremendamente stridula mormorare qualcosa d'incomprensibile, poi, spuntò da sotto una mattonella di cioccolata una grossa formica con occhiali e cravatta, che andandosi a posare sulla spalla di Hern disse:-Non hai tutti i torti giovane!- Disse con quella vocina.-Io sono Eldorado, vivo qui in questo tempio e volendo potrei anche aiutarvi...Certo, in cambio dovrete darmi qualcosa.-
-Coff..Cosa vuoi in cambio?- Gli dissi io, sforzandomi di appiccicare due parole per formare una frase.
-Taglierò corto,- Disse vedendoci mezzi soffocati.-Prima ero uno splendido angelo come questi tre scansafatiche, ma poi, un “tizio” decise di scaraventarmi a calci nel didietro sulla Terra e mi trasformò in questa stupida formica. Sapete, sono stato costretto anche a cambiare nome...Diciamo che se prometterete di trovare un modo per farmi tornare normale vi aiuterò.-
-Penserà un mio amico a questo.- Lo informò Toald.-Adesso liberaci per favore.-
Detto ciò la formica, Eldorado, si mise a fare dei minuscoli solchi sul muro e sentimmo così la stretta che pian piano si allentava. Continuando a scavare arrivò ad un punto in cui trovò un minuscolo perno, o perlomeno poteva essere un piccolo perno, dato che era invisibile. Lo tirò con le sue minuscole zampette e lo estrasse. In un attimo la stretta scomparve del tutto e finalmente fummo liberi di alzarci.
-Grazie.- Gli disse Formaggino mettendoselo sulla spalla.-Adesso dobbiamo uscire.-
-L'uscita è bloccata.- Constatò Michele.-A quanto pare non ci resta che...Mangiare.-
-Cosa? Vi prego no!- Ci supplicò Toald.-Saranno stati almeno due chili quelli che mi ha fatto mangiare Vang! Non possiamo trovare un altro modo?-
Formaggino si fece largo tra di noi e si fermò davanti ad una parete.-State indietro,- Ci disse.-questo è un lavoro adatto a me. E te formichina, tieniti stretto.- Con una capocciata ruppe un pezzo di muro, poi vi si adagiò dentro e, come se fosse una trivella, iniziò a creare un varco mangiando tutto il cioccolato.
“Ben fatto Formaggino, ben fatto.”


Eravamo appena tornati da quella immane disavventura, che Shàit ci salutò con un sorriso spento che non prometteva nulla di buono.
Mi guardai intorno, sperando di intravedere qualcosa che potesse farmi tornare il buonumore: un piccolo unicorno rosa, anzi no, un piccolo, invisibile unicorno rosa.
Sorrisi, poi però, immediatamente ne spuntò un altro, poi un altro ancora ed altri cinque, dieci.....Mi pulii gli occhiali con il panno e me li rimisi sul volto, ma niente...I piccoli invisibili unicorni rosa erano ancora lì.
Mi girai verso Shàit e gli dissi:-Fammi indovinare, è questa la pessima notizia che sicuramente ci avresti comunicato?-
Lui annuì.-Non immaginate...Unicorno ed il Mostro Mangiatutto sono tornati...Uhm...A quanto pare il Mostro era una “Mostra”...Mi stanno distruggendo la casa!- Iniziò a lamentarsi, ma dopo un po' si diede del contegno e passò a cose più importanti.-Allora, avete il Coso? E soprattutto, chi sono questi due tizi?-
Noi ci guardammo tutti, poi tornammo a posare lo sguardo su Shàit, che sembrava piuttosto impaziente.
-Ehm...Ecco, sì, riguardo al Coso....L'ha preso Ray!- Urlai nascondendomi dietro a Formaggino.
Lui continuò a guardare il punto in cui stavo per circa dieci secondi, poi, mooolto lentamente scansò il fantasma e mi si piazzò davanti.-Vang,- Mi disse.-spero tu sia a conoscenza del fatto che hai condannato sia il tuo mondo che il nostro, vero?-
-Lo so, ma...Insomma, che diamine potevo farci? Dovresti rallegrarti almeno un po', ho riportato indietro tuo nipote ed i gemelli, non sei contento?- Gli chiesi sperando che non ci avrebbe ucciso tutti.
-NO.- Disse con decisione alzando la voce.-Ray ha il Coso. Ray userà di certo il Coso. Il primo posto che prenderà di mira sarà questo, poi passerà alla Terra....E...Ancora non mi hai detto chi diamine sono questi tizi.-
-Ah...Lui è il Fantasma Formaggino, lui invece si chiama Hern...Ehm...Come spiegare...È stato lievemente fottu....Ehm...Fregato da Ray che adesso a quanto pare è diretto su Vangolandia per attivare il P.M.A.E....Che sinceramente non so cosa sia.- Gli spiegai.
-È un Vanghese anche lui quindi...- Lo guardò attentamente e si limitò ad annuire con la testa, poi passò ad osservare Formaggino. Si avvicinò a lui e notò Eldorado, la formica.-Un momento!- Urlò.-Ma io ti conosco! Te sei...Te sei quel traditore infame di Lucifero!-
-EH?!- Urlai io.
Poi a mia volta sentii un altro “EH?!” provenire dal corridoio. La voce di Fred, indiscutibilmente.
Lo vedemmo correre accompagnato da gli altri e da Saturno. Arrivò qui, inginocchiandosi al cospetto della formichina ed urlando quasi in lacrime: “Maestro! Oh mio Inferno, mi sei mancato da morire! Dove è stato maestro?!-
Noi tutti ce lo guardammo stizziti, poi pensai: “Naaa, niente di ché, è solamente il solito Fred.”
La Formichina saltò sul naso di Fred ed iniziò a blateragli di quanto fosse patetico ridotto in quello stato, di quanto fosse arrabbiato per non poterlo schiaffeggiare.
-Uff...- Sbuffò la formichina (?).-Io vi ho aiutato e stando ad il nostro patto dovrete farmi tornare come prima. Avanti ragazzino,- Disse riferendosi a Toald.-avevi detto che conoscevi qualcuno in grado di aiutarmi.
Toald, tutto imbarazzato per aver stretto un patto col Diavolo...Quello vero....Guardò lo zio e Saturno in cerca di risposte, ma non ottenne nulla di ché.
-Toald, sai che hai combinato un bel guaio?- Gli chiese Saturno.
-Prima l'Unicorno, poi Vang, poi Toald....C'è qualcun altro che vuole rovinarmi la giornata? Avanti, aspetto.- Disse Shàit seccato.-Saturno, dato che il mio “brillantissimo” nipote si è fatto fregare immagino che non abbiamo altra scelta. Procedi...-
La formichina balzò a terra e si piazzò di fronte a Saturno, che, guardando Shàit con un espressione che diceva chiaramente “devo proprio?” si apprestò a ritrasformarlo.
Mormorò qualcosa di incomprensibile ed un bagliore avvolse Eldorado.
Il bagliore iniziò a crescere, così come la sagoma della formica, che iniziò anche a mutare forma: le antennine e le braccia in più scomparvero, iniziarono a spuntargli le ali e gli esili arti s'irrobustirono e da piccole zampette divennero braccia e gambe. Anche il torace iniziò a cambiare forma ed infine la testa, i lineamenti “umani” iniziarono a farsi vedere ed i capelli spuntarono.
Il bagliore diminuì d'intensità, fino a scomparire del tutto. Ne uscì un giovane, alto e biondo, con gli occhi verdi, vestito in giacca e cravatta (tutti neri), con gli occhiali sul naso.
-Ahhh finalmente!- Sospirò.-Adesso posso schiaffeggiare il mio stupido allievo senza problemi!-
Io guardai Fred ridendo.-Questo qui sarebbe il tuo “maestro”?- Gli chiesi.
-NNT D RDR.- Intervenne Susy guardandolo incantata. Incredibile come tutti i tipi satanici la attraevano...
-Amore ti prego, se proprio vuoi trovarti un amante trovati qualcun altro.- Sbuffò Fred.
Eldorado, o meglio, Lucifero, sorrise.-Scommetto che sei l'ennesima persona che mi immagina con le corna, tutto rosso e con la coda.-
-Ovvio. Così non fai mica paura sai?- Gli dissi ironicamente.
-Comunque,- Intervenne Shàit.-Adesso che abbiamo “risolto” direi di parlare seriamente. Ray ha il Coso e vuole attivare questo P.M.A.E...Tu,- Disse riferendosi ad Hern.-Dato che collaboravi con mio fratello potrai sicuramente illustrarci meglio i suoi terribili obbiettivi. Avanti, andiamo tutti nella sala riunioni.-
Detto questo tutti insieme ci avviammo nella sala riunioni ed a noi si aggiunsero anche Unicorno e la sua compagna, badando bene a tenere l'esercito di piccoli unicorni fuori.
Avevo fallito la mia missione, avevo permesso a Ray di prendere il Coso, era tutta colpa mia.
Cercai di distrarmi pensando che al mondo c'erano sciagure peggiori: i bimbiminkia di dieci anni che tutte le sere si recano in discoteca, i bambini che se gli parli di Charizard ti dicono che conoscono solo Tepig, le ragazzine sui forum di Justina Biberina, i One Direction e tutti gli altri idoli momentanei che scrivono “BELLIXIMO11!!1TI AMERò XSEMPRE” senza pensare che tra uno-due anni passeranno completamente di moda e si dimenticheranno di loro...Per non parlare della loro scrittura... Brrr...Almeno Susy si fa capire.
Risi tra me e me, pensando che forse Ray non era niente in confronto a loro.
Nel bel mezzo delle mie risate mentali però, entrò dalla porta una persona familiare che mi distolse dal ridere. “Maria?!” Pensai. “Ma cosa ci fa qui?”
-Salve.- Salutò.-Scusate il ritardo.- Detto questo si andò a sedere tra me e Susy, così approfittai per domandarle come era riuscita ad andarsene da Ray.
-Conosco a sufficienza quello sciocco. Se ne è andato di casa con Toald lasciandomi con tutte le sue guardie attorno. Essendo le guardie più rimbambite di lui, non mi ci è voluto poi molto a scappare. Ho acceso semplicemente la tv ed ho messo una partita di calcio...Dovevi vederli, tutti lì a guardare la partita..Ahahah, appena lo scoprirà quel pazzo di Ray..Non oso immaginare la faccia che farà, sempre che non si metta a vedere la partita anche lui, ovvio.-
Cercai di soffocare le risate, ma non ce la feci ed alcune mi scapparono. Stando a ciò che mi ha riferito Maria, bé, recuperare il Coso non sarà poi così difficile, no?
Non ci vorrà molto che tornerò alla riscossa e glielo prenderò dalle mani. Preparati, stavolta veramente, Ray, non ti lascerò scappare ed attuare questo P.M.A.E.
“Mhuahahahah la vendetta di Vang si avvicina!”
 
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view post Posted on 16/8/2012, 23:07
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The acid Queen in a psychedelic scene

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Eccoci con il nostro quinto capitolo! Scusate tanto per il ritardo, ma come vedete era parecchia roba XD
Speriamo vi piaccia!!

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Capitolo VI - Equivalent Exchange


eraqusxBBS




Panico. Come in un incubo.
Urla, pianti, scalpiccio di passi in corsa, voci isteriche che chiamavano disperatamente i guaritori.
Kisshu era finito in un incubo.
Solo che di solito gli incubi una volta arrivati al culmine del terrore finiscono, e ci si risveglia spaventati e ansimanti, ma sani e salvi.
Quest'incubo invece continuava. Non era finito con l'urlo disperato del capo, non finì nemmeno quando il portone si spalancò con uno schianto e Sua Eccellenza Baan si precipitò dentro gridando, né quando afferrò Pai per il collo e lo strattonò con violenza, accusandolo di essere un assassino.
Kisshu era impietrito, non poteva fare altro che restare a guardare la tragedia che si consumava. Gli sembrava di avere la testa racchiusa in una bolla d'acqua, che attutiva e distorceva tutti i suoni intorno a lui e gli mostrava il mondo attraverso un velo liquido e mutevole. Proprio come in un incubo.
“MALEDETTO ASSASSINO!! IO TI AMMAZZO!!”
Pai tossì e piantò le unghie nel braccio di Sua Eccellenza, cercando di divincolarsi dalla stretta che lo soffocava. Il corpo del Grande Satana scivolò sul pavimento accasciandosi scompostamente come una bambola rotta.
“Non... non sono... argh... non ...”
Dal palmo della mano libera di Sua Eccellenza Baan si sprigionò una sfera di luce. La sua aura era un mare in tempesta, impetuosa come Kisshu non l'aveva mai percepita. Se non l'avesse visto con i suoi occhi non avrebbe mai creduto che una persona mite come lui potesse sprigionare una simile furia.
Sapeva che doveva correre ad aiutare il suo capo, ma le sue gambe erano immobili, si rifiutavano di muoversi. Come in un incubo.
“MUORI, TRADITORE!!”
“No...”
Una parola fragile, sussurrata con fatica da labbra morenti. Ma era la voce del Grande Satana, e il silenzio calò all'istante sulla grande sala. La sfera di luce si estinse e Sua Eccellenza lasciò andare Pai, che cadde in ginocchio tossendo e massaggiandosi il collo.
“Non... non è stato lui... Pai non potrebbe mai...”
“Nhelly! Non ti sforzare, i guaritori stanno arrivando!”
Ora entrambi i demoni maggiori erano inginocchiati accanto a lei, nella pozza di sangue che si allargava di secondo in secondo, rossa, intensa, minacciosa.
“Baan... Pai...”
Dalla sua posizione Kisshu non riusciva a scorgere il volto della regina, coperto da un ciuffo di capelli blu notte, ma la vide scuotere la testa e sollevare con fatica una mano fino a sfiorare lievemente la guancia di Baan. Subito dopo le sue dita si strinsero prima attorno alla mano di Baan e poi a quella di Pai, portandole a contatto l'una con l'altra. I due demoni rimasero impietriti, ma nessuno dei due spostò la mano.
“Io... mi fido di voi... di entrambi...”
“Nhelly, non dirlo, non dirlo neanche per scherzo!”
Baan aveva capito, e ora le lacrime scorrevano libere dove pochi secondi prima le dita di Nehellenia avevano tracciato il profilo del suo viso. Kisshu sentì che anche le sue guance erano umide, e le spalle gli tremavano per i singhiozzi.
Il Grande Satana racchiuse le mani dei due demoni maggiori tra le sue. Parlare ormai doveva costarle una fatica immensa, e la sua voce era sottile come il fruscio del vento tra le foglie:
“Fidatevi anche voi... l'uno dell'altro... la pace... dovete mantenere la pace con Autozam... a qualsiasi costo... per Cephiro... vi prego... “
“Grande Satana...”
Ora anche Pai piangeva. La sua mano libera scivolò tra gli splendidi capelli di Nehellenia, scostandoglieli con tenerezza dalla fronte. Le sue dita tremavano.
“... vi affido... Pharen... “
Kisshu si ritrovò in ginocchio, le mani premute sulla fronte e bagnate di lacrime.
Tutto intorno a lui urla e pianti e panico aumentarono d'intensità.
Come in un incubo.


Era forte, era alto, i muscoli delle sue braccia si alzavano e si abbassavano nell’attesa, mettendo in risalto il suo fisico perfetto. Il Padre fa sempre le scelte migliori.
Il blob, adagiato tra le colonne pirogeneranti del salotto, scivolò lentamente dietro una di esse, sottraendosi allo sguardo del Custode; forse quello lo avrebbe ignorato anche se fosse rimasto al suo posto, ma il Padre gli aveva proibito qualsiasi contatto con gli umani e la creatura aveva obbedito.
Stava facendo bene il suo lavoro. Ed il Padre lo avrebbe ricompensato, perché lui manteneva sempre le sue promesse. Un giorno anche lui avrebbe camminato e parlato come gli umani, avrebbe avuto delle dita per afferrare e stringere, proprio come faceva il giovane Custode, la cui mano era ancora serrata sul gigantesco Keyblade.
“Terra, ragazzo mio, tu hai fatto la cosa giusta!”
“Lo so di aver fatto la cosa giusta, maestro!” rispose l’altro, anche se i suoi occhi incontrarono solo il pavimento. Il Padre gli aveva insegnato che, con quel gesto, gli umani ed i demoni provavano qualcosa chiamato vergogna “Quella demone meritava di morire, non ci sono dubbi, però … però quello che ho fatto …”
“Va contro i principi che ti ha insegnato Eraqus, vero?”
L’altro annuì.
Il Padre lo invitò a sedersi, ed il ragazzo seguì la sua mano in modo obbediente. Batté le mani, ed uno dei giovani aspiranti alchimisti che frequentavano il suo palazzo comparve, impacciato nella divisa, e con un inchino porse alle due persone un vassoio con delle tazze di caffè farfugliando qualcosa su un esperimento fuori controllo. L’uomo lo allontanò con uno sguardo che avrebbe congelato il fuoco dei pirocamini e si sedette accanto al Custode, porgendogli la bevanda “Io l’ho sempre detto ad Eraqus di non imbottire troppo i giovani con i suoi principi. Una legge serve solo se ha un risvolto pratico, ragazzo mio …”
“Un Custode del Keyblade dovrebbe uccidere solo per difendersi”.
“O per difendere i più deboli”
Diede uno sguardo insoddisfatto alla tazza dopo averla portata alle labbra e la appoggiò con stizza sul vassoio; il Padre diceva sempre che Autozam era piena di giovani alchimisti che sapevano trasmutare l’acqua in latte, l’argento in oro, la seta in similacetato idrico, ma nessuno che sapesse fare un caffè decente. Forse il motivo per cui non aveva voluto nessun apprendista personale.
“Ragazzo, tu non hai usato il tuo potere per te stesso, ma per gli altri. Per impedire che altri demoni facessero cose orribili come quello che è successo a Sora. Credimi, sei nel gusto”
Il Custode fremeva, aveva bisogno di quelle parole.
Ed il Padre gli darà tutto quello che desidera.
“Voi Custodi dovreste prendere esempio dagli Alchimisti, Terra. Per ottenere una cosa devi dare qualcosa in cambio dello stesso valore. Basta. Una sola regola pratica, semplice, vera”
“Ma i Custodi hanno bisogno di una morale”
“Uh, sì, sono sicuro che Eraqus vi avrà fatto decine di lezioni sul Bene, sulla Luce, sulla Giustizia e su tante cose buone e sante, non lo metto in dubbio, ma … evidentemente il Bene, la Luce e la Giustizia stavano facendo un sonnellino quando i demoni hanno trucidato quel povero ragazzo”. Il Padre ha ragione. Quell' Eraqus dice solo cose sbagliate. Ed è pericoloso.
“Ragazzo mio, tu hai fatto l’unica cosa davvero importante in questi giorni, hai mostrato alla famiglia demoniaca che non temiamo né la loro arroganza né la loro magia. Forse non avrai l’appoggio degli altri Custodi, ma io sono dalla tua parte, sono certo che la tua è stata la scelta più giusta”.
L’altro si profuse in ringraziamenti. Il blob aveva osservato i suoi occhi per tutto il discorso, il modo in cui quelle sfere azzurre si erano lentamente sollevate e la sete con cui osservavano il volto sorridente del Padre. Era suo. “E non sono l’unico a pensarla così, sai. Il nuovo consiglio degli oligarchi si è riunito meno di tre ore fa, e ti attendono domani per conferirti la medaglia al valor militare. L’oratore Raiser ha proposto di offrirti la cittadinanza e la protezione di Autozam, e la sua richiesta è stata accettata all’unanimità, ragazzo mio”.
“Davvero, maestro …? Non credo di meritare …”
“Non fare il modesto, Terra. Gli oligarchi ed io sappiamo il tuo valore, e nessuno ha paura dell’Oscurità che porti con te. Anzi, essa ti rende ancora più unico e speciale”.
Lui si alzò, ed il giovane Custode con lui. La creatura seguì i loro passi scivolando dietro i mobili, osservandoli mentre si avvicinavano alla grande vetrata del salotto ed appoggiavano le mani al vetracciaio. Quello che rimaneva della piattaforma dell’esecuzione di qualche giorno prima risplendeva nella luce del pomeriggio, tingendo di giallo chiaro i pochi velivoli che osavano avvicinarsi all’area. Gli Heartless si erano manifestati pochi minuti dopo la scomparsa del Cavaliere del Drago e l’esercito aveva fatto evacuare il settore: sembrava una gigantesca ferita luminosa nel cuore di Autozam, e non c’erano dubbi sul fatto che gli autori di quello scempio fossero stati i demoni. Il giovane non doveva ancora aver mai osservato quello spettacolo, perché la sua espressione era congelata.
“Non credevo che la situazione fosse così grave”
“Lo è, figliolo. Il Cavaliere del Drago è una demone, purtroppo per tutti noi. Dovrebbero essere creature al di sopra di ogni parte, ma come puoi ben vedere non è così. E’ una demone del casato del Grande Satana, ed è chiaro come il sole che la Spada del Drago Diabolico fosse giurata ai demoni già da molti anni. E se persino il Cavaliere ha abbandonato la sua neutralità per seguire la sua natura demoniaca … Autozam non resterà a guardare. Gli uomini reagiranno”.
Come previsto dal Padre.
“Ci sarà una guerra, dunque?”
“Non siamo barbari come i demoni, ragazzo. Autozam lancerà le sue testate solo se il nuovo Grande Satana non accetterà i nostri termini di non belligeranza. Anche se per sicurezza sette battaglioni di fanteria sono già stati disposti lungo il confine di sud-ovest con Pharen, e si conta di far arrivare tre stormi di C01 nell’arco della giornata. Ed il maestro Darver mi ha confermato che un centinaio di Alchimisti di Stato saranno nelle retrovie guidati da lui in persona: se si giungerà alla battaglia, saremo dalla parte degli uomini”.
Il giovane Custode tornò a fremere, e la sua arma riapparve di nuovo nella mano destra, ed il cerchio che il Padre aveva impresso su di esso era lì, forte e visibile. Era un guerriero, il Padre lo aveva scelto per quello. Quasi più una macchina che un soldato disciplinato.
La scelta perfetta.
“Maestro, se ci sarà da combattere … non mi tirerò indietro. Non so cosa sceglierà di fare il Maestro Eraqus, ma non resterò a guardare la famiglia demoniaca mentre fa strage di bambini. Se vogliono davvero sprigionare i loro poteri, se davvero il Cavaliere del Drago vuole mostrarci la sua forza … giuro che troveranno pane per i loro denti”. Fece un inchino formale all’anziano alchimista “Maestro Xehanort, grazie delle sue parole. Se le servisse un giorno qualcosa da me, non avrà che da comandare”.
Un vero peccato che abbia già fatto ciò che il Padre desiderava. E lo farà per sempre. Il Padre aveva previsto tutto. E presto avrà abbastanza energia per lo Scambio.
“Sai una cosa, Terra … ? Sì, forse c’è qualcosa che potresti fare per me. Qualcosa in cui solo un abile Custode può sperare di riuscire …”
Il blob non aveva un cuore. Non poteva sentire quelle strane “emozioni” che guidavano gli umani ed i demoni. Eppure a quelle parole si voltò verso il Padre, e quando la sua testa fece un gesto d’assenso abbandonò il suo rifugio e si diresse, scivolando sulla sua massa gelatinosa, verso il laboratorio. Non aveva un’anima, eppure andò più veloce del solito.


Eraqus abbandonò il suo letto, si strinse una tunica pesante e lasciò che i suoi passi lo guidassero. Erano ormai due notti che non riusciva a dormire, con in testa soltanto le notizie dell’ologiornale. All’inizio non vi aveva creduto, ovviamente. Non poteva essere stato Terra.
Eppure il ragazzo non rispondeva all’ologramma, e nemmeno Ven o Aqua erano riusciti a rintracciarlo; Eraqus tentò l’ennesima chiamata nel cuore della notte, sedendosi sotto la statua del Maestro Yen Sid e digitando in preda all’angoscia il numero che ormai conosceva a memoria. La sala principale sembrava così grande di notte, senza i suoi studenti.
Ma la luce verde non si accese. Rimase a fissare l’oggetto per diversi minuti, ascoltando lo scrosciare della fontana. Chiuse gli occhi, immaginandosi il ragazzo svegliato dal suono del suo stesso ologramma che si alzava, si rivestiva e correva a chiamarlo; ma nulla.
“Maestro, lei cosa avrebbe fatto?”
La statua non rispose, ma Eraqus aveva scoperto negli anni che anche i semplici ricordi di persone illustri potevano essere d’aiuto. L’uomo anziano fissava con i suoi occhi di marmo tutti coloro che attraversavano la navata, con lo stesso sguardo grave e severo che aveva in vita. Eraqus aveva voluto farla erigere lì, su una fontana dai marmi colorati che, al chiarore della sera, rivestivano il mantello di un gioco di luci bianche e azzurre. Una fontana che da giovane aveva riempito fin troppe volte per punizione … Gli ultimi anni si era persino divertito ad immaginare se Terra gli avrebbe eretto a sua volta una statua, accanto agli altri maestri.
Terra. La persona a cui avrebbe affidato tutto, una volta giunto il momento.
No, non riusciva ad accettarlo.
Avrebbe scagliato l’ologramma nell’acqua, ma il timore che il ragazzo potesse contattarlo lo trattenne, e si accontentò di osservare le increspature, il proprio riflesso e quello della statua “Se proprio devi pensare” diceva sempre il suo maestro, indicandogli minaccioso due secchi di legno “Pensa mentre vai al fiume. La fontana è asciutta”.
Senza alcun motivo logico, Eraqus uscì. Le porte di Radiant Garden erano sempre aperte, notte e giorno, perché chiunque giungesse da lontano potesse trovare accoglienza e calore in ogni minuto, e le poche guardie del Reale Esercito lo riconobbero e gli scambiarono cenni amichevoli con le mani.
Era passato molto tempo da quando aveva percorso quel sentiero, ma niente era cambiato da allora. Niente, tranne lui. Da ragazzo, tra una punizione e l’altra, quel piccolo percorso che attraversava l’erba alta era il luogo prediletto per gli scherzi, specie il ventilatore tascabile ad energia solare (già all’epoca Ansem creava delle invenzioni niente male) con cui sollevare le gonne delle compagne di studio, oppure le storiche battaglie a palle di fango nei mesi autunnali, quando il sentiero di riempiva di una melma appiccicosa in cui affondavano fino alle caviglie. Le rocce che usava come postazioni per difendersi erano ancora lì, Eraqus le avrebbe riconosciute tra mille, ma adesso gli sembravano molto più piccole. L’ultima volta che aveva attraversato quel luogo era stato con i suoi apprendisti molto tempo prima e da allora si era rifiutato di tornarci, quasi terrorizzato dal suono scrosciante dell’acqua.
Il fiume in quel punto creava un’ansa, anche se negli anni il suo letto si era ristretto per via delle sempre crescenti richieste di acqua ed energia da parte della città; le correnti erano sempre state insidiose, tanto che il Maestro Yen Sid aveva proibito loro qualsiasi immersione nei periodi primaverili, ma sfidare la pazienza dell’uomo dalla barba grigia era sempre stato uno dei suoi passatempi preferiti. Tra un secchio d’acqua e l’altro non erano mai mancati i bagni clandestini, e dove il canneto si diradava lui e gli altri compagni avevano persino insegnato a Xehanort a nuotare, lanciandolo con tutti i suoi vestiti raffinati nell’acqua e aspettando che riemergesse con i suoi bellissimi capelli argentati appiccicati con melma e muschio. Davvero tanti anni fa …
Ma un giorno le cose erano cambiate, ed era successo proprio lì, dove gli alberi si erano ritirati ed avevano lasciato spazio ad un soffice tappeto d’erba, dove vi poteva star seduta anche una ventina di persone. Aveva compreso cosa significasse davvero essere un maestro soltanto cinque anni prima.


Persino l’incubatrice aveva smesso il suo fastidioso segnale acustico, e la stanza era piombata nel silenzio più totale, impermeabile persino alla pioggia battente che stava scrosciando fuori di lì. Gli unici rumori che Eraqus potesse percepire erano il proprio respiro irregolare ed il flusso di plasma che attraversava le tubature del macchinario. Abbassò gli occhi al pavimento per non fissare il ragazzo, senza però abbandonare la sua piccola mano fredda.
“Dunque è proprio come temevo …”
Eraqus sobbalzò “Xehanort? Come sei entrato? Non ti ho sentito arrivare!”
“Il vantaggio di essere un alchimista è di non aver bisogno delle porte convenzionali” gli venne accanto con il suo fare cadente e gli appoggiò la mano sulla spalla “Era così giovane …”
“È tutta colpa mia! Sora era entrato in acqua e non gli avevo dato troppa importanza, sapeva nuotare bene e non gli era mai successo nulla, però … te lo giuro, Xehanort, quando la corrente è aumentata e lui ha chiesto aiuto sono corso subito ma …”
“Ven è stato più veloce di te”.
Lanciarono entrambi uno sguardo triste all’incubatrice dove si trovava il ragazzo biondo, avvolto da tubi ormai inservibili; le braccia, le gambe ed il collo erano congestionate nonostante gli sforzi di Eraqus e dei dottori di praticargli la respirazione artificiale, e quando avevano raggiunto il centro di guarigione la situazione era già disperata. Lui stesso era ancora tutto bagnato, proprio come quando era riuscito a recuperare il corpo del ragazzo molte miglia più a valle; Ven era riuscito a raggiungere il fratello di sei anni e a puntare i piedi nel letto del fiume quel tanto che bastava per sollevarlo e spingerlo verso un’ansa poco profonda, ma poi la corrente sotto di lui aveva creato u vortice. Eraqus aveva visto prima la sua testa, poi i piedi ed infine lo aveva perso di vista, e per quanto cercasse di inseguire il ragazzo nuotando non era riuscito a strapparlo in tempo alle acque.
Di quello che era successo subito dopo, aveva poca memoria. “È colpa mia, Xehanort, mia e soltanto mia! Ed anche Sora è vivo per miracolo …”
Quando era riuscito a recuperare il ragazzo e a liberarsi dalla corrente del fiume era svenuto: ricordava solo le facce di alcuni uomini vestiti di bianco, il ronzare del flyer sotto di lui ed brusio dei dottori, ma non appena aveva ripreso coscienza li aveva mandati tutti a quel paese e si era precipitato lì dentro. Da lì in poi aveva perso il senso del tempo, fissando il ragazzo annegato e sperando che stringendogli più forte la mano potesse far girare indietro la ruota del tempo.
“Dovrò avvisare i suoi genitori e … come a farò a dire loro che …”
“Che se un loro figlio è morto e l’altro ha rischiato la vita è solo colpa dell’incapacità del loro maestro? No, non mi sembra il caso. Non li chiamare, almeno per il momento”.
Eraqus sapeva riconoscere quel tono di voce del suo amico: “Xehanort, a cosa stai pensando?”
“Ad un modo per aiutare te e questo povero ragazzo; gli volevo bene anche io, sai?”
“Solo il sangue di un Cavaliere del Drago potrebbe aiutare Ven …”
“Ma si dà il caso che da ottocento anni nessun uovo di Cavaliere si sia mai schiuso e non credo che la Madre Drago si scomoderà per noi. Quello che ti propongo, amico mio, è un tentativo. Un tentativo alchemico”.
Eraqus rimase senza parole per qualche secondo, fissando incredulo gli occhi gialli dell’amico che sembravano rilucere nella semioscurità della stanza di rianimazione. Non avrebbe mai immaginato che i suoi esperimenti alchemici si sarebbero spinti fino a quel punto … un limite che davanti ai suoi occhi sembrava velato dal peccato dell’Oscurità eppure … eppure così dannatamente interessante “Conosco quella faccia, amico mio. Sì, diciamo che non è una di quelle azioni tutte-Luce-e-Giustizia che piacciono a te, ma hai altre alternative?”
Respirò a lungo, concentrato sui rumori della stanza e sul viso pallido del suo apprendista che sembrava attendere una sua risposta da dietro la protezione trasparente dell’incubatrice; era lo stesso viso che gli aveva sorriso solo poche ore prima, quello che annuiva sempre dal primo banco durante le lezioni teoriche e quello che sbuffava e si riempiva di sudore durante gli allenamenti per tenere il ritmo dei suoi compagni più bravi. Anche Xehanort si avvicinò al corpo, avvolgendosi i pochi fili della barba al dito con più intento del solito “Mi sono preso la briga di sistemare le cose a modo mio, Eraqus. Ho già detto ai tuoi allievi lì fuori che Ven è ferito gravemente, e verrà trasferito ad Autozam per ricevere delle cure più complete insieme a Sora. Un flyer medico arriverà qui tra cinque ore e porterà te ed i ragazzi al mio laboratorio, e nessun dottore o assistente di questo ospedale farà domande, fidati …”
“Hai già predisposto tutto? Come potevi sapere che avrei accettato?”
“Sei il suo maestro. Accetterai”.


Accetterai.
Seduto sull’erba, Eraqus ricordava ancora il suono di quelle parole. Xehanort aveva sempre avuto una curiosità folle, spesso insana, ed i suoi sentieri di alchimista lo portavano su strade che il Custode avrebbe vietato a qualsiasi suo apprendista, perché costeggiavano troppe volte i fiumi dell’Oscurità. Ma quel giorno, così come in molti altri, Xehanort era lì. Folle, curioso, con il suo modo di fare misterioso ed a tratti arrogante, il suo amico era sempre apparso al suo fianco nei momenti del bisogno. Soprattutto allora.


Strinse la mano al piccolo Sora mentre l’ascensore scendeva senza alcun rumore.
Piano uno. Piano zero. Piano meno uno.
Visitava Autozam davvero malvolentieri: rispetto a Radiant Garden quella città sembrava appiccicarglisi sulla pelle con i suoi fumi bianchi e grigi, ed i suoi capelli portavano con loro quel tipico odore di plasma acetato e combustibile che si respirava persino nei locali più ricercati. Ma tutte le volte che era stato costretto a recarsi nella grande metropoli non aveva mai mancato una visita al palazzo del suo migliore amico.
Meno quindici. Meno sedici. Meno diciassette.
Il rango di Xehanort gli permetteva di vivere in uno degli alloggi più estesi di tutta la città, e parte di essa era destinata ad aule dove alcuni giovani futuri alchimisti si esercitavano sotto la sua guida; Eraqus ne aveva visti quattro o cinque affaccendarsi con degli strani sacchi, ma lo conoscevano di fama e lo degnarono di saluti distratti, accompagnandolo verso l’ascensore con i loro soliti brusii. Più di uno lanciò uno sguardo dubbioso a Sora, ma poi tornarono ad immergersi nei loro lavori. Il suo amico si era fatto costruire un laboratorio personale nei livelli inferiori, ed il Custode era pronto a scommettere che nessuno di quegli alchimisti sbarbatelli avesse l’autorizzazione a scendere laggiù: Xehanort era sempre stato molto geloso dei suoi segreti.
Meno ventinove. Meno trenta. L’ultima luce rossa si spense, ma l’ascensore continuò la sua discesa dopo che Eraqus appoggiò la mano ad un rilevatore digitale dallo schermo verde, e strinse la mano sulla spalla del suo giovane apprendista per fargli coraggio. Dall’incidente non si era ancora ripreso del tutto, ma Xehanort aveva insistito che fosse presente all’esperimento per la sua affinità fisica con Ventus.
Fu investito dagli odori prima ancora che le porte scorrevoli si aprissero del tutto. L’aria era acida ed acre nonostante le metodiche di aerazione T, e non era mai riuscito ad abituarsi del tutto alla sensazione di bruciore fin dentro la gola. Tutto era in perfetto ordine come nella sua ultima visita, a parte il cerchio.
Non ne aveva mai visto uno così grande: Xehanort ne disegnava ovunque, sui fogli, sui tavoli ed una volta persino sulla condensa formatasi sul vetro del suo speeder, ma nessuno aveva mai avuto un diametro maggiore ad un braccio. Quello davanti ai suoi occhi ricopriva quasi tutto il pavimento del laboratorio, un’area che tempo addietro era stata un hangar militare che il suo amico aveva acquistato. Era stato tracciato con della vernice rossa, e riusciva ad interpretare solo un segno o due delle miriadi che lo componevano, in un disegno che nemmeno riusciva a percepire dalla sua posizione: le linee si intersecavano, si curvavano e poi tornavano ad unirsi, fino a raggiungere il centro del cerchio dove si trovava il corpo senza vita di Ventus. Xehanort era in piedi accanto a lui, con un occhio rivolto verso il pavimento e l’altro su un mucchietto di strani sali che aveva accumulato accanto ai resti del ragazzo. Con un incantesimo elementare di levitazione teneva sollevato un grande tomo davanti ai suoi occhi, che consultava nervoso mentre disponeva quello strano mucchietto di polvere. “Eraqus, amico mio, credevo ti fossi perso ad Autozam come l’ultima volta!”
“Questo cerchio è l’esperimento di cui parlavi?”
“Esattamente” una volta completato il suo lavoro richiamò una piattaforma levitante, e salì su di essa per attraversare il laboratorio ed arrivare fin da lui senza toccare il prezioso lavoro dipinto sul pavimento, ed il libro lo seguì “La trasmutazione umana è il sogno di ogni alchimista, e nessuno, nemmeno il grande Hohenheim della Luce è mai riuscito a realizzarne una perfetta, solo a teorizzarne l’esistenza. Mi sono basato sugli appunti dei fratelli Elric, coloro che si sono avvicinati più di ogni altro al grande mistero … apportando delle mie modifiche personali …”
Eraqus corrugò la fronte: “Mi stai dicendo che nessuno è mai riuscito nell’impresa?”
“Certo, altrimenti anche voi profani ne sapreste il nome”
“E cosa ti dà la presunzione di poter riuscire?”
“Oh, io ho qualcosa che non possedeva nessun altro alchimista, nemmeno Hohenheim” si sentì attraversato dai suoi occhi gialli “Io ho te. O meglio, il tuo Keyblade a forma di zappa”
Scese dalla piattaforma, fece cadere il libro tra le sue mani e salutò Sora con il solito cenno premuroso ma austero; Eraqus continuò a fissare il grande disegno davanti a lui, incuriosito ma allo stesso tempo turbato dalle parole del suo amico.
I Keyblade non erano semplici armi; prima di essere strumenti da battaglia erano chiavi, ed ogni chiave esisteva per la sua serratura. Essi erano generati dal Cuore dei Mondi, un’entità che ben pochi maestri anziani avrebbero saputo comprendere e spiegare; grazie al loro potere i Custodi eletti potevano attraversare i limiti fisici dello spazio e del tempo, aprire la serratura e raggiungere quel luogo indefinito che era il Cuore dei Mondi, un posto pieno di energia e misteri che erano votati a rispettare e proteggere. Ma il Cuore dei Mondi, pur spalancandosi solo per i Custodi, era un’entità ben conosciuta anche agli alchimisti, che chiamavano la sua serratura “Il Portale dell’Alchimia”: lo aveva imparato da giovane, quando Xehanort era giunto a Radiant Garden per la sua tesi di alchimista di stato e gli aveva spiegato come l’origine delle loro conoscenze fosse in realtà molto simile, e la volta che si erano recati insieme nel Cuore dei Mondi il suo amico gli aveva mostrato come in esso fossero valide soltanto regole alchemiche. L’unica differenza era che i Custodi potevano entrare nel Portale a loro piacimento, mentre per gli alchimisti restava un’entità da guardare con rispetto e adorazione da lontano.
“Tutto quello che devi fare è seguire le mie istruzioni”.
“Conosco le regole base dell’alchimia, amico. Per avere qualcosa devi darne una in cambio dello stesso valore, lo dici sempre anche tu. Cosa pensi di offrire per la vita del mio apprendista?”
“Ho la presunzione di credere il Keyblade possa superare le regole dello scambio equivalente: voi Custodi siete i favoriti del Portale, forse a voi concederà quello che agli alchimisti nega”.
“È quel forse che non mi piace”
“So quello che stai pensando” appoggiò il libro su una mensola, con aria grave “Sora non subirà alcun danno. Se qualcosa dovesse andare storto il danno si ritorcerà su di me o su di te”.
“Solo su di me. È stata colpa mia”.
Con il cuore colmo di dubbi seguì Xehanort intorno al cerchio, osservando il corpo ancora immobile di Ven ed il piccolo mucchietto di polveri e sali che il suo amico aveva adagiato al suo fianco; lungo il disegno si formava un’area libera di forma rotonda, e fece sedere Sora lì dentro. Il bambino non aveva aperto bocca dall’inizio del viaggio, ed annuì con fare preoccupato quando gli lasciò la mano per accomodarsi nel luogo prescelto. Eraqus attraversò il perimetro del disegno e si portò al diametro opposto del cerchio rispetto al punto in cui si inginocchiò Xehanort, osservando l’altro offriva un’ultima, scrupolosa occhiata ai suoi testi.
Non era affatto sicuro di quello che stavano per fare.
“Qualsiasi cosa accada, Eraqus, non fare di testa tua. Segui sempre le mie istruzioni”.
Stava per rispondergli quando l’alchimista si inginocchiò a terra, ed appoggiò le mani al cerchio.
La luce lo investì, colpì i suoi occhi e per diversi secondi tutto il mondo divenne una grande chiazza bianca e fredda. Non vi era nessun suono, persino il suo stesso respiro era diventato un soffio, ed il cerchio, Xehanort, Sora e Ven sembravano svaniti, dissolti in quel mare bianchissimo.
Poi lo vide. Si formò a diversi metri di distanza da lui, come se il candore stesso di quel luogo si fosse lentamente dissolto per cedergli il passo, una grande figura nera che sembrava alta quanto un palazzo e che prendeva sostanza ad ogni attimo.
Si ritrovò con il Keyblade in mano, senza sapere il perché. Dunque quello era il Portale, l’accesso al Cuore dei Mondi in cui lui si era sempre trasportato direttamente grazie al potere della sua arma; gli alchimisti potevano procedere solo fino a quel punto, per poi trovare la grande porta oscura serrata. Il rispetto per quell’entità così maestosa ed inspiegabile lo stava spingendo ad inginocchiarsi, ma trattenne le gambe quando si accorse di Sora, apparso al suo fianco come per incanto con i suoi grandi occhi blu spalancati per il terrore. Gli si mise accanto, cercando con tutta la poca autorità che aveva di conferirgli un po’ di coraggio; poi udì, prima flebile e poi sempre più vicina, la voce di Xehanort: “Lo vedi, Eraqus?”
“Sì. Il Portale dell’Alchimia”.
“Si è aperto?”
“No”. A differenza del suo giovane apprendista, Xehanort non era visibile da nessuna parte, e le sue parole sembravano venire da un mondo distante, anche se fino a qualche attimo prima erano insieme nella stessa stanza “Perché, dovrebbe?”
“Avrebbe dovuto. Comunque, aprilo con il tuo Keyblade”.
Eraqus osservò la sua lunga arma grigia, lanciò un ultimo sguardo preoccupato a Sora e la puntò verso il Portale, e la luce che ne uscì quasi svanì in quel bianco innaturale; sentì di nuovo la grande energia nascosta dietro quelle ante intarsiate, la stessa energia che univa l’arma alla sua anima, quella che gli riempiva il corpo quando si trovava all’interno del Cuore dei Mondi. Il Keyblade era la chiave del Portale ma quello non rispose, lasciando che il suo potere si dissipasse lungo l’ingresso, come se quella grande entità non volesse essere disturbata in alcun modo.
“Coraggio, Eraqus, forzalo!”
Forzare il Cuore dei Mondi? Non era questo ciò che gli aveva insegnato il Maestro Yen Sid, non era questo il compito di un Custode, anzi! Il suo Keyblade derivava dal Cuore dei Mondi, gli era stato affidato per mantenere l’equilibrio e non per … “Eraqus, diamine, vuoi rovinare tutto?”
L’immagine del corpo di Ventus disteso al centro del cerchio fugò i suoi dubbi. Cuore dei Mondi, perdonami.
Avanzò davanti all’entità oscura e premette il Keyblade lungo la sua superficie con tutta la forza che aveva in corpo, lasciando che la sua anima e l’arma fossero un tutt’uno, un solo grande potere che si abbatté sulla serratura e spinse, corse, si agitò alla ricerca di uno spiraglio, sormontando la difesa passiva del Portale e sentendo di star facendo la cosa più sbagliata della sua vita. E, quando si aprì, vide gli occhi.
Lo odiavano. Lo scrutavano. Lo accusavano. Decine di occhi senza faccia dai mille colori girarono i loro globi verso di lui, investendolo con le loro pupille, come a scrutare oltre la sua carne, fin dentro l’anima, vividi. Eraqus era quasi ipnotizzato, e si accorse che i suoi piedi si erano mossi in avanti di qualche passo, attratti da quel mistero. Il primo tentacolo schizzò accanto alla sua testa, mentre il secondo passò tra le gambe, lacerandogli la tunica; le formazioni oscure saettarono in tutto il suo campo visivo, formandosi dalla stessa nube di oscurità che separava i misteriosi occhi che lentamente volgevano le loro pupille altrove come guidando i tentacoli. Sollevò il Keyblade per difendersi, ma questi gli passarono accanto e si accanirono oltre le sue spalle, e con orrore Eraqus si accorse che il loro bersaglio non era lui.
“Maestro, aiuto!”
Il suo fendente passò attraverso il tentacolo, come se il Keyblade fosse fatto d’aria e luce; abbatté un secondo colpo verso il centro del Portale, mirando ad un occhio più grande degli altri, ma gli sembrò di colpire soltanto il vuoto. Sora, avvolto da quelle propaggini nere, fu trascinato in pochi istanti verso il Portale, e quando provò a seguirlo i battenti si chiusero davanti a lui.
Il ritorno fu più duro del previsto: si ritrovò disteso sul pavimento del laboratorio, e sotto di lui le linee del cerchio alchemico bruciavano come fossero di fuoco, illuminate di rosso; il mondo bianco, il portale, gli occhi ed i tentacoli sembrarono risucchiati davanti ai suoi occhi fino a ridursi ad una scia luminosa, ed a pochi metri da lui Xehanort si rialzò a fatica. Si rimise in piedi di scatto, con un unico pensiero nella mente: “Sora! Sora!”
Il bambino era accasciato nel punto dove lo aveva lasciato, e per un attimo temette il peggio: tirò un sospiro di sollievo quando appoggiò la mano al collo e sentì un battito debole ma regolare. Il suo amico si avvicinò, ed osservò Sora con attenzione “Il Portale ha preso lui?”
“Sì” sospirò “Non avevi detto che non ci sarebbero state conseguenze?”
“Il ragazzo è intatto, per quanto ancora non riesca a crederci … evidentemente le mie teorie si sono dimostrate valide, con il Keyblade è possibile scavalcare la regola dello scambio equivalente”.
“Il Cuore dei Mondi ha opposto resistenza, Xehanort. Ho fatto qualcosa di vietato a qualsiasi Custode!”
“Oh, ma io credo che ne sia valsa la pena …”
I suoi occhi andarono al centro del cerchio ed incontrarono quelli azzurri di Ven, che si era sollevato ed osservava il laboratorio del tutto spaesato, con indosso ancora gli stessi abiti di quando il fiume lo aveva inghiottito. Al cuore di Eraqus mancò un battito, e per qualche istante rimase senza parole, fissando il ragazzo ritornato dalla morte per poi guardare Xehanort una seconda volta, cercando le parole migliori per esprimere quello che pensava “Amico mio, io … scusami se ho dubitato, scusami se … dimmi un modo per sdebitarmi e giuro, giuro su tutto quello che ho prezioso che lo farò!”
L’altro sorrise “L’ho fatto per te e per loro, Eraqus … ed anche per una mia curiosità. Però, se proprio intendi sdebitarti … forse un’idea ce l’avrei …”
Fu in quel momento che vide il blob.


Il ricordo dell’incidente ancora lo faceva tremare, e si allontanò dal fiume, ritornando lungo il sentiero. Ripensò alla creatura alchemica che era nata dalla trasmutazione umana di Ven, e al modo in cui Xehanort aveva trascorso i mesi successivi nella spasmodica ricerca di plasmarlo a forma umana, coinvolgendo lui ed il suo Keyblade. Era stato grato al suo amico e lo era anche in quel momento, ma sapeva che i suoi esperimenti finivano per accecarlo, impedendogli di vedere il labile confine tra ciò che era permesso agli uomini e ciò che non lo era. Gli ci era voluta una grande forza di persuasione e di amicizia per mostrargli cosa fosse davvero la sua nuova creatura …


“È un abominio!” tuonò, stringendosi il ginocchio destro con entrambe le mani per diminuire la perdita di sangue. Il blob aveva ancora la stessa viscida, molle e scura forma del giorno della sua creazione, e le decine di esperimenti di quei mesi non avevano portato a nessun risultato. Xehanort blaterò qualcosa di inconcepibile, e tra un’imprecazione e l’altra si mise a fatica in piedi: l’ala ovest del suo laboratorio era totalmente franata, e se non fosse stato per i blocchi gravitazionali isolanti avrebbe coinvolto buona parte dell’edificio sopra di loro. Il suo sguardo era furibondo, e fissò prima le rovine della su libreria e poi il cerchio alchemico sperimentale come se avesse voluto incenerirli.
“Xehanort, adesso basta! Questo esperimento poteva costare la vita a tutti e due!”
“Ma ho capito cosa è andato storto! Se solo …”
“Xehanort …” gli venne vicino, aiutandolo ad alzarsi “… considerami fuori da questa storia!”
Il suo amico si voltò, e negli occhi gialli c’era dipinta una grande varietà di emozioni, ma lo anticipò prima che potesse controbattere “So che devo sdebitarmi con te, dopo quello che hai fatto per Ven e Sora. E so quello che provi per questa ricerca, capisco che per te sia importante ma … così non va. Sei ossessionato da quella cosa, resti chiuso in questo laboratorio per settimane e te ne esci con esperimenti sempre più pericolosi …”
“Ma …”
“No. Sono dei giorni che ci penso su, e ogni istante che passa mi convinco che quella creatura è pericolosa, Xehanort, è il frutto di un peccato contro il Cuore dei Mondi e ti sta consumando nell’ossessione di creare uno di quei mostri che tu chiami homunculus. Ma la pura verità è che quella creatura non dovrebbe esistere, è un abominio!”
“Un abominio? Pff …” l’altro gli diede le spalle, e con il suo passo traballante si avvicinò al blob, che si ricompose, si agitò e poi si spostò sul pavimento fino a raggiungere i piedi dell’alchimista, per poi farsi sollevare in braccio appoggiando le sue propaggini viscide al lungo pastrano bianco “Io lo definirei un nucleo di infinite possibilità”.
“Smettila di dire insensatezze! Dobbiamo distruggerlo!”
“COSA?”
Di riflesso Eraqus sguainò il Keyblade. L’abominio in quei mesi aveva dato prova di comprendere perfettamente il linguaggio umano, infatti scivolò subito dalle braccia dell’alchimista e si mosse sul pavimento in frantumi verso un ammasso di macerie dietro cui nascondersi. Stava per caricarlo, trafiggerlo e rimandarlo al Cuore dei Mondi quando il suo amico agitò le dita e si trovò davanti una barriera di ghiaccio “Mi dispiace, Eraqus, ma non ti farò toccare il frutto della mia più grande ricerca!”
“Questa ricerca ti sta portando alla dannazione!”
“No, mi sta portando alla gloria!”
Non aveva mai visto quella luce negli occhi dell’alchimista, non così intensa e preoccupante; sapeva che non sarebbe stato semplice, ma Xehanort era il suo migliore amico e non gli avrebbe permesso di inoltrarsi verso l’Oscurità, anche a costo di farlo ragionare con le maniere pesanti. Ma era certo che distruggendo quel blob lo avrebbe spinto a rassegnarsi, a sviare le sue ricerche verso un percorso meno peccaminoso e pericoloso “Amico mio, so come ti senti. So che tieni alla tua ricerca più di qualsiasi altra cosa. Ma io tengo a te ed alla tua anima, e se per salvarti dovessi mandare all’aria questo esperimento, tutti i tuoi laboratori e questo posto … lo farò”
“NON OSARE, ERAQUS!”
Lo barriera di ghiaccio aumentò in spessore, e riuscì a notare l’immagine distorta del blob che raggiungeva il suo nascondiglio, appiattendosi tra le rovine del laboratorio e scivolando tra i calcinacci e ciò che restava dell’impalcatura di duracciaio “Io oso eccome, Xehanort. Sei mio amico. Fidati di me”.
In quel momento si sarebbe aspettato qualsiasi reazione da parte sua; si mise in guardia, temendo il peggio, perché sapeva che per l’altro nulla era più importante dei suoi studi. E soprattutto era un inguaribile testardo. Proprio come lui. Tanti anni prima, quando erano due ventenni spavaldi, quei secondi preliminari alla battaglia non ci sarebbero mai stati: si sarebbero lanciati uno contro l’altro in una di quelle sane scazzottate che ti facevano sentire vivo (specie quando erano condite dalle punizioni del Maestro Yen Sid), Keyblade contro incantesimi e cerchi alchemici. Ma gli anni erano passati, e troppo in fretta per il suo amico: se avessero davvero deciso di scontrarsi sul serio Eraqus sapeva che lo avrebbe ferito. Per l’alchimista i tempi degli scontri fisici erano finiti, e l’ultima cosa che desiderava era … “Va bene, Eraqus”.
Aveva sentito bene?
La barriera di ghiaccio si fece sempre più sottile, per poi sciogliersi in piccole pozze. Il volto di Xehanort, da scuro ed offeso si era fatto più mite, pur non nascondendo l’insoddisfazione; diede un calcio a quello che rimaneva di un voluminoso tomo rilegato in pelle “Facciamo a modo tuo”.
“Xehanort …”
“In effetti hai ragione, questa ricerca mi sta davvero facendo perdere la testa. E poi … su queste cose hai sempre avuto più giudizio di me. Sei il mio migliore amico e … mi fido”.
Fu come essersi liberato di un peso enorme dal cuore, non avrebbe mai, mai sperato di riuscire a convincerlo così rapidamente, non quando doveva mettere in discussione una sua ricerca. La creatura doveva aver fiutato il problema, perché rimase nascosta; strinse la spalla del suo amico e si accorse che non era l’unico ad essere rimasto ferito nell’esplosione “Eraqus, di quel blob me ne occuperò di persona; lo disgregherò nelle sue unità principali e mi libererò di quest’ossessione con le mie mani. Ma dopo …” si sfilò il pastrano e guardò con disappunto la parte inferiore, rovinata in modo indiscutibile. Si trascinò con tutta la spalla ferita verso l’ascensore “ … adesso ho bisogno di un caffè. Bello forte. Anche due”.


Quella era stata l’unica volta in cui aveva litigato con Xehanort, ed anche l’unica in cui era riuscito a fargli cambiare idea. Ma il ricordo degli avvenimenti all’ingresso del Cuore dei Mondi continuava a bruciare, nascondeva di continuo quel ricordo, vergognandosi di quel crimine contro l’entità che gli aveva offerto il Keyblade e gli aveva affidato la sua intima esistenza. Il suo amico gli aveva proposto una seconda trasmutazione umana dopo la morte di Sora per mano dei demoni, ed aveva resistito con tutte le sue forze alla terribile tentazione di accettare quel patto diabolico una seconda volta. Né avrebbe permesso ad altri studenti di seguire le sue orme.
Di peccatori contro il Cuore dei Mondi ne bastava uno solo.
Era ormai l’alba quando rientrò nel Tempio, e fu colpito dalla sensazione di colpevolezza che lo accompagnava tutte le volte che passava davanti alla statua ed alla fontana a mani vuote, senza nemmeno un secchio. O forse era la sensazione di aver sbagliato tutto, di non essere un vero Maestro del Keyblade, di essere precipitato in un baratro di scelte sbagliate a cui si accumulavano i mille dubbi di quei giorni; l’ologramma era ancora muto, ed il pensiero di Terra tornò violentemente ai suoi occhi. Si chiese cosa avrebbe fatto l’uomo dalla barba grigia al suo posto.
Sarebbe andato a prenderlo, lo avrebbe preso a colpi di manico di scopa di santa ragione e avrebbe immerso la sua testa nella fontana gelida fino a farlo ragionare. Pensò, ricordando diverse scene della sua giovinezza. Ma prima sarebbe andato a riprenderlo. Fosse anche stato in un vicolo buio di Pharen o in capo al mondo.


Gli oligarchi di Autozam avevano messo a disposizione di Terra un lussuoso appartamento in cima a un grattacielo nel centro governativo. Evidentemente volevano tenerselo vicino: per controllarlo forse, o per potersi servire di lui nel momento del bisogno. Data la massiccia presenza di soldati armati su tutti i piani, la prima ipotesi pareva più probabile.
In teoria Aqua non sarebbe dovuta essere lì.
I soldati a guardia dell'ascensore la squadrarono con lieve sospetto, ma si rassicurarono immediatamente alla vista del badge lasciapassare che le pendeva dal collo, e nessuno la ostacolò.
Se non fosse stato per Eagle non sarei entrata neanche tra un milione di anni.
Aqua era cosciente di non essere stata del tutto onesta con lui. Sapeva di avere un certo ascendente sull'ex compagno di addestramento: ai tempi in cui erano allievi insieme lui l'aveva invitata a uscire più di una volta, e se per Aqua si era sempre trattato di niente più che piacevoli cene tra amici, i sentimenti di Eagle erano ben diversi. Negli ultimi tempi, prima che lui tornasse a Autozam per assolvere al servizio militare, aveva rifiutato i suoi inviti con sempre maggior frequenza, temendo di illuderlo troppo.
Stavolta invece lo aveva supplicato senza vergogna, dando fondo a tutta la sua capacità di persuasione. Aveva capito subito che le stava nascondendo qualcosa, qualcosa di cui invece avrebbe avuto una gran voglia di parlare. Qualcosa che riempiva i suoi occhi di dolore e vergogna, che gli impediva di incontrare direttamente il suo sguardo e che lo riempiva di imbarazzo ogni volta che doveva rivolgerle la parola. Allora era partita all'attacco.
Alla fine Eagle aveva ceduto alle sue preghiere e le aveva rivelato che Terra si trovava a Autozam, sotto la protezione del governo. Un segreto di stato che non avrebbe mai dovuto far trapelare. Aqua gli aveva promesso il silenzio in cambio della possibilità di incontrarlo. Perché le sarebbe bastato vederlo solo un attimo per sapere che andava tutto bene, che le accuse dei demoni erano infondate, che lo avevano confuso con qualcun altro, che era tutto un grosso, terribile, increscioso malinteso...
Perdonami, Eagle. Io devo sapere.
Suonò alla porta dell'appartamento, ignorando i soldati che circolavano sul pianerottolo, e attese con il cuore in gola.
Fu lui in persona ad aprirle. Sembrava stanco, con gli occhi cerchiati e una giacca ancora addosso, come se fosse rientrato in casa in quel momento. Aqua gli gettò le braccia al collo senza lasciargli il tempo di parlare, nascondendo il viso nell'incavo della sua spalla. Con un brivido di piacere e di sollievo sentì che Terra ricambiava la sua stretta, forte, rassicurante e protettivo come sempre.
Come potevano pensare che fosse stato lui?
“Aqua... che ci fai qui?”
La fece entrare in casa, mentre la porta alle loro spalle si richiudeva automaticamente senza emettere nemmeno un sibilo.
Lo guardò. Era bellissimo come sempre, solo un po' più provato del solito, come se qualche pensiero gravoso lo tormentasse. Ovvio del resto, con quelle accuse terribili che pendevano sul suo capo. Chiunque al suo posto sarebbe stato in ansia.
“Ero preoccupata per te... a Radiant Garden è esploso il caos, ho sentito poche ore fa il Maestro Eraqus! Il consorte del Grande Satana era furioso... il Maestro e Re Ansem sono riusciti a convincerlo che l'Ordine dei Custodi non c'entra nulla in questa storia, ma ti hanno comunque dichiarato ricercato! Il che è assurdo! Devi farti avanti e dire loro che...”
Già a metà del discorso si era resa conto che qualcosa non andava. Lo sguardo di Terra, i suoi splendidi occhi blu erano... strani. Insolitamente cupi. Ed evitavano il contatto con i suoi.
La verità si fece strada dentro di lei come un pezzo di ghiaccio che qualcuno le avesse fatto ingoiare a forza.
“Terra... dimmi che è tutto falso. Ti prego dimmelo. Ti supplico.”
“Ho fatto giustizia, Aqua. Per tutti gli innocenti massacrati alla villa di Pegasus. Per le vittime nelle strade. Per Sora.”
Aqua non cercò nemmeno di fermare le lacrime. Non poteva essere vero.
Non lui, non Terra, non il suo Terra, il forte e generoso Terra, colui che tutti gli allievi più giovani consideravano un fratello maggiore, che il Maestro adorava come un figlio, che Ventus venerava come un eroe.
Non il Terra che lei amava.
Aprì la bocca per parlare, ma non riuscì a dire nulla. La voce le era rimasta paralizzata sul fondo della gola.
Come in un incubo.
“Il Grande Satana stava coprendo quel criminale del suo ambasciatore. O addirittura lui stava agendo su suo ordine. E nessuno avrebbe fiatato, saremmo stati in silenzio e a capo chino a guardarli calpestare la dignità delle nostre vittime. Perché i demoni credono di essere superiori alle leggi e alla morale solo perché hanno il potere. Ebbene, non sono gli unici. Anch'io ho un potere prezioso, quell'oscurità che il nostro Maestro disprezza tanto. Non potevo restare a guardare. Da grandi poteri derivano grandi responsabilità: non usare le mie capacità per difendere i deboli, quello sarebbe stato davvero un crimine grave.”
“Ma... l'hai uccisa a sangue freddo!” ogni parola che pronunciava era una stilettata conficcata nel suo petto. “Dov'è la giustizia in un'esecuzione così brutale? Ci sono i politici e i diplomatici per...”
“I diplomatici?! Sbaglio o sono stati i diplomatici dei demoni ad assassinare bambini innocenti con il beneplacito della loro sovrana?”
“Ma non ci sono prove certe che l'ambasciatore Pai abbia...”
“E CHI ALTRO VUOI CHE SIA STATO?!” Aqua fece un balzo all'indietro per l'improvvisa violenza di quelle parole. Terra ora era furioso, come lo aveva visto solo in rarissime occasioni. Le faceva paura. Come in un incubo.
“Hai visto quel demone, hai viaggiato con lui! Come puoi difenderlo?! Uno come lui darebbe uno dei suoi tre cuori per vedere tutti noi umani cancellati dalla faccia di Cephiro. E gli altri della sua razza non sono da meno. Sono un popolo barbaro, che crede solo nella legge del più forte.”
“E non è lo stesso che stai facendo tu? Non ti sei forse arrogato un diritto che non ti spettava?”
L'osservazione sembrò aprire una breccia nella furia di Terra. Il ragazzo aprì un paio di volte la bocca a vuoto, e la sua rabbia parve cedere il posto all'incertezza.
“Io... è diverso!” protestò infine, i pugni stretti per la frustrazione. “Io uso il mio potere per difendere gli innocenti! Non per me stesso!”
“Noi Custodi non abbiamo il diritto di decidere chi deve vivere e chi deve morire.”
“Se non noi, allora chi lo farà?”
Nel silenzio che seguì ad Aqua parve di sentire il proprio cuore inghiottito da quella stessa oscurità che ora riempiva i discorsi di Terra. Una parte di lei ancora sperava di riaprire gli occhi e scoprire che era stato tutto soltanto un incubo.
“Terra... questo...questo non sei tu.”
“No, Aqua.” ora non c'erano rabbia o risentimento negli occhi di Terra. Lo sguardo che le lanciò era pieno di tristezza. Ma anche determinazione, quella forza inossidabile che in passato lo spingeva a rinunciare a cibo e sonno per proseguire negli allenamenti a qualunque costo. Aqua lo ricordava bene. “Credo di non essere mai stato davvero me stesso come ora.”
Aqua scosse la testa con energia: “Puoi ancora...”
No.” Terra soffocò la sua obiezione con un gesto deciso del braccio. “Ho fatto la mia scelta, Aqua. Questo è il cammino che voglio intraprendere. Difenderò Cephiro a modo mio.”
“Odiando i demoni in questo modo difenderai solo una parte di Cephiro.”
“Esatto. Solo la parte buona. Ed estirperò quella marcia fino a che questo mondo non diventerà un posto migliore.”
Le lacrime continuavano a scorrere senza sosta sul viso di Aqua.
Con una stretta gentile ma ferma Terra la prese per una spalla e la condusse alla porta. “Ora è meglio che tu vada. Non sei autorizzata a stare qui, vattene prima che qualcuno se ne accorga.”
Terra premette un pulsante sul muro e la porta si aprì silenziosamente. Aqua si voltò e lo prese per le braccia, cercando nuovamente di abbracciarlo, di stringerlo a sé. Non voleva lasciarlo andare. Sentiva che se lo avesse fatto lo avrebbe perso per sempre. Non voleva. Non voleva a nessun costo. Ma lui fece un passo indietro, divincolandosi dalla sua stretta.
“Ti chiedo solo una cosa: combatti anche tu per proteggere Cephiro. A modo tuo, come credi sia giusto. Ma non restare immobile a guardare mentre gli eventi precipitano, Aqua.”
“Terra...”
La porta iniziò a richiudersi. Attraverso il velo di lacrime che le appannava gli occhi Aqua vide per l'ultima volta il viso di Terra, e le parve che le stesse sorridendo con tristezza. Poi di fronte a lei ci fu solo una fredda parete grigia.
Ma non era solo una barriera d'acciaio a dividerli ormai. Terra aveva varcato la soglia verso un mondo in cui Aqua non poteva più seguirlo.
Lo aveva perso.

____________________________________________


Complimenti a chi e' arrivato fino qui e speriamo vi abbia interessato!
Alla prossima!!
 
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10superflex1
view post Posted on 17/8/2012, 12:29




CITAZIONE
quinto

Vuoi dire sesto? xD
Comunque, bel capitolo! Finalmente viene alla luce il motivo per cui Sora non è più in grado di usare il Keyblade,
che suppongo sia a causa del Cuore dei Mondi,
cosa che mi teneva sulle spine, sì!
Mi è piaciuto troppo il pezzo in cui si materializza il Cuore dei Mondi ed Eraqus cerca di respingere i tentacoli! =D
Ed adesso? Chi succederà a Nehellenia? Immagino Baan, essendo suo marito...Ma non è detto ò_o
CITAZIONE
“ … adesso ho bisogno di un caffè. Bello forte. Anche due”

Tale e quale a me la mattina...Non è che io e MX siamo imparentati? Brrr...Che orribile pensiero °_°"
CITAZIONE
Da grandi poteri derivano grandi responsabilità

Spiderman! Non è la frase che gli dice lo zio? **
 
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view post Posted on 17/8/2012, 21:18
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The acid Queen in a psychedelic scene

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CITAZIONE
Vuoi dire sesto? xD

Si', sorry, che rincretinita XD

CITAZIONE
Spiderman! Non è la frase che gli dice lo zio? **

Yes! Non ho saputo resistere alla tentazione di fare la citazione, ci stava troppo XD


Comunque superflex mi sono accorta solo oggi che avevi postato un nuovo capitolo anche tu!
Mi ha fatto morire la parte di Gandalf che vuole i 20 euro XD
E poi bella la scazzottata "fraterna" tra Vang e Toald XD Quando si avvicinano e si mettono le mani l'una sulle spalle dell'altro per un istante ho pensato volessero baciarsi, ma poi mi son detta "no, e' una storia comica, e flex non farebbe mai una cosa cosi' banale" XD E infatti... XD

CITAZIONE
Sfoderai la miglior arma difensiva contro un uomo: calcio nei punti bassi!

Stima per vang! :D

CITAZIONE
Cercai di distrarmi pensando che al mondo c'erano sciagure peggiori: i bimbiminkia di dieci anni che tutte le sere si recano in discoteca, i bambini che se gli parli di Charizard ti dicono che conoscono solo Tepig, le ragazzine sui forum di Justina Biberina, i One Direction e tutti gli altri idoli momentanei che scrivono “BELLIXIMO11!!1TI AMERò XSEMPRE” senza pensare che tra uno-due anni passeranno completamente di moda e si dimenticheranno di loro

Troppo vero XD

Apprezzo anche che la protagonista, Vang, in questi due ultimi capitoli stia acquisendo nuovo risalto... prima mi era sembrata un po' oscurata dagli altri personaggi, ma ora si sta facendo valere :) Aspetto il prossimo capitolo!
 
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Micia-kun
view post Posted on 21/8/2012, 09:19




Salve ^_^

Questo contest sembra molto interessante e sarei interessata a partecipare ma non sono sicura di poterlo fare visto che è cominciato da un pezzo ....

A dir la verità avevo già mandato un MP a Lis chiedendole se ero ancora in tempo ma dal momento che non mi compariva tra i messaggi inviati credevo di aver sbagliato qualcosa :D
 
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view post Posted on 21/8/2012, 10:28
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Ti ho appena risposo all'mp, ma te lo riscrivo anche qui: certo che puoi partecipare :)
 
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Micia-kun
view post Posted on 21/8/2012, 10:28




Ah okay vedo che è arrivato ^_^
Bene stasera mi metto all'opera!
 
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10superflex1
view post Posted on 26/8/2012, 09:54




CITAZIONE
E poi bella la scazzottata "fraterna" tra Vang e Toald XD Quando si avvicinano e si mettono le mani l'una sulle spalle dell'altro per un istante ho pensato volessero baciarsi, ma poi mi son detta "no, e' una storia comica, e flex non farebbe mai una cosa cosi' banale" XD E infatti... XD

Thanks! In effetti all'inizio avevo altre idee (ehi, non pensate male ò_ò), poi ci sono stata un bel po' a pensarci e mi sono detta che in effetti era un poco monotono...Sono felice che sia venuto l'effetto desiderato : D
CITAZIONE
Apprezzo anche che la protagonista, Vang, in questi due ultimi capitoli stia acquisendo nuovo risalto... prima mi era sembrata un po' oscurata dagli altri personaggi, ma ora si sta facendo valere

Che nessuno si preoccupi, in un modo o nell'altro Vang ci sarà sempre xD
 
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Micia-kun
view post Posted on 26/8/2012, 13:51




Finalmente mi sono decisa a postare il primo capitolo del mio racconto ^^
E' ambientato 3 anni dopo Kingdom Hearts II, e ho immaginato che la battaglia sia finita a favore dei nostri eroi che ora vivono in pace nel loro mondo.
L'unico personaggio della serie che ho preso (per ora) è Kairi, che qui ha 18 anni. Nel primo capitolo sarà lei la protagonista in quanto è "quella nuova" e così andavo bene a descrivere i luoghi e la situazione ^^ ma poi cambieranno i personaggi principali.

Il capitolo uno è molto corto perché in origine questo doveva essere il prologo, ma poi ho pensato che fosse un capitolo a tutti gli effetti ^_^
Ah ora che ci penso mi sono scappate un paio di parole scurrili nel racconto

Piccola nota, ho scritto Re e Regine con la maiuscola per sottolineare che loro sono di gran lunga superiori ai normali sovrani.

Per aiutarvi coi personaggi ho fatto un piccolo specchietto, con nome, età, legami di parentela, regno che governano e anche una "theme song" per ciascuno, perché secondo me la canzone che si associa ad un personaggio fa capire molto del suo carattere. I personaggi sbarrati sono deceduti nel corso della storia
Come noterete, alcune di queste canzoni sono le themes di personaggi di altri anime/videogiochi etc etc , ma questo NON significa che siano uguali, semplicemente la musica si adatta anche ai miei personaggi :)

Ps: Purtroppo quella di Duns si sente da schifo, ma non ne avevo trovate altre senza il parlottio di sottofondo dei protagonisti ...

Specchietto:

Dēvan, Re di Ulakam
Età: 24, dal quinto capitolo 25
Capelli: Biondi
Occhi: Scarlatti
Gli piace: Dormire e fare discorsi complessi
Non gli piace: Combattere e lavorare troppo
Parenti: Mordred (sorellastra)
Theme: www.youtube.com/watch?v=bIVugJ4E3-0

Vega, Regina del Cigno
Età: 18, dal quinto capitolo 19
Capelli: Biondi
Occhi: Pervinca
Le piace: Kinha, combattere e prendere in giro gli indifesi
Non le piace: Prendere ordini, Belfire, Turōki, Mordred e Kairi
Parenti: Kinha (cugino), Elnath (cugina)
Theme: www.youtube.com/watch?v=Sj6qCC1kqvs

Kinha, Re di Prāsāth
Età: 22, dal quinto capitolo 23
Capelli: Argentei
Occhi: Azzurri
Gli piace: Combattere, uccidere e dare ordini
Non gli piace: Turōki, venire dopo Vega nell’Ordine, Ian e Pam
Parenti: Elnath (sorella), Vega (cugina)
Theme: www.youtube.com/watch?v=zc0KjP0BGHg

Mordred, Regina della Montagna
Età: 26, dal quinto capitolo 27
Capelli: Biondi
Occhi: Scarlatti
Le piace: Aiutare gli altri, essere dolce e amichevole con tutti
Non le piace: Il potere, governare e chi fa del male
Parenti: Dēvan (fratellastro)
Theme: www.youtube.com/watch?v=5V08VNKAI48

Shedar, Regina d’Alfa
Età: 15, dal quinto capitolo 16
Capelli: Neri
Occhi: Grigi
Le piace: Lâki, correre, vivere avventure e chiacchierare con Kairi
Non le piace: Vega, Kinha, Dēvan e tutti i prepotenti
Parenti: Malefica (madre)
Theme: www.youtube.com/watch?v=fxMYafZsxu8

Elnath, Regina d’Orione
Età: 23
Capelli: Biondi
Occhi: Azzurri
Le piace: Sedurre, le feste, i soldi, essere crudele e far arrabbiare Kinha
Non le piace: Occuparsi dei suoi doveri da Regina
Parenti: Kinha (fratello), Vega (cugina)
Theme: www.youtube.com/watch?v=VwYO6sq0vvU

Lâki, Re di Tenelux
Età: 17, dal quinto capitolo 18
Capelli: Castani
Occhi: Castani
Gli piace: Shedar, giocare, leggere e suonare il suo flauto magico
Non gli piace: Combattere
Parenti: Sconosciuti
Theme: www.youtube.com/watch?v=ZwMmKXWpppw

Duns, Re della Luna
Età: 24
Capelli: Blu
Occhi: Indaco
Gli piace: Passeggiare, discutere con Lâki e fare osservazioni acute
Non gli piace: Tutto ciò che è ottimista, ridere e scherzare
Parenti: Sconosciuti
Theme: www.youtube.com/watch?v=immxn4Q-niU

Belfire, Re del Mondo Sotterraneo
Età: 30, dal quinto capitolo 31
Capelli: Neri
Occhi: Neri
Gli piace: Starsene per i fatti suoi
Non gli piace: I comportamenti poco ortodossi di suo fratello, studiare e essere chiamato Belfiore
Parenti: Turōki (fratello)
Theme: www.youtube.com/watch?v=LkvyzXgG-kQ

Sindar, Re delle Lande
Età: 40, dal quinto capitolo 41
Capelli: Castano scuro
Occhi: Neri
Gli piace: Spronare i suoi figli perché diano il massimo, combattere e diventare sempre più forte
Non gli piace: I pazzi assetati di potere, far parte di strani complotti, mettere a rischio la vita dei suoi compagni
Parenti: Ianword (figlio), Pamword (figlio)
Theme: www.youtube.com/watch?v=aCMbmlOTnb0

Ianword, Re del Mare
Età: 18, dal quinto capitolo 19
Occhi: Viola
Capelli: Castani
Gli piace: Combattere, rendere orgoglioso suo padre e passare del tempo con Kairi
Non gli piace: I pigri, ballare e essere triste
Parenti: Sindar (padre), Pamword (fratello)
Theme: www.youtube.com/watch?v=zlDIzai0xoc

Pamword, Re di Nakaram
Età: 18, dal quinto capitolo 19
Occhi: Viola
Capelli: Biondo scuro
Gli piace: Vega, dormire e essere felice
Non gli piace: Combattere, studiare e suo padre quando lo fa lavorare
Parenti: Sindar (padre), Ianword (fratello)
Theme: www.youtube.com/watch?v=iAjWqHByhdQ

Turōki, Re dell’Aldilà
Età: 26, dal quinto capitolo 27
Occhi: Verdi
Capelli: Neri
Gli piace: Il potere, il potere, il potere
Non gli piace: Non avercelo
Parenti: Belfire (fratello)
Theme: www.youtube.com/watch?v=2TA68WgeTTE

Seaven, Re della Scogliera
Età: 16
Occhi: Neri
Capelli: Bianchi
Gli piace: Fare lo sbruffone e comportarsi come se fosse un pezzo grosso
Non gli piace: Vega e Kinha
Parenti: Sconosciuti
Theme: www.youtube.com/watch?v=kWKcbpdUwCw

Kairi, Regina di Radiant Garden
Età: 18, dal quinto capitolo 19
Occhi: Azzurri
Capelli: Rossi
Le piace: Essere determinata, fedele ai suoi amici e saper distinguere il bene dal male
Non le piace: Chi vuole ottenere il potere ad ogni costo, chi uccide e non essere abbastanza forte
Parenti: Sconosciuti
Theme: www.youtube.com/watch?v=81txxKEI0ps

Yorg, Ciambellano
Età: 70
Capelli: Grigi
Occhi: Castani
Gli piace: Mangiare cose buone (quando può), abitare ad Ulakam, essere un ciambellano
Non gli piace: Doversi nutrire solo di pane e acqua ed essere maltrattato dai sovrani
Parenti: Sconosciuti

Vanitas (ME)
Età: Sconosciuta
Capelli: Neri
Occhi: Gialli
Theme: www.youtube.com/watch?v=G-U-0Jfm1ds

Angelo della Morte
Età: Sconosciuta
Apparenza: Alto circa 3 metri, completamente nero, ha quattro braccia e combatte con altrettante spade: una rossa, una bianca, una nera e una verde.
Theme: www.youtube.com/watch?v=Ii373k8XsDI






Spero che vi piaccia! ^_^

L'Ordine dei Re



Nel mondo in cui vivono i protagonisti delle vicende di Kingdom Hearts ora regna la pace, ma data la scomparsa di Ansem, il potere a Radiant Garden è passato nelle mani di Kairi, ormai giovane donna, saggia e di animo nobile.
Essendo quel luogo l’epicentro del loro mondo, Kairi scavalcava ogni altro sovrano e poteva essere accolta nell’Ordine dei Re, fondato 1600 anni prima dal sovrano di Ulakam, con lo scopo di riunire tutti i maggiori Sovrani dell'universo conosciuto.
Il Re di Ulakam presiedeva da sempre l’Ordine, e per questo veniva chiamato il Re dei Re, vi erano poi altri quattordici membri provenienti da ogni dove.
In origine si teneva un’adunanza ogni anno, ma dato il caos nato negli ultimi tempi, i membri si riunivano sempre più spesso, tanto che alcuni non facevano nemmeno ritorno a casa tra un concilio e l’altro.
Non v’era una gerarchia al suo interno, ma ufficiosamente Vega e Kinha erano i Sovrani più potenti e influenti dopo Dēvan, oltre ad essere i suoi più fedeli sottoposti.
Infatti nella sala dei troni, sedevano rispettivamente alla sua sinistra e alla sua destra e guardando attentamente si poteva notare che i loro due seggi erano leggermente più elevati rispetto agli altri, restando comunque più bassi di quello di Dēvan, cosa che non andava giù per niente ad alcuni sovrani, soprattutto a Turōki e Belfire che sovente se ne lamentavano, ma restando sempre inascoltati.

Per accogliere Kairi all’interno dell’Ordine era stata indetta un’adunanza straordinaria a cui avevano partecipato (miracolosamente) tutti i membri.
Portavano tutti le tuniche da cerimonia, completamente bianche, con le maniche più lunghe di qualche centimetro rispetto alle braccia e un lungo strascico, quella di Dēvan era uguale alla loro, ma completamente dorata ed era l’unica occasione in cui tutti potevano indossare le proprie corone e stemmi.
Kairi era l’unica a non possedere una corona, ma come stemma si era attaccata alla veste una spilla a forma di Keyblade.
La cerimonia si svolse in una cattedrale dedicata a Góra, unico e vero Dio di tutto l’universo; Kairi stava ai piedi dell’altare in ginocchio e Dēvan davanti a lei le mise le mani sul capo dicendo: “ Io, Sovrano dei Sovrani, ti accolgo ufficialmente nel più prestigioso e nobile Ordine di tutti i tempi; d’ora in poi sarai chiamata Regina e la tua autorità sarà inderogabile nel tuo mondo.
Che tu sia esempio di saggezza e bontà per i tuoi sudditi, e non manchino mai giustizia e prosperità nel tuo regno.”

Kairi poi si alzò e si voltò verso il popolo di Ulakam, applaudita vigorosamente da tutti.
In prima fila c’erano tutti i suoi amici, Sora, Riku, Selphie e tutti coloro che aveva conosciuto viaggiando nel mondo dei mondi e questo la rendeva più sicura e felice.
Poi si girò nuovamente verso Dēvan per ricevere la sua corona, era talmente fina che vi passava la luce attraverso, fatta di alabastro bianco e con un cuore, simbolo di Kingdom Hearts, intagliato davanti.

Dopo la cerimonia si recò insieme agli altri Sovrani nel Bastione Scarlatto dove risiedeva Dēvan e dove si tenevano i concili.
Si trovava in cima ad una scogliera bellissima, da cui si poteva ammirare l’oceano e al tramonto arrivavano le sirene e incantavano tutti con le loro danze e i loro dolcissimi canti.
Il castello era enorme, tanto alto quando profondo, infatti i suoi sotterranei finivano dritti dentro una grotta buia, con un piccolo lago salato all’interno; Dēvan anni prima aveva fatto scavare un tunnel, percorribile a nuoto o con piccole imbarcazioni, che portava all’oceano.
Ai piani superiori invece, oltre alle normali stanze come le cucine, la sala da ballo, i gabinetti e il salone principale, si trovavano anche la sala dei troni, dove si tenevano le riunioni, e le stanze per i membri, che potevano liberamente fermarsi a Ulakam per tutto il tempo che desideravano.
Gli appartamenti di Dēvan erano invece proibiti a chiunque e si trovavano all’ultimo piano del bastione.
Finito il giro ognuno fece ritorno al proprio mondo; Kairi si era riunita ai suoi amici che si sono congratulati vivamente con lei, specialmente Sora che era davvero felice che la sua migliore amica avesse ricevuto un tale onore; poi anche loro tornarono a casa.
Nonostante tutto, Kairi aveva deciso che sarebbe rimasta alle Isole del Destino per la maggior parte del tempo e affidando Radiant Garden nelle mani di Leon, Yuffie, Aerith e Cid, in sua assenza.

Due giorni dopo venne convocata a Ulakam.
Al suo arrivo c’era solo Dēvan, desideroso di scambiare due parole con lei a proposito del suo mondo e degli avvenimenti degli ultimi anni.

K: E’ stato assolutamente terribile, alcuni mondi sono stati distrutti e molti uomini trasformati in bestie senza cuore che-
D: Sì sì, ne ho sentito parlare, credo … Ma dimmi, che ne è di Ansem? Era un mio caro amico.
K: E’ venuto a mancare nel tentativo di sventare i piani dell’Organizzazione.
D: Organizzazione?
K: Sì, erano 13 potenti Nessuno che miravano alla conquista di Kingdom Hearts ed erano pronti a tutto pur-
D: Ah Kingdom Hearts, non credevo che esistesse ancora … peccato per Ansem, spero che tu sia alla sua altezza.
K: Farò del mio meglio!
D: E dimmi, chi ha messo fine a questo scompiglio?
K: Scompiglio? Io lo chiamerei più il Caos totale! Ed è finito grazie a Sora, un mio amico che-
V: Beh non era così terribile se è finita grazie ad un moccioso! Ahahah! A proposito, io sono Vega, Vega dei Cigni.

Vega era appena arrivata, indossava una abito blu con le maniche lunghe, davanti arrivava fino alle ginocchia, ma dietro arrivava fino a terra; Kairi trovava piuttosto bizzarro che andasse in giro senza scarpe, ma poi pensò che fosse usanza del suo popolo.
Vega si mise poi a sedere comodamente, con le gambe di lato e la testa appoggiata al poggia braccio opposto, con le sue due lunghe trecce bionde che arrivavano fino a terra.
A Kairi stava già antipatica.

D: Vega, non essere scortese per favore.
V: Pff come vuoi capo.

Un’altra cosa che privilegiava Vega e Kinha era che potevano liberamente dargli del tu, e non dovevano usare appellativi come vostra grazia o eccellenza e anche questo infastidiva alcuni Sovrani.
Pian piano arrivarono altri membri ma Duns e Seaven non si presentarono.

K: Credevo fosse obbligatorio partecipare alle adunanze.
V: Per te sì, sei ancora una principiante! Poi noi facciamo quello che vogliamo...

L’adunanza fu particolarmente noiosa e monotona, Vega era rimasta per tutto il tempo in quella posizione, coi piedi appoggiati al seggio di Seaven, che tanto era vuoto.
Kairi era curiosa di vedere se anche Kinha era tanto sbruffone quanto lei, ma rimase per tutto il tempo zitto, a braccia conserte e con lo sguardo estremamente serio.
Durò quasi tre ore in cui non venne concluso niente, a parte che delle forze oscure si stavano risvegliando; ma questo era ben noto a tutti.
Verso la fine scoppiò pure una lite tra Belfire e Vega,

B: Sei solo una dannata puttana, non sei buona a nulla e il tuo grado te lo sei guadagnato andando a letto con Dēvan! Dannata, scommetto che contro di me non resisteresti nemmeno un secondo!

E così dicendo correva verso di lei brandendo una spada enorme; Vega non si girò nemmeno verso di lui e schioccando le dita lo folgorò in una maniera così brutale che lo ridusse in fin di vita, lasciandolo steso su una pozza del suo stesso sangue.

Belfire era un uomo enorme e non assomigliava per niente a suo fratello, aveva la pelle olivastra e dei muscoli impressionanti, ma il suo punto debole era che, come Seaven, non era assolutamente in grado di usare la magia.

Kairi era impressionata da quello che aveva appena visto e degli schizzi di sangue le avevano imbrattato i vestiti; come aveva potuto fargli del male così? E perché Dēvan non è intervenuto?
Cominciava seriamente a credere che Belfire avesse ragione, ma in fondo Vega non le sembrava proprio una buona a nulla.
Dopo l’accaduto la riunione venne dichiarata conclusa e nella sala c’erano ormai solo Vega e Kinha.

K: Non farlo mai più.
V: Eddai gli ho solo dato un avvertimento!
K: La prossima volta che ti rivolgono tali ingiurie limitati ad ignorarlo.
V: Si e mi faccio anche infilzare magari!
K: Puoi volare no? Allora evita il suo attacco.

Kinha se ne andò senza aggiungere altro, lasciando Vega sola.

Edited by Micia-kun - 5/10/2012, 14:32
 
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view post Posted on 26/8/2012, 15:31
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Micia, ho aggiunto la tua storia al primo post con il link al primo capitolo :) Solo un dubbio: ma l'Ordine dei Re e' il titolo di tutta la fic o solo del primo capitolo?

Comunque, molto interessante e utile lo specchietto :) E bellissima l'idea di dare a ciascun di loro un character theme, mi e' piaciuta un sacco!!!
E anche l'argomento della storia mi interessa molto. Curiosa inoltre la scelta di Kairi come personaggio, di solito, almeno qui nel forum, e' molto trascurata.
Vega sembra incredibilmente potente... e ho l'impressione che presto qualche membro dei piu' scontenti tentera' qualche colpo di mano XD
Staremo a vedere XD
 
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