Ok gente, ultima tornata di Fanfiction. Complimenti a tutti quelli che hanno lavorato duramente fino ad oggi! Prima di postare la mia Fanfiction ,come al solito, mi permetto di fare una breve serie di commenti veloci.
Fen: Mi è molto piaciuto come hai messo i vari temi degli scorsi mesi in giro per la storia. Credo di averli trovati quasi tutti. La virata dell'uscita dalla quarta parete ammetto che non me l'aspettavo, e devo dire che fa sempre piacere vedere un personaggio venire a patti con il suo destino inevitabile, e il caso di un personaggio che scopre di essere il frutto di una penna d'autore...beh, quello è raro!
Direi inoltre che hai fatto bene a concentrarti sulla descrizione dello stato d'animo di Marinette, facendo sì che la caduta nell'oscurità (so che dovrei dire akumizzazione, ma sai com'è, Kingdom Hearts) fosse più realistica.
White: Beh, Mai non era qualcuno che m aspettavo di vedere, ma diamine se sono felice che ci sia. La prima parte è sicuramente quella che mi è piaciuta di più, sei riuscita a rendere molto vivida la scena, specie usando gli odori. Arrivi addirittura a pensare di esserti dovuto svegliare presto anche te. Per quanto la tensione della parte finale sia certo d'effetto, credo che non batta tutto il microcosmo di relazioni che hai creato nella nuova Radiant Garden, vista non dalla prospettiva dei soliti Keyblader o Apprendisti, ma da quella che nella simulazione è una comune cittadina.
E poi Mai ed Aeleus, awwwwwwwww! Avrei voluto davvero vedere quella parte di simulazione, il nostro gigante si merita più screentime. Dannato Saix, sempre ad arraffare la luce dei riflettori!
Val: Ti sei tenuto Nao per ultimo, eh? Vecchio smargiasso. Utilizzare il quadro di Xehanort apprendista, ecco, già la partenza è ottima: è un elemento molto di sfondo ma che in KH 2 aveva un'importanza non indifferente nella storia, rivelandoci dell'appropriazione di un'identità. Poi che piccina Nao, sempre messa in situazioni dove si sente insicura: tenere alto il nome dell'atelier Mishima (ormai famoso in tutti i mondi, a quanto abbiamo visto), dover subire le ire di tutte le fan di Zexion, entrare in un laboratorio dove se tocchi qualcosa come minimo parte una multa.
Il tutto per poi trovarsi davanti quello che potrebbe essere un corpo da nascondere. Mi ha fatto un po' ridere quella scena, ma ci ha guidati in una descrizione davvero bella del processo di disegno di Nao. Sei stato molto dettagliato, complimenti! E poi vabbè, arriva Rio e succede un quarantotto. E' uno strazio guardare Nao farsi coraggio, perché sai che vuol dire andare incontro alla morte per lei, quindi mischi l'orgoglio per lei e l'ansia per la sua sorte.
E beh, manca solo una storia e poi si chiude il cerchio di tutte queste simulazioni...mi chiedo cosa accadrà.
LadyB: Oof, che finale drammatico! Ma aveva molto molto senso: durante tutte le altre storie avevamo visto Carlos e il rapporto quasi tossico che aveva con quest'ideale del padre perfetto che doveva essere Xigbar/Luxu, e di come lo abbia cambiato pian piano. Abbiamo anche potuto vedere come ciò fosse effettivamente voluto dal padre, ed ecco che tutti i fili si congiungono: il piano riesce, Carlos cade completamente nell'Oscurità, il gruppo è spezzato, e Luxu ha un nuovo recipiente.
Tutto molto organico, devo dire. E se posso aggiungere, ho molto apprezzato le interazioni tra Mal e Riku, più che altro perché quest'ultimo ha molte meno interazioni nei giochi, se non con Sora e Topolino. E' una ventata d'aria fresca vederlo con una nuova amica.
Lis: Come al solito, ottima interpretazione di Vexen, ma devo aggiungere che anche Demyx è parecchio preciso per come lo hai reso. Sembra quasi di vedere la loro chiacchierata in KH III, adattata però a un'altra situazione, rendendo realisticamente una conversazione futura a quella.
Ma il momento clou è ovviamente il confronto con Xion. Per quanto mi piaccia molto la sua descrizione come automa e la "resa" di Vexen alla propria morte, mentirei se non dicessi che la mia parte preferita è stata la narrazione ci come il Freddo Accademico l'abbia cresciuta, e di come fosse fiero quando ha scoperto che anche dopo la sua morte lei sia stata capace di pensiero critico.
E oltretutto, ci hai dato una sequela di eventi verosimile per la reincarnazione in Qualcuno di Even.
Hime: Non so se era voluto, ma la parte iniziale con l'immersione e il Keyblade tempestato di gemme mi sapeva troppo di riferimento al fatto che Luxord va sempre nel mondo dei Caraibi, un bel dettaglio. Poi mi piace la seguente narrazione fatta di stralci di vita quotidiana che costruiscono man mano non solo i rapporti tra i futuri Nessuno, ma anche la sottotrama della caduta nell'oscurità di Ephemer, che espolde nel finale. La sua discesa nella pazzia e la descrizione dei mostri come "orrori" mi ha dato un non so che di Lovecraftiano, ma forse ce lo vedo solo io.
E poi vabbè, mi citi la leggendaria lancia di Cu Chulainn. Una stellina d'oro per te!
Uuuuuuuff...sono alla mia ultima storia. Si ricollega molto alla precedente per obiettivi e a quella di 358/2 Days per il mondo in cui è ambientata. Spero vi piaccia!
9° tale
Focus on: Keiji Shinogi
Rating: Verde
IL TRIELLO
La prima cosa che lo raggiunse del Count Basie Bar fu la musica frizzante che permeava il locale. Keiji non era famoso per essere un amante della musica, giù al distretto centrale, ma non poté fare a meno di schioccare le dita a tempo. Si guardò intorno: il posto dove Megumi gli aveva dato appuntamento era scintillante, dal marmo del pavimento fino ai bicchieri stipati dietro al bancone. Individuò subito i lunghi capelli neri della collega, seduta in un angolo, senza occhi indiscreti che la guardavano. D’altronde, gli avventori del bar erano persone molto ordinarie. Megumi diceva sempre che preferiva parlare di cose private in piena vista. Si destava meno attenzione che essendo riservati.
Giunto al tavolino rotondo, Keiji vi appoggiò la mano sopra.
“Wow, non ho mai visto una bellezza simile. Vieni qui spesso?”
“Wow, non ho mai sentito una frase da acchiappo più banale di questa. Rimani in bianco spesso, Shinogi?”
Keiji tentennò un momento, ridacchiando nervosamente.
“Uao, Capitano, questo è un colpo basso.”
“Mi fa piacere vedere che sei pieno di energie, Shinogi. Ne avrai bisogno per questa missione. Siediti pure.”
L’agente obbedì, tirando indietro la sedia e mettendosi seduto in modo di dare le spalle all’entrata, così da coprire Megumi. Era alquanto ansioso di iniziare: finalmente lo avevano tolto da quei tediosi incarichi a Crepuscopoli, iniziando ad assegnargli vere e proprie indagini.
“Come mai il nuovo...look?” chiese Megumi, indicando la tinta bionda di Keiji.
“Ordini dal Commissario Basettoni. Pare che alcuni dei nostri fascicoli sugli agenti siano finiti nelle mani di qualche bastardo che li sta facendo girare per le associazioni malavitose di tutti i mondi. Per sicurezza, ogni agente deve entrare nei mondi sotto un altro alias. E’ successo mentre lei era in missione sotto copertura, motivo per cui mi hanno mandato a informarla anche di questo, oltre che a...sostituirla.”
Keiji indicò il braccio ingessato di Megumi. Lei sospirò.
“Sigh, una disgrazia dietro l’altra...mi fido di te, Shinogi, ma onestamente ho un brutto presentimento riguardo a questa indagine. Mi sento come se ci fosse una forza invisibile che vuole tenerci lontani dalla verità.”
“Beh, capitano, più che prometterle di fare del mio meglio, non so cosa dirle. Vuole un drink per rilassarsi?”
“Ci ho già pensato io.” disse la donna. Come se fosse una battuta d’entrata, il barista portò loro un vassoio con sopra due bicchieri riempiti per un quarto di cubetti di ghiaccio, e due lattine di Fizz Soda, che aprì e versò per entrambi. Detto questo, fece un cenno a Megumi e si defilò.
“Sempre efficiente, eh capitano?” disse Keiji, prendendo il bicchiere ed iniziando a sorseggiare. Era piena estate nel mondo di Sweet Jazz City, e per Keiji, che si era dovuto fermare due giorni ad Arendelle per un guasto alla Gummiship della Polizia dei Mondi, la differenza si faceva sentire prepotentemente.
“Mh mh. Ora smettila di essere formale e dammi del tu, Shinogi, o ci metteremo una vita.” gli rispose Megumi, tirando fuori da sotto il gesso un fascicolo, “Abbiamo una situazione delicata tra le mani.”
I due poliziotti esaminarono insieme i vari rapporti. Nell’ultimo periodo, la Polizia aveva ricevuto una soffiata su una certo forziere misterioso, che pareva essere ricercato da parecchi fazioni pericolose: innanzitutto dalla spietata Malefica, una delle ultraricercate giù al distretto centrale. L’informazione stessa dell’esistenza di questa fantomatica “Scatola Nera” era stata ottenuta spiando un suo complice, Pietro Gambadilegno, un criminale già da tempo infelicemente noto alle autorità, e per loro fortuna poco propenso a notare microfoni nascosti.
L’altra fazione invece era nientepopodimeno che la Nuova Organizzazione XIII, anche se vi erano prove indiziarie che solo uno dei membri fosse effettivamente interessato all’artefatto. Sebbene l’Ispettore Manetta avesse teorizzato che questo potesse significare la presenza un disertore, ciò non era bastato a convincere il Commissario a tentare di contattare questo possibile alleato. Vista la pericolosità dei soggetti che davano la caccia a quel forziere, la priorità più alta era stata data al recupero dell’oggetto, non al procurarsi contatti.
Vari agenti erano stati disposti in giro per i mondi, venendo man mano ricollocati quando arrivavano notizie che Malefica o l’Organizzazione aveva rinunciato alle ricerche in quella zona.
Megumi riassunse le sue ricerche negli altri mondi a Keiji in maniera molto frettolosa, essendo state infruttuose, e passò direttamente al momento in cui una Inscribed con l’Epithet “Sightseeing” la aveva contattata per darle delle informazioni, ribaltando completamente il caso: la Scatola era in quel mondo.
Keiji si disse che era proprio una fortuna che l’oggetto desiderato fosse proprio in quel mondo, dove una buona fetta delle persone aveva poteri paranormali. A quanto aveva compreso dal briefing prima di partire, avere un “Epithet” equivaleva ad avere quelli che in altri mondi erano un concetto ristretto all’immaginazione, dei superpoteri legati a una certa parola.
Certo, questo voleva dire che il potere giusto nelle mani di un criminale avrebbe potuto compromettere la loro missione. Motivo in più per accelerare i tempi.
“Alla fine io e un’agente del posto, la detective Percival King, abbiamo ristretto i luoghi più simili a quelli della visione a due: un deserto molto lontano da qui, dove lei si è diretta, e la piccola Redwood Run, nelle nostre vicinanze. Essendo tu privo di poteri, sei stato assegnato a quest’ultimo. E’ un po’ fuori mano, ma è generalmente molto tranquillo da quando la polizia vi ha fatto un raid qualche mese fa.”
“Che è successo?” chiese Keiji
“Pare che vi fosse una piccola cella dei Banzai Blaster insediata. Hai letto il loro fascicolo, vero?”
“Ovviamente. Per quanto non sembrano essere più che teppisti un po’ troppo sicuri di sé.”
“Questo è vero. Ma va anche detto che hanno dei membri che posseggono un Epithet tra le loro fila. Non abbassare la guardia, ok? Non voglio che tu finisca come me.”
Detto ciò, Megumi alzò il gesso, quasi sventolandoglielo in faccia.
“Starò attento, Megumi.”
“Bene.” disse lei, prendendo una mappa dal fascicolo di fronte a lei, “Qui ci sono le indicazioni per raggiungere Redwood Run, più il nome di qualche contatto utile in loco.”
“D’accordo.” annuì Keiji, prendendo la mappa e infilandosela in tasca, “Vuoi che ti accompagni alla Gummiship prima di dirigermi lì?”
“No, c’è un ultimo incarico che devo gestire al commissariato della città, prima. C’è una volante che mi scorterà, lì fuori.”
Keiji constatò che effettivamente due agenti stavano aspettando Megumi fuori dal locale. Fece loro un cenno, per poi girarsi verso il capitano.
“Beh, con permesso.” disse, facendo il saluto.
Megumi rispose. Poi, mentre Keiji si girava, gli afferrò il polso.
“Cosa-”
“Agente Shinogi, ascoltami bene!”
L’atmosfera si era fatta d’un tratto molto più seria. Lo sguardo di Megumi fece scorrere un brivido lungo la schiena di Keiji, nonostante il caldo.
“Fai MOLTA attenzione mentre sei qui. Ti ricordo che non è difficile incontrare qualcuno con un Epithet, senza considerare che al momento c’è un movimento terroristico che si annida in questo mondo, e sono sicura che farebbero i salti di gioia se trovassero una tecnologia come quella delle Gummiship. Lo so che sei felice per il tuo trasferimento, ma fai attenzione che questo non ti renda meno recettivo al pericolo. Basta un secondo, uno solo, e quella felicità verrà sfruttata da qualcuno e si romperà. E se andasse a finire nel peggiore dei casi, mi costringeresti a sentire l’odore del tuo sangue sulla scena del crimine. Non. Fare. Stronzate. Capito, Keiji?”
Il giovane deglutì al sentire il capitano chiamarlo per nome.
Poi, con un cenno silente, confermò di aver capito. Megumi sorrise, e i due si separarono. Keiji andò alla sua macchina, infilandosi la cintura di sicurezza. Poi, un attimo prima di girare la chiave, si fermò. Aprì il cruscotto della macchina e tirò fuori alcuni faldoni consegnatigli dal Commissario Basettoni. Andò subito verso quello dedicato alle organizzazioni criminali del posto, verso la sezione “terrorismo”: lì, un unico nome faceva capolino.
Bliss Ocean.
L’organizzazione che si era posta l’obiettivo di eliminare, secondo una distorta etica di uguaglianza, tutti gli Epithet, compresi quelli dei propri membri. Una logica quasi contraddittoria, che però era appoggiata da alcuni degli individui con i poteri più pericolosi al mondo, che sedevano all’apice della catena di comando.
Keiji si disse che forse era una buona idea fare un piccolo ripasso.
Redwood Run era, per voler essere il più gentili possibili, un tugurio.
Keiji era rimasto alquanto colpito dalle lussureggianti foreste che costeggiavano la strada che aveva preso per dirigersi fuori città, solo per parcheggiare, addentrarsi tra gli alberi seguendo la direzione di un cartello, e infine ritrovarsi nello sperduto paesino che aveva davanti agli occhi. Calmo, decisamente troppo, con qualche persona che ciondolava per le strade senza meta, le abitazioni quasi tutte in legno, con qualche lamiera qui e lì. Quasi sicuramente tutte contenenti amianto.
La città non aveva locali, solo un grosso saloon. Sì, non un bar, non un ristorante, bensì un maledetto saloon. E in effetti sembrava di essere ritornati alla corsa dell’oro, girando per quelle strade sterrate.
Keiji raggiunse finalmente la piazza, se possibile più spoglia del resto della cittadina. Gli unici punti di possibile interesse erano un vecchio pozzo scalcinato e una sedia a sdraio sulla quale riposava un uomo in abiti logori e con un cappello a tesa larga. Keiji si disse che tanto valeva iniziare ad indagare da lì, visto che c’era qualcuno che probabilmente aveva osservato tutto il viavai di gente.
Si schiarì la gola.
“Buongiorno, come andiamo?”
“Ah, tutto bene direi.” rispose l’uomo, spostando leggermente lo sguardo, “C’è molto lavoro oggi.”
“Lavoro? Di cosa si occupa, se posso chiedere?”
“Oh, lei non deve essere di qui, vero?”
“Ammetto di essere arrivato da poco per una...valutazione edilizia, diciamo.” improvvisò Keiji, “Ci sono voci riguardo al rimodernamento della città, e stiamo prendendo delle precauzioni. Quindi, lei lavora in…?”
“Oh, beh ragazzo, io sono il Guardapozzo!”
Keiji rimase in silenzio per cinque secondi.
“Uhm, esattam-”
“Io controllo il pozzo.”
Keiji prese a guardarsi i piedi, insicuro su come continuare.
“E mi diceva che oggi c’è...molto lavoro?”continuò l’agente, fissando la cordicella da cui si calava il secchio del pozzo.
“Oh, sì. Di solito non si avvicina nessuno al pozzo, è secco da anni. Ma poco fa uno strano tizio dal cappotto nero ci si cala dentro, e poi lei arriva e inizia a fare domande sul pozzo. In pochi minuti la mia mole di lavoro si è raddoppiata!”
Keiji non rispose. Nel momento esatto in cui il Guardapozzo aveva accennato al cappotto nero, i suoi muscoli si erano irrigiditi e il suo cervello aveva iniziato a macinare ad una velocità assurda.
“Si allontani da qui.” intimò Keiji
“Cosa?”
“Questo non è un sopralluogo, è un’operazione di polizia. Vada e contatti lo sceriffo del posto...e gli dica di chiamare rinforzi dal distretto di Sweet Jazz City. Codice nero. Ora vada!”
“Ma lo sceriffo non-”
“VADA!”
L’uomo si scapicollò fuori dalla sedia e corse via, mentre Keiji metteva mano alla pistola d’ordinanza nascosta sotto la giacca. Per un attimo provò qualcosa di strano: sentì una sorta di rigetto verso l’arma, come se vi fosse un ricordo sepolto che non riusciva a dissotterrare. Scosse la testa. Non era quello il momento di farsi prendere dal panico. Aveva possibilmente a che fare con un membro della Nuova Organizzazione XIII, quindi non poteva permettersi errori.
Sentì del raspare provenire dal pozzo, e puntò la pistola in quella direzione. La prima cosa che uscì lo stupì non poco: un grosso forziere nero, che probabilmente era stato spinto a fatica nel poco spazio a disposizione nel pozzo. Keiji notò subito le varie serrature rosse sui lati, non lasciando spazio a dubbi. Dopodiché una testa fece capolino, coperta da un cappuccio nero. Il misterioso figuro gli dava le spalle. Un’occasione da non perdere!
“Polizia dei Mondi, metti le mani sopra la testa! Sei sotto tiro!” comandò Keiji, radunando tutto il coraggio che aveva ed iniziando ad avanzare verso il losco figuro. Quest’ultimo sussultò per lo spavento, tanto che il cappuccio che lo copriva cadde.
Capelli neri con righe bianche, tenuti in una lunga coda, spuntarono fuori. Keiji non ebbe bisogno di vedere il volto per capire che si trattava del soggetto XIII-N-002, meglio noto come Xigbar. Un cecchino nato e veterano della precedente Organizzazione, famoso per un tentato assassinio all’Imperatore della Terra dei Dragoni qualche anno fa. Un avversario temibile, nonostante Keiji avesse il vantaggio della sorpresa e di un’arma già estratta. Vide le braccia dell’uomo alzarsi in segno di resa, mentre la testa si girava, mostrando una cicatrice sulla guancia che accompagnava un altrettanto inquietante ghigno.
“Oh oh, beccato, immagino!” disse l’uomo dall’iride dorata
“Non fare movimenti bruschi! Ora allontanati piano piano da quella scatola...” gli intimò Keiji, sudando copiosamente
“Ah, mi sa proprio che non posso agente. Questa viene via con me!”
Fu un istante. Xigbar afferrò una maniglia della Scatola Nera. Keiji premette il grilletto.
Ebbe il tempo di spostare gli occhi. Una grossa massa nera si era dipanata dalla mano del suo avversario. E fu lì che Keiji ricordò.
Poteri dello spazio.
Si buttò a terra più in fretta che poté, ma era già troppo tardi. Il proiettile era entrato in quel piccolo “portale” ed era uscito alle sue spalle. Keiji sentì un dolore lancinante al braccio sinistro, il proiettile che gli attraversava la carne in un millisecondo, che però si allungò all’infinito. L’agente si era buttato in tempo per evitare di essere colpito ad organi vitali, ma neanche i suoi riflessi erano bastati ad evitare la velocità di un proiettile.
Iniziò a sanguinare copiosamente, sentendosi svenire. Fulmineo, si tolse la giacca e la premette contro la ferita, cercando di legarla per fermare l’afflusso di sangue. Alcuni secondi dopo, alzò lo sguardo: Xigbar aveva già recuperato la scatola nera e stava aprendo un Portale Oscuro, il mezzo di spostamento tra i mondi prediletto dall’Organizzazione.
“Merda.” sibilò Keiji mordendosi il labbro.
“Beh, è stato un piacere caro mio!” gli disse il cecchino, sfoggiando un sorriso a trentadue denti sotto la benda sull’occhio, “Ti do un consiglio, dovresti arrestare il tipo che ti ha sparato, sembra uno pericoloso. Lo ho intravisto, ha i capelli biondi e una faccia da tonto. Ti saluto.”
Xigbar si tirò appresso la Scatola Nera. Keiji chiuse gli occhi, battendo il pugno sul terreno arido di Redwood Run. Aveva fallito.
Tlink“Mh?” fece Xigbar
Keiji aveva sentito uno strano rumore. Come quello di anelli che sbattono contro una barra di metallo a cui sono attaccati. Rialzò lo sguardo: la maniglia della Scatola era tesa, ma il forziere stesso non la seguiva. Era sospeso in aria, immobile: aguzzando la vista, Keiji riuscì a intravedere un lieve alone arancione circondare l’oggetto.
“Che diamine succede? Forza, muoviti!” sbraitò Xigbar, tentando di smuovere senza successo l’oggetto. Nulla, neanche un millimetro.
“Dunque, dunque, dunque! Sembra che questa città sia proprio piena di sorprese! Prima quel dannato amuleto, e adesso questo. AH! Quante possibilità c’erano?” proruppe una nuova voce.
Keiji scattò immediatamente verso la direzione della nuova voce con la sua arma, mentre il guercio faceva lo stesso, evocando le sue. Due pistole dall’aspetto alieno e pericoloso, ma al momento non erano puntate verso di lui, quanto più verso il tetto di un edificio al limitare della piazza.
Lì, stagliata contro un sole che calava pian piano verso l’inizio di un tramonto, si ergeva una donna. Il suo abbigliamento era alquanto assurdo: stivali con speroni, una grosso poncho con il simbolo di un mezzo sole che le copriva quasi tutto il corpo, una sciarpa rossa nonostante il caldo torrido, e quello che non poteva essere altro che un cappello da cowboy.
Xigbar rise a squarciagola.
“Oh, capisco, costumi di scena, perfetti per qualsiasi prestigiatore! Solo due problemi: il trucco della scatola che levita è vecchio stile, e lo stile western non si addice al mestiere!” la canzonò il Tiratore Libero.
Keiji non disse nulla. Anzi, non mosse nemmeno un muscolo, perché lui sapeva bene con chi avevano a che fare. Nonostante da quella distanza non riuscisse a intravedere i segni intorno agli occhi, non vi era alcun dubbio sull’identità della nuova arrivata.
Zora Salazar.
Cacciatrice di taglie, ricercata numero uno di quel mondo, e una dei membri di spicco di Bliss Ocean. Per essere precisi, era denotata come Corps Officer numero 3, con solo due altri membri sopra di lei in quanto a potere, nel suo gruppo.
La situazione stava andando di male in peggio: non uno, ma ben due individui con poteri non concessi all’umano medio di fronte a lui, che volevano litigarsi l’oggetto che doveva recuperare. E i rinforzi ci avrebbero messo almeno un’ora ad arrivare.
Doveva rimanere calmo. Girare la situazione a suo favore. Il sangue si era più o meno fermato, e il cervello ancora funzionava. Scelse di osservare la scena e decidere come comportarsi in base alle reazioni dei due: se c’era una cosa in cui Keiji era un esperto, dopotutto, era leggere le persone.
Zora spiccò un balzo dal tetto, i capelli lunghi fino alla cintola che svolazzavano, sollevando un polverone una volta toccata terra. Si rialzò, sfoggiando un sorriso sornione a Xigbar, che stava iniziando a farsi più guardingo, nonostante avesse la canna delle pistole puntata verso il basso.
“Uao, il bue che dice cornuto all’asino!” replicò la cacciatrice di taglie, “Chi te l’ha prestata la benda sull’occhio, Barbanera o Bartholomew Roberts? Comunque, ti chiederei di lasciare quella scatola qui, per favore. Noi di Bliss Ocean potremmo certamente farne buon uso!”
“Mh, che ne dici di...no?”
Quattro colpi a ripetizione. Xigbar aveva approfittato di un piccolo spiraglio nelle difese della nemica per sparare, solo per rimanere a bocca aperta.
I quattro dardi viola erano fermi a mezz’aria, inerti, ad un metro di distanza da Zora, che camminò in avanti con tutta calma, scansandosi dalla loro traiettoria. Una volta superati, questi ripresero velocità ed impattarono contro il muro di legno alle sue spalle.
“Vedo che sei un uomo di cultura, nonnino!” disse Zora, sfoderando da sotto il poncho due pistole dall’impugnatura gialla, “Le tue sono un po’ troppo fantascientifiche per i miei gusti, ma una pistola è una pistola. Le hai fatte da te come la sottoscritta?”
Xigbar sputò per terra. Nonostante lui stesso fosse un tipo irritante, la nuova arrivata sembrava già dargli sui nervi. Scosse la testa, ricomponendosi e sfoggiando ancora il suo sorriso storto. Keiji fece un passo indietro, continuando a tenere i due sott’occhio.
“E allora dimmi, se davvero mi stimi tanto come socio pistolero: cosa vuoi da questa scatola? Non ha nulla a che fare con questo mondo. Non ci sono soldi, armi, o nulla di utile a una combattente come te.”
Zora fece schioccare ripetutamente la lingua.
“Oh, davvero? Perché è strano, una delle nostre fonti vicine alla polizia dice che la stanno cercando in parecchi. Se non contiene qualcosa di prezioso, deve come minimo contenere informazioni...o qualcosa con cui far leva sui nostri nemici.”
Xigbar fissò di nuovo la Scatola Nera, allungando una mano e dandole un altro strattone. Nulla. Era ovvio che non fosse a conoscenza dei poteri di Zora, capaci di fermare, accelerare o invertire qualsiasi processo, anche la vita umana. Un potere temibile, per quanto anch’esso con limitazioni, credeva Keiji. E conoscere le armi di un nemico dava al poliziotto un flebile vantaggio sugli altri due.
Xigbar sapeva bene che non poteva muovere un portale intorno a un oggetto, specie quando l’inerzia di quest’ultimo pareva funzionare in modo innaturale. Erano ad uno stallo. I due malfattori si fissarono a lungo, le pistole puntate l’uno contro l’altra.
Keiji decise di rompere quel silenzio.
“Beh, perché non deciderla...alla vecchia maniera, diciamo?”
Gli altri due si girarono verso il poliziotto.
“In che senso, impiastro?” chiese Xigbar
“Tre persone in disaccordo, una grossa piazza al cui centro c’è un lauto bottino, una città che sembra uscita da un western...insomma, è il posto ideale per un duello. A tre.”
Xigbar lo guardò stranito, come se stesse ascoltando un pazzo delirante. Gli occhi di Zora invece brillarono come mille soli, il sorriso che si incurvava ancora di più verso l’alto.
“AHAHAHAHAH! Mi piaci ragazzo!” disse la cowgirl, “Non so chi tu sia, ma hai due cojones come non li vedevo da tempo. Che diamine, userò anche una sola pistola, visto che parti già in svantaggio con quella ferita e beh...il fatto che non sei nessuno. Spero che tu sia dei nostri, amico guercio, o potrei coalizzarmi col pivello!”
Xigbar si morse la lingua, ma poi si rilassò.
“Eh...eheheh...mi avete convinto!”
Una delle pistole del membro della Nuova Organizzazione sparì nell’etere.
“D’accordo, all’inizio mi sembravate solo una seccatura, ma immagino che ci sia un po’ di divertimento da guadagnare dall’intrattenere due folli come voi. E sia pure!” sghignazzò Xigbar.
Keiji sospirò di sollievo.
“Benissimo, mettetevi ciascuno a un angolo della piazza.” li coordinò Zora, riponendo una delle sue pistole, “Un colpo ciascuno dovrebbe bastare a chiudere la questione con due cadaveri. Il vincitore si prende tutto! Oh, ma prima ci serve l’atmosfera giusta.”
I triangoli intorno agli occhi di Zora si illuminarono. Inizialmente, nessuno dei suoi due avversari avvertì nulla. Poi entrambi guardarono le proprie ombre spostarsi da sole, diventando via via più piccole. Osservarono il cielo, capendo cosa fosse successo: il sole era tornato indietro, alto nel cielo.
“Un mezzogiorno di fuoco...” sussurrò Keiji.
L’aria si fece immediatamente più torrida. Il sudore dovuto all’ansia di Keiji venne raggiunto da quello per la calura estiva. Per un attimo si sentì svenire, ancora stordito dalla perdita di sangue, ma si riprese. La sua bocca era secca, impastata. Mosse qualche passo piano piano, in accordo con gli altri due. Gli occhi di tutti e tre dardeggiavano da un contendente all’altro, finché non giunsero a formare i vertici di un triangolo. Al centro, il pozzo e la Scatola Nera.
Keiji respirò a pieni polmoni. Doveva escogitare un piano. Era chiaro che, negli occhi degli altri due, lui non fosse una minaccia. Forse se la sarebbe cavata senza ulteriori ferite, ma doveva stare attento. Gettò uno sguardo veloce verso Xigbar: era chiaro che avesse deciso di rinunciare alla pistola per avere una mano libera. Da ciò che aveva osservato, gli sarebbe servito a creare un portale per ridirezionare un proiettile. Era sicuro da vecchi rapporti che potesse muoversi da una parte all’altra di un luogo senza avere mano libere, ma quel movimento di prima non sembrava essere stato fatto per capriccio. Evidentemente aveva problemi a spostare elementi non appartenenti alla sua persona.
I tre abbassarono le pistole al loro fianco, stringendole e fissando gli altri.
Zora, invece, sembrava non avere problemi ad attivare i suoi poteri con niente di più che un battito di ciglia. Ma era pur sempre vero che il poncho le aveva coperto le braccia prima, quindi non poteva esserne sicuro. Inoltre, dei tre, era sicuramente quella più spavalda, al momento.
Tutti e tre serrarono la presa.
Xigbar avrebbe probabilmente sparato a Zora, che avrebbe fermato il colpo. Lei avrebbe sparato al guercio, che avrebbe ridirezionato il suo, possibilmente prendendola nella schiena. Quindi Keiji avrebbe dovuto colpire Xigbar.
No, troppo semplice da prevedere. Forse Xigbar avrebbe sparato a lui, lasciando che Zora si sentisse sicura, sparasse, e si colpisse da sola. Ma no, lei non era così semplice da fregare. Forse avrebbe sparato a Keiji per distrarre Xigbar, fermato a mezz’aria il suo colpo, e una volta visto dove il portale si era formato, tirare fuori la seconda pistola in un millisecondo per finire Xigbar. In tal caso, Zora era quella da colpire...o no?
E se Xigbar potesse aprire DUE portali? E se Zora fosse virtualmente impossibile da colpire, e avesse semplicemente aspettato che i due facessero la loro mossa per poi sparargli all’ultimo?
Doveva pensare, pensare, pensare! Più veloce, dannazione!
Un alito di vento si alzò, per poi affievolirsi.
Zora fece la sua mossa per prima, alzando la pistola.
In un millisecondo, Keiji decise, pregando qualunque divinità in ascolto di salvarlo.
I tre colpo echeggiarono. Keiji chiuse gli occhi.
E li riaprì.
La scena davanti era...calma. Troppo.
Keiji e Xigbar avevano entrambi sparato verso Zora. Entrambi i colpi erano fermi a mezz’aria.
No. Non due. Tutti e tre. Un portale era aperto dietro la schiena di Zora, col proprio proiettile che era rimasto fermo a mezz’aria, come a non voler colpire la sua mandante.
Xigbar prese un respiro di troppo. Zora ne approfittò per tirare fuori la seconda pistola.
Keiji andò nel panico, e lanciò.
Esatto, non sparò un colpo. Lanciò la pistola nella sua interezza, per poi buttarsi dietro un edificio.
Zora strabuzzò gli occhi per un secondo. Poteva tranquillamente fermarla. Ma il gesto era così assurdo che le costò un attimo di distrazione.
E Xigbar lo sfruttò, lasciando andare la pistola e affondando la mano nel terreno, che si aprì in un altro portale. Keiji, prima di cadere, vide la mano guantata di nero afferrare la caviglia della cowboy, tirandola indietro e facendola cadere.
Bastò a farle perdere la concentrazione, e i tre colpi ripartirono, perdendosi nel vuoto, visto che tutti e tre i contendenti erano a terra. Così come la Scatola Nera, che era uscita dalla stasi.
Xigbar si gettò in avanti, aprendo un Portale Oscuro sul terreno, facendo così cadere per gravità l’oggetto dei suoi desideri. Poi vi ci si buttò dentro, sfiorato appena da un ultimo proiettile di Zora, che si era rimessa in ginocchio. Ma era troppo tardi ormai per recuperare il premio, il portale si era richiuso.
“FIGLIO DI PUTTANA!” urlò Zora, iniziando ad ansimare rabbiosamente.
Keiji si appiattì addosso al muro di legno della casa dietro cui si era rifugiato. Cercò di calmarsi e di trovare una via di fuga. Poi senti uno sparo, e uno scricchiolio. Poi un altro, e un altro ancora. Sì giro, vedendo il legno della casa dietro di lui che marciva a vista d’occhio.
“Merda, i suoi proiettili possono invecchiare le cose che colpiscono!” si ricordò, provando a scansarsi.
Nulla da fare. Il peso della casa si abbatté su di lui, alzando un polverone immenso e creando un fracasso infernale. Prese vari colpi, e sentì una gamba rompersi, mentre milioni di schegge gli riempivano la carne. Una volta finito il crollo, usò il braccio buono per spostare una trave mezza marcia. Provò a muoversi, senza risultati.
Tap tapAlzò gli occhi al cielo, ormai tornato arancione. Sentì due voci diverse urlare di dolore, sepolte sotto le macerie, mentre una figura si avvicinava a lui, minacciosa. Oscurata dall’ombra gettata dalle ultime luci del vespro, la faccia di Zora Salazar era mille volte più inquietante. Era un tristo mietitore con occhi fuoco che puntavano la preda con puro, incontrollabile disprezzo.
“Eh...eh eh.” tossicchiò Keiji, “Immagino di potermi scusare offrendoti un drink?”
L’unica risposta che ricevette fu il tamburo della pistola di Zora che roteava.
“Fai silenzio, biondo!” rispose cupa la cacciatrice di taglie, “Non mi piace farmi scappare un obiettivo. E soprattutto...”
Keiji si ritrovò la canna puntata sulla sua fronte.
“...Non intendo che si sappia che un microbo come te sia parte del perché ho fallito. Mi spiace proprio, ma ho una reputazione da difendere.”
Keiji chiuse gli occhi.
Per l’ultima volta.
“NO! CE L’HA FATTA UN’ALTRA VOLTA!”
Sue Miley fece calare prepotentemente il pugno sul mouse, distruggendo i due tasti. Lo scagliò via in un secchio lì vicino e ne prese un altro di riserva, iniziando a cliccare furiosamente.
Erano ormai due giorni che cercava di recuperare la dannata Scatola Nera, una volta identificata la sua posizione nei file della cartella “III”, ma per quanto modificasse i parametri a sfavore di quello Xigbar, o Luxu, o quel che era, il bastardo riusciva sempre a sfuggirle. E con lui quel dannato forziere. Era sicura che l’ultima simulazione avrebbe funzionato, avendo inserito non solo il soggetto più pericoloso di quel mondo, ma anche il concorrente più esperto con un’arma da fuoco. Era arrivata addirittura a cancellare gli ultimi eventi traumatici di Keiji Shinogi con le pistole, pur di far riuscire il tutto. Ed eccolo lì, che si coalizzava insieme al guercio contro Zora!
Decise di riprovare un’ultima volta, ma un rumore ripetuto la interruppe. Osservò il display sul PC: erano le 12 in punto.
Sospirò, nascondendo tutti i file che aveva usato e spegnendo l’apparecchio. Oramai aveva fallito, ma poteva consolarsi del fatto che nessuno avrebbe scoperto del suo piccolo esperimento. Prese l’hardware con tutti i file del Grillario, e si diresse fuori dalla sua stanza, ritrovando il suo classico sorriso.
Avrebbe dovuto far rapporto dei suoi risultati a Gashu. E non solo lei, ma anche Safalin e Rio.
E non bisognava dire che avrebbero litigato su chi dei tre avesse contribuito di più alla causa di Asunaro. Giochi di potere del genere non erano nuovi in quelle struttura.
Varcò la soglia di una stanza, dirigendosi verso il triello finale prima del Death Game.
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Zora Salazar