Posts written by Lisaralin

view post Posted: 18/2/2024, 10:20 I video di Predator Fenice - Gallerie degli utenti
Non conosco il cartone ma il video è davvero carino!
view post Posted: 19/11/2023, 19:42 Il Ramingo e lo Stregone - Fanfiction
Capitolo 28 - Qualcosa va lasciato indietro


La temperatura della Slave I aumentò in pochi istanti quando si spinse contro gli scudi della Guivre. Boba forzò al massimo i motori, con gli schermi del sistema di comando che si illuminarono di tutte le spie disponibili. Nessuna nave di piccola o media taglia sarebbe potuta entrare nei sistemi di difesa di un incrociatore, men che mai di uno pensato per difendere la figlia del Governatore Tarkin, ma Boba non si era fatto un nome tra i cacciatori di taglie senza motivo. I sistemi di raffreddamento entrarono in azione, impedendo alla nave di bloccarsi e perdere quota; gli scudi stessi della Slave si attivarono per impedire alle scariche plasmatiche della Guivre di sovraccaricare il veicolo, ma Boba sapeva che sarebbero bastati pochi secondi di troppo dentro quel campo plasmatico per morire.
Iniziò a sudare copiosamente anche sotto l’armatura, con gli occhi puntati sia al quadro comandi che ai cannoni dell’incrociatore: dalla nave non era partita nemmeno una scarica di turbolaser, ed anche adesso che l’ingresso della Slave non poteva essere passato inosservato nessun fuoco di difesa era stato mosso contro di lui, né i caccia TIE di stanza erano stati sguinzagliati contro di lui.
Qualunque cosa stesse succedendo a bordo della nave, doveva arrivare in tempo.
L’ultimo tratto di difesa si trasformò in un’esplosione di scintille: gli allarmi presero a suonare da ogni parte e per un attimo la sua visuale si fece bianca. I sensori dell’elmo si oscurarono per impedirgli un danno alla retina, ma la pelle sembrò andargli a fuoco lo stesso.
Quando riaprì gli occhi, la scia dei vapori di raffreddamento stava già ricoprendo il visore anteriore, ma lo scafo della Guivre era ancora a soli pochi metri da lui e nessun cannone era stato attivato. Ringraziando la sorte, si levò l’elmo e riprese a governare la nave soltanto con la propria vista. La consolle rispose ai suoi comandi nonostante la scarica subita, e Boba impostò i codici di apertura dell’hangar dell’incrociatore forniti da Tarkin: in meno di una manciata di secondi il ventre della nave si aprì per farlo passare, e il cacciatore di taglie si intrufolò senza nemmeno aspettare l’apertura completa del portellone.
Dal casco una vibrazione lo avvisò della comunicazione in arrivo e lo infilò. “Sono dentro”
“Grazie, amico mio”.
La voce di Tarkin giunse distorta dalle scariche, ma anche così non riuscì a nascondere la preoccupazione dietro il tono glaciale.
Boba controllò la cotta, lo zaino e le armi prima di uscire. I suoi parametri vitali erano controllati dall’armatura mandaloriana e sarebbero giunti al pad di Tarkin in tempo reale. “Nessun comitato d’accoglienza, al momento. Cosa pensi sia successo?”
“Se lo sapessi, avrei trovato una soluzione diversa dal mandarti alla cieca lì dentro”.
L’hangar era deserto.
I vari cacciatori TIE erano tutti alle loro postazioni, perfettamente ancorati alle piattaforme di partenza e con i cavi di posizionamento ancora inseriti. Le luci laterali dell’hangar erano in stato ottimale, come se non vi fossero stati segnali di emergenza, cortocircuiti o tentativi di sabotaggio dei quadri principali della nave. Lungo lo scafo delle piccole navi da guerra erano disposti un paio di droidi astromeccanici, spenti come da protocollo. Il cacciatore di taglie osservò frettolosamente tutto l’ambiente, illuminando il soffitto, ma nessun segno di colluttazione o spari era presente: chiunque avesse preso il controllo della Guivre, o aveva agito di sorpresa, o non era passato nell’hangar. L’unico rumore che si sentiva era il motore dell’attivazione dell’iperguida ed i suoi passi sul pavimento.
“Boba …”
La voce di Tarkin lo riportò subito all’attenzione.
“I tuoi sensori. Non levare il casco per nessun motivo”.
L’uomo attivò subito il sistema di riconoscimento aereo. Nella luce debole dell’ambiente non si era nemmeno accorto del dettaglio, protetto come sempre dalla sua cotta, ma all’avvertimento del suo amico si accorse della strana densità dell’aria che aveva probabilmente imputato soltanto allo stress subito dall’armatura durante l’ingresso. “Hanno rilasciato il dioxis, Tarkin!”
“Come è potuto succedere?”
“Potrebbe essere stato un incidente?”
“Un incidente sulla nave di MIA figlia?”
Boba imprecò tra i denti. Uno dei sistemi di difesa più estremi delle navi principali dell’Impero era il rilascio del dioxis, una variante non incendiaria -ma non per questo meno letale- del gas tibanna. Era pensato per difendersi da invasioni improvvise, e tutti i membri dell’equipaggio erano sempre dotati di un casco isolante ed un respiratore autonomo proprio per combattere anche in questa situazione. Ma, almeno nell’hangar in questione, non vi era alcun segno di combattimento o attacco che potesse far pensare all’attivazione difensiva delle scorte di dioxis.
“Merda!”
I corpi degli assaltatori erano accasciati in un angolo. Due di loro si trovavano accanto al portellone che avrebbe condotto ai livelli superiori, un terzo era seminascosto dall’ombra di un TIE. Boba corse nella loro direzione, sfoderando entrambi i blaster, e quando furono a portata osservò un dettaglio inquietante: tutti e tre gli uomini avevano il visore dei caschi saltato, come se delle cariche di blaster avessero puntato solo e soltanto le loro facce. Si ritrovò a fissare tre volti congestionati, le bocche tutte semi aperte come in un ultimo tentativo di recuperare dell’aria; la sclera degli occhi aveva assunto il colore violastro tipico dell’inalazione mortale di dioxis, e gli angoli della bocca e le labbra erano attraversate da rivoli rossastri delle minuscole ferite che si erano espanse lungo la pelle. Lasciò andare i corpi con un gesto di stizza, aprendo il portellone e lanciandosi nel corridoio.
Le superfici bianche degli interni della nave lo accolsero nella loro imperiale perfezione, rivelando dopo qualche istante almeno una dozzina di corpi nelle medesime condizioni, alcuni soldati con l’elmo distrutto ed alcuni cadetti privi di protezioni respiratorie che forse erano semplicemente morti sul colpo.
“Tarkin …”
“SONO IO IL RESPONSABILE DELLA SICUREZZA DELLA NAVE DI SHANDRA!”
Non ebbe il coraggio di rispondergli. O controbattere.
Avrebbe voluto che Maul fosse lì con loro, ma l’iridoniano era senza dubbio a caccia dei maghi per tutto il palazzo e forse per mezzo distretto. Il pensiero lo colpì come un fulmine. “L’attacco al palazzo che Maul ha visto nella testa di quel Tolgerias … era vero. Ma era solo una distrazione. Non eri tu il bersaglio, Tarkin!”
“CHI È CHE OSA ATTACCARE MIA FIGLIA?”
Boba trattenne il fiato.
Che non fossero i Ribelli, quello era scontato. Persino gli attivisti più operativi come Mon Mothma non avrebbero mai, mai preso di mira una bambina. Ed i nemici di Tarkin erano praticamente innumerevoli, ma al cacciatore di taglie non venne in mente nessuno che avrebbe avuto anche solo l’idea -o l’ardire- di pensare ad una cosa del genere. E nonostante Saruman e Dooku avessero ogni tanto cercato di mettere loro i bastoni tra le ruote, avrebbero piuttosto intasato di dioxis le stanze di Tarkin. Per quanto quell’Alba Cremisi fosse stata intraprendente anche solo a pensare di assaltare l’edificio più protetto della capitale galattica, l’avvicinarsi a Shandra sembrava una mossa davvero insolita per un cartello criminale così giovane, specie quando Tarkin per questioni di sicurezza aveva limitato quasi del tutto le apparizioni della bambina in pubblico proprio per evitare che potesse diventare un bersaglio.
Il cuore di Boba prese a battere con insistenza.
Digitò ordini a distanza alla Slave I, rilasciando dei codici forniti da Tarkin per l’emergenza. Il salto nell’iperspazio non sarebbe stato intercettabile se non prendendo il controllo della sala operativa, ma le frequenze della sua nave sarebbero state sufficienti a guadagnare qualche minuto prima che la Guivre potesse tentare il salto. L’incrociatore era stato costruito e disegnato proprio per poter effettuare salti in breve tempo, ed i punti nevralgici per la gestione dell’iperguida erano sulla plancia principale, verso la quale Boba si diresse.
Ovunque si voltasse, i cadaveri riempivano i ponti. I tassi di concentrazione del gas riportati dalla sua armatura segnalavano livelli critici e non compatibili con la maggior parte delle forme di vita umanoidi. Si costrinse a svoltare ogni bivio con cura, con l’idea che chiunque avesse distrutto gli elmi dei soldati avrebbe puntato per prima cosa a rimuovere anche il suo.
Quando mise piede lungo la plancia di comando, la prima cosa che vide -e sentì- fu la figura di Shandra.
La bambina era stata bloccata ad una delle sedie degli operatori con delle cinghie di fortuna. Il cacciatore di taglie la riconobbe soprattutto dalla voce e dal modo energico con cui gridava di essere liberata immediatamente, perché il capo era coperta dall’elmo di un assaltatore chiaramente troppo grande per lei. L’aria artificiale era satura di gas, ma il respiratore incorporato e la visiera sana permettevano alla piccola di gridare a pieni polmoni e cercare di scivolare tra una stretta e l’altra delle cinghie. La figura in piedi davanti ai comandi dell’iperguida, al contrario, non mostrava alcun cenno di fretta.
Boba puntò il blaster nella sua direzione. “Esigo una spiegazione, AL”
Il metallo chiaro del droide aveva assunto una colorazione tendente al violaceo a causa dell’esposizione al gas, e in esso riusciva a riflettere lo schermo principale dell’incrociatore in cui si rifletteva la nuova tempistica del salto dell’iperguida. Gli occhi artificiali erano accesi, ed al suono della sua voce il droide ritirò immediatamente le connessioni con il computer principale.
“Le possibilità che lei potesse intervenire erano del 9,7 %, Governatore Fett. Potrebbe rimuovere l’interferenza al salto della Guivre?”
“No” ringhiò “Ma posso farti esplodere quella testa di latta e farti riprogrammare dal primo hacker dei bassifondi. Vedi tu”.
Fece qualche passo verso Shandra senza smettere di prendere di mira il bersaglio. “Anzi, facciamo che io prendo la bambina, me ne vado, e tu puoi accendere l’iperguida e andartene al diavolo, che ne dici?”
“Impossibile”.
L’essere artificiale lo anticipò, portandosi davanti alla sua prigioniera, e uno schermo azzurro intorno al suo corpo segnalò l’attivazione di uno scudo deflettore. Il vano del petto si aprì, rivelando due fulminatori di calibro pesante luminosi e carichi che impugnò con entrambe le mani. “La signorina Shandra appartiene all’Alba Cremisi”.
Boba fissò lo schermo alle loro spalle.
Sette minuti al lancio.
“Tarkin, dovevi proprio armare il droide balia di tua figlia?”
Un’imprecazione arrivò da dentro il comunicatore. “Ha un programma difensivo e offensivo di un droide classe IG-88”
“Il migliore. Finché non ti spara contro”.
La raffica di laser arrivò tutta insieme. Come prevedibile l’avversario mirò alla sua testa, ma Boba si spostò. Una seconda raffica lo inseguì, disegnando cerchi di metallo bruciato alle sue spalle, e l’uomo rispose all’attacco scaricando la propria arma contro il deflettore di AL nell’intenzione di scaricarlo. L’aria tra di loro si caricò di scintille, segno che il dioxis stava reagendo alle scariche plasmatiche.
AL si muoveva con precisione. Spostava continuamente il proprio corpo tra Boba e la bambina, talvolta coprendo anche la distanza che la separava dal pannello di controllo. La forma degli arti tipica dei droidi protocollari -più spesse e meno equilibrate dei droidi da battaglia o dei veri classe IG- rendevano gli spostamenti leggermente meno equilibrati e veloci della media, e l’uomo contemplò l’idea di usare il lazo da caccia per impacciarne i movimenti, liberare la bambina e scappare. Digitò i comandi lungo la cotta per preparare l’azione, ma nell’esatto istante in cui lo sportello laterale si aprì per liberare il cavo, una raffica laser sparata dal palmo del droide si trasformò in un mare di scintille lungo il suo braccio mettendo fuori uso il meccanismo.
“Possibilità di utilizzo dei sistemi primari mandaloriani, 75,9%” decretò AL, spostando la sedia su cui era legata la bambina direttamente contro la plancia. “I suoi sistemi operativi di combattimento sono stati controllati ed analizzati, governatore Fett”.
Il cacciatore di taglie si ritrasse giusto in tempo per evitare una seconda scarica. La traiettoria laser disegnò un semicerchio perfetto intorno al droide ed a Shandra, e l’assenza di punti strategici dove difendersi o nascondersi lo rendeva decisamente vulnerabile in caso non fosse stato in grado di dare un assalto decisivo.
Attivò il livello di deflettori della cotta giusto in tempo per attutire l’impatto di una mina elettroplasmica lanciata direttamente contro di lui, e il campo per un attimo si illuminò di verde alterando la sua intera visuale.
“Ehi, AL, che stai facendo a Shandra?”
Per poco Boba non cadde all’indietro per sporgersi verso la stessa porta da cui era entrato, e non si ritrovò la testa staccata di netto soltanto perché anche il droide si voltò verso la figura che era apparsa. Con ancora uno dei suoi pupazzi preferiti tra le braccia, Neos li fissava da davanti al portellone spalancato.
Assolutamente a suo agio tra i fumi del dioxis senza alcun respiratore.
“Shandra, perché AL ti ha legata?”
La bambina mandò un verso da sotto il casco, ma le sue parole si persero nel nulla.
“Signorino Neos, lei dovrebbe essere morto al 100%. La sua sopravvivenza non era considerata necessaria per l’Alba Cremisi”.
Sul volto del bambino comparve un’espressione indescrivibile. Uno sguardo che Boba aveva visto mille altre volte, ma delineato nella bellezza dei lineamenti di sua madre.
Lo stesso modo di imbronciarsi che di solito preannunciava l’arrivo di una tempesta e uno spargimento di sangue, ma che sul viso di un bambino così piccolo sembrava solo così incredibilmente fuori posto. Da dentro il casco la voce di Tarkin ringhiò, resa forse ancora più minacciosa dalle scariche statiche causate dall’interferenza del deflettore. “Ci vuole ben più di un gas per buttare giù un clawdita. Non pensavo che anche Neos lo avesse ereditato, non è neanche …”
AL reagì prima che il cacciatore di taglie potesse sentire la fine del discorso. Un set di luci rossastre si aprì dal compartimento anteriore all’altezza del torso, e riconobbe subito l’estremità cremisi al centro dei detonatori in fase di lancio. Il sistema di puntamento laser dell’avversaria tornò di nuovo lungo la sua figura, ovvio segno che il bambino non fosse una minaccia per lei.
“Brutto droide, tu non devi fare queste cose a mia sorella, sai?”
Le parole di Neos si persero nei click che precedettero in rapida sequenza lo sgancio dei detonatori incendiari.
L’uomo saltò all’indietro, disattivando lo scudo deflettore per dare energia ai dissipatori idrici impiantati all’altezza laterale dello zaino a razzo, ma quello che vide prima ancora di riuscire ad estinguere parte del danno dei siluri lo lasciò senza fiato. Le scintille degli esplosivi nel suo campo visivo furono interamente avvolte da una fiammata così intensa che mandò i rilevatori termici dell’armatura oltre il limite della sicurezza e lo costrinsero ad appiattirsi contro una parete. Una sensazione ardente gli attraversò la pelle, e se non avesse avuto la cotta mandaloriana sarebbe probabilmente bruciato vivo sul posto. Nel punto in cui poco fa la minuscola forma di Neos era entrata in scena, un volatile fiammeggiante dal piumaggio rosso sbatteva le ali in maniera agitata; una seconda ondata di fuoco, intensa quanto la precedente, si scaricò contro il pavimento della Guivre, annerendo il duracciaio senza però bersagliare alcun nemico.
Le ali della fenice si mossero in maniera nervosa, priva di qualunque gesto aggraziato, un turbine di fiamme che si irradiavano dalla sua figura potenzialmente in grado di ucciderli tutti.
“Tarkin, non si era mai trasformato prima … vero?”
“Credi che avrei omesso un dettaglio di questa portata, Boba? Non aveva mai mutato prima”
Per un istante lo sguardo di Zam gli balenò nella testa, il modo di sorridere che destinava solo e soltanto al suo bambino.
La fenice era poco più piccola di lui, ma le fiamme erano incredibilmente alte, ben più di quanto Zam le mantenesse durante i combattimenti. Scosse la testa in maniera nervosa, e con un frullare di piume si portò sul soffitto della Guivre, rendendolo incandescente col solo impatto. L’attimo dopo aveva abbassato la quota, muovendosi nella direzione di AL con uno strano giro.
Era chiaro persino a lui che il bambino non avesse il controllo.
Il che, considerato in cosa il suo istinto lo avesse trasformato, poteva portarli tutti, Shandra inclusa, a morte certissima.
Zam aveva impiegato secoli a dominare le sue trasformazioni, a muoversi con corpi che non le appartenevano. Quando era bambino le aveva chiesto migliaia di volte come avesse imparato a volare, e lei gli rispondeva sempre che non era mai stata forte con i numeri, e per questo aveva perso il conto delle volte che si era trovata in una tanica di bacta per essere rimessa in sesto.
Che un bambino di nemmeno sei anni potesse gestire un volo e calibrare le fiamme della fenice faceva sembrare più probabile il vedere l’Imperatore ed il Grande Satana seduti insieme a discutere di termini di pace.
AL diresse i suoi sistemi di puntamento verso il nuovo avversario, e per Boba fu l’istante di cui aveva bisogno. Premette sul comando di accelerazione, e la spinta magnetica dell’armatura lo fece scattare verso la sedia a cui Shandra era legata.
“Non levarti il casco per nessun motivo” disse, facendole sentire la propria voce e mettendole una mano sulla spalla. Con un solo colpo di vibrolama la liberò, per poi spingerla di corsa dietro di sé prima che il droide decidesse di voltarsi di nuovo.
Sotto il verso stridulo di battaglia emesso da Neos, la Guivre rollò su se stessa.
In qualunque stato fosse la plancia dei comandi, a breve l’iperguida si sarebbe riattivata.
Shandra, la cui testa era resa ancora più grande dal casco protettivo, lo prese per mano. “Che è successo a Neos? E perché AL fa così?”
“Credo che AL sia stata manomessa dai nemici di tuo padre” fece Boba, frapponendosi tra lei e una cascata di scintille del quadro di guida. “Ma dobbiamo approfittarne intanto che Neos distrae AL. Se la nave salta con noi dentro ci troveremo in una trappola”.
“Neos viene con noi?”
L’urlo della fenice diede forma a mille risposte possibili. La creatura, chiaramente innervosita dal droide e dai suoi colpi, stava cercando di portarsi più in alto possibile. I suoi movimenti assolutamente privi di coordinazione erano forse il suo unico punto forza, perché era chiaro che AL fosse programmata per sparare ad un obiettivo dai movimenti più prevedibili. Il metallo che ricopriva il droide era passato da bianco lucido ad un nero tetro, rendendo la sua figura ancora più sinistra. Si portò indietro per prendere meglio la mira ed abbattere la fenice, ma nel farlo i suoi sensori notarono l’assenza della bambina.
Si voltò verso di loro quando ancora tutto il tronco e le armi erano concentrate nel rispondere al fuoco di Neos, e il cacciatore di taglie fu costretto a prendere una decisione. “Neos la terrà occupata. Il salto avverrà tra pochi minuti”.
“Ma non possiamo portarlo con noi?”
Boba si morse il labbro. Lo sguardo di Zam sembrava il più reale dei fantasmi. “No … non facciamo in tempo a fermare AL tutti insieme e scappare. Devo portarti in salvo”.
E devo farlo ora.
Sott i suoi piedi, il ponte riprese violentemente a rollare. Fissò la fenice per un’ultima volta, sentendo su di sé lo sguardo di furia di lei.
Se Zam fosse stata lì …
Ma non era lì.
E Shandra aveva qualunque priorità.
Spinse la bambina oltre la porta della sala comandi, e quando l’ennesima raffica laser si abbatté su di loro le fece da scudo, sacrificando tutto ciò che rimaneva dell’energia dei deflettori per assorbire i colpi e correre verso l’hangar. Attraversò i corridoi prendendola in braccio, e per quanto temesse di sentire passi metallici e spari alle proprie spalle, tutto ciò che riuscì a sentire furono una serie di esplosioni e i versi striduli della fenice. Attraversò lo scafo con tutta la forza che aveva in corpo, osservando furi dalle vetrate la familiare luce che indicava l’avvento alla velocità subluce.
Quando arrivò alla Slave caricò la bambina e premette i pulsanti del decollo sentendo che, ovunque fosse il suo spirito, la donna che un tempo aveva amato stava gridando di dolore.

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view post Posted: 15/9/2023, 14:41 FFVII Remake - Sony
Mamma mia, considerando che la prima parte era del 2020 (ricordo di averla guardata su YouTube durante la pandemia), i tempi sono davvero lunghissimi. Non me lo aspettavo :(
view post Posted: 11/8/2023, 17:11 Il Ramingo e lo Stregone - Fanfiction
Il Trio Destroyer deve rispondere alla minaccia dell'Alba Cremisi mentre Boba continua il tour dei ricordi del passato.


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Capitolo 27 – Dimostrazione, ma di cosa?


“Come … come ti senti?”
La voce di Zam gli arrivò come un rimbombo. Scosse la testa, distogliendo lo sguardo dalla propria immagine riflessa nel vetro di trasparacciaio dell’Hunting Dog; l’incrociatore stava completando le manovre di imbarco e non sarebbe ripartito prima di un paio d’ore, ma non era né il panorama di Coruscant all’imbrunire, né il leggero rollio dello Star Destroyer a catturare l’attenzione del cacciatore di taglie.
Guardò verso il basso, cogliendo i dettagli delle sue nuove mani. Belle, perfette, con delle dita più lunghe almeno di una falange; erano sue, s’intende, si muovevano al suo comando fino a picchiettare leggermente sul vetro, eppure il leggero formicolio all’altezza delle giunture non gli conferiva alcuna sicurezza.
Con la coda dell’occhio notò che il suo gesto aveva allarmato una coppia di assaltatori alle sue spalle. Riflesse nel trasparacciaio vide le loro figure muoversi di scatto e volgere gli sguardi coperti dagli elmi nella sua direzione senza rendersi conto di essere osservati a loro volta. Si accorse che si stavano scambiando alcuni commenti nei comlink interni, ma non si mosse finché entrambi non improvvisarono un saluto e lasciarono la stanza privi della normale efficienza e coordinazione dei soldati dell’Impero. Anche Zam doveva essersi accorta della cosa, perché con uno strano sorriso gli venne accanto “Credo che darai all’intero battaglione qualcosa di cui parlare per i prossimi tre anni”
“Tarkin li farebbe degradare. Dovrebbero essere addestrati a non stupirsi di nulla”.
“Beh, non sei esattamente … nulla
L’essere riflesso nello specchio gli restituì lo sguardo.
Erano passate forse due settimane da quando aveva completato il Puzzle del Millennio, ma all’Imperatore erano bastati pochi giorni per rendersi conto delle potenzialità dell’artefatto.
Il corpo di Boba era cambiato.
La prima sensazione che aveva avvertito era stata una leggerezza incredibile. I kaminoani lo avevano immediatamente sottoposto a qualunque analisi medica immaginabile, e gli avevano confermato che le sue ossa avevano subito una metamorfosi al limite del patologico; se lo strato esterno si era addirittura inspessito, l’interno aveva perso la propria componente midollare strutturandosi in compartimenti cavi. Era stata Zam a suggerire la somiglianza con l’ossatura dei volatili, e l’enorme, unica ala nera che gli era spuntata dal nulla al di sotto della scapola destra non aveva fatto altro che aumentare i suoi sospetti. Di riflesso provò ad estenderla guardandosi nel trasparacciaio, ma ancora il controllo di quell’escrescenza inguardabile era labile e se Zam non si fosse scansata in tempo la avrebbe colpita con una delle spesse piume scure. Le avevano ovviamente fatte scansionare e analizzare dal dipartimento di Biologia Galattica della capitale, ma dopo due settimane nessuno dei ricercatori aveva trovato alcuna somiglianza con le diverse migliaia di sequenze genetiche catalogate nei loro archivi. Il fatto che il Puzzle gli avesse impiantato soltanto un’ala aveva reso sia Zam che Boba piuttosto scettici, perché qualunque tentativo di sollevarsi da terra si era rivelato fallimentare.
La pelle stessa si era fatta diafana, stranamente fresca al tocco. Una peluria quasi impalpabile lo ricopriva ovunque, ed a tratti Boba aveva avuto l’impressione che su di essa scorresse qualche leggera forma di energia, energia che ricordava moltissimo le cariche di magia che talvolta aveva percepito in presenza di alcuni incantatori. E se i lineamenti del suo viso sembravano trasfigurati, i lunghi capelli tra il bianco e l’argento che avevano preso il posto della sua semplice chioma scura avevano qualcosa di effimero e contemporaneamente fuori posto su quello strano corpo. L’Imperatore gli aveva conferito l’ordine perentorio di non rimuovere il Puzzle dalla catena che portava intorno al collo, e nonostante fossero passati diversi giorni ancora non riusciva a capacitarsi che quella creatura fosse proprio lui.
“Quanto tempo credi che ti farà rimanere in questo stato?”
Zam gli tornò vicino, fissandolo con espressione critica. Era stata al suo fianco durante la sua primissima trasformazione quella sera a Kamino ed era stata la prima a chiamare i soccorsi, ma da quel momento in poi aveva continuato stare al suo fianco come se ci fosse ancora il vecchio Boba. “Ti preferivo come eri prima”.
“Suppongo che a fine missione potrò levarmi questo Puzzle dal collo”
“Chi lo sa …”
La voce di lei si fece seria. Boba si chiese se i suoi occhi fossero fissi sul riflesso della strana creatura, oppure se fossero persi da qualche altra parte. “Non ho idea in cosa tu ti sia trasformato, ma sei un’arma. E le armi esistono per essere usate”.
Un fischio lungo, ripetuto, troncò la conversazione. Le manovre di imbarco erano terminate, e la Hunting Dog si preparava a sganciarsi dal molo di atterraggio. Alle loro spalle comparvero di nuovo degli assaltatori, ma attraversarono il comparto stavolta senza degnarli di alcuna attenzione; alcuni droidi fluttuarono alle loro spalle, ed una decina di astromeccanici sfrecciò accanto a loro per attivare le manovre di volo.
Un droide protocollare -chiaramente non curante del suo nuovo aspetto- si avvicinò a loro e gli porse l’olomappa. “Il piano di volo fino a Onderon, governatore Fett” disse “Con le modifiche apportate dal professor Lemelisk al sistema di iperguida, il tempo stimato di viaggio è di due ore e quattordici minuti”.
Boba osservò la mappa distrattamente, lasciandola subito nelle mani di Zam mentre il droide si allontanava. La donna scrutò l’ologramma, ingrandendo l’immagine del pianeta finché l’immagine non divenne grande come la sua stessa testa. Duxun, la luna primaria di Onderon, orbitò nella ricostruzione: il cacciatore di taglie vi si era recato un paio di volte nella sua vita e si era trattenuto al massimo per pochi giorni, e non era mai riuscito ad apprezzare il Bacio, l’evento annuale in cui l’orbita di Duxun portava il satellite così vicino al pianeta madre da consentire uno scambio di atmosfere. Sapeva dai dati che probabilmente in quel periodo i volatili più robusti di Onderon compissero perfino una migrazione tra il pianeta e la sua luna, ma non erano chiaramente in viaggio per apprezzare la fauna locale. Anche dall’olografia, immerse nel verde delle foreste e nel bruno delle distese rocciose, le enormi mura di Iziz, la capitale-fortezza di Onderon, erano ben visibili. “Boba …” la voce di Zam si fece ancora più bassa. “… cosa esattamente l’Imperatore vuole che tu faccia?”
“Una dimostrazione. Testeremo le potenzialità di questo nuovo corpo e …”
“Una dimostrazione su cosa?”
“Suppongo …”
Lei gli venne davanti, frapponendosi tra lui ed il riflesso. Con questo nuovo corpo Boba si ritrovava a sovrastarla di oltre una testa e si ritrovò costretto ad abbassare il capo per incontrare i suoi occhi. Nascondere le proprie emozioni era mal visto nella tradizione Mabari, e non serviva la sua esperienza da combattente nel rendersi conto che la donna minuta stava facendo un grosso sforzo per non afferrargli l’abito con le mani ed attaccarlo. “Non supporre”
La sua voce si era trasformata in un sibilo.
“Dimmi che ordini hai ricevuto, Boba”.
Un portellone si aprì alla loro destra.
Un rumore forte, temibile, attirò l’attenzione del Governatore Fett anche più dello sguardo omicida che la donna gli stava lanciando e costrinse entrambi a voltarsi.
Il nuovo arrivato era scortato da una coppia di assaltatori che furono rapidi a fargli ala, lasciando che i passi forti, marcati e metallici rimbombassero lungo il duracciaio del ponte dello Star Destroyer. Il rumore proveniva dal respiratore artificiale di metallo nero che la figura indossava, avvolta da una tetra armatura dello stesso colore. Avvolto da un fluttuante mantello nero, Darth Vader, Signore Oscuro dei Sith e braccio operativo dell’Imperatore Palpatine, fece il suo ingresso con lo stesso passo di marcia con cui la sua semplice presenza poneva fine a molte battaglie.
L’Imperatore lo aveva avvisato che il comando operativo della missione su Onderon sarebbe stato affidato a qualcuno di sua espressa fiducia, ma delle tante persone che Boba avrebbe potuto elencare … “Lord Vader. Credevo si trovasse su Ord Mantell per la questione del …”
“L’opposizione è stata stroncata con successo, Governatore Fett. L’Imperatore mi ha affidato il comando della Hunting Dog e del suo nuovo corpo”.
Boba resistette al mordersi il labbro.
Non tutti i Sith erano disponibili come Darth Maul o flessibili come Dooku.
“Mi sono stati comunicati i risultati dei suoi test. Le proprietà che il Puzzle del Millennio le ha conferito hanno superato le migliori aspettative. Useremo questa sua evoluzione per gestire le trattative con la Regina Talia di Onderon nell’arco di massimo due giorni” disse Vader, avvicinandosi a lui. La sua maschera spaventosa era incredibilmente lucida, e per un attimo Boba vide i suoi nuovi occhi, verdi e lucenti, specchiarsi lungo la superficie del cranio del suo diretto superiore. “L’Imperatore si aspetta un successo senza precedenti”.
Boba non rispose, trattenendo il respiro.
Fu un movimento a malapena percettibile, ma nell’esatto istante in cui Lord Vader si era avvicinato a lui, chiaramente entrando nel suo spazio personale, Zam si era curvata in avanti. Non aveva sentito la necessità di comunicarle che sarebbero stati sottoposti all’autorità di qualcun altro -cosa che aveva dato per scontata- ma di certo non aveva avuto opportunità di avvisare la donna del ruolo rivestito dal Signore dei Sith, né quanto fosse inopportuno contrariarlo.
Anche Vader dovette accorgersi del movimento, perché la maschera nera ed il respiratore si spostarono verso di lei, ma la donna non fece alcun inchino né chinò il capo e al cuore di Boba mancarono almeno tre battiti.
Aveva visto ufficiali soffocati per molto meno.
E se Zam avesse anche solo per errore mostrato i propri poteri …
“Il decollo è previsto tra tre minuti” disse Vader, sollevando l’indice della mano destra “Porti all’Impero la gloria ed il rispetto, Governatore Fett. Potremmo considerare maggiormente la sua utilità tra i Signori Oscuri, dopotutto”.
Si voltò con fare imperioso, e i soldati deputati alla sua scorta si affrettarono a precederlo all’uscita, tesi come corde di uno strumento; il rumore del respiratore artificiale echeggiò sul ponte per qualche altro minuto, coperto solo dai motori accesi dello Star Destroyer, e solo quando l’incrociatore si sollevò dalla piattaforma Boba si sentì abbastanza libero da tirare un sospiro di sollievo.
Sospiro di sollievo che fu costretto a riacciuffare nel momento in cui tornò di nuovo ad osservare Zam, ancora ignara del rischio che aveva appena fronteggiato. “Cos’è quella creatura, Boba?”



“Signorina Shandra, signorino Neos, siete pregati di accelerare il passo e seguirmi” fece la voce di AL-4YS, alzandosi di tono fino a superare il rumore che invadeva tutto il livello superiore “Comportatevi come da protocollo e non portate cose inutili”
“Ma il mio incrociatore …”
“Niente giocattoli, signorino Neos. Adesso seguitemi”
Boba e Tarkin avanzavano a passo svelto dietro il droide ed i bambini. Il governatore parlava nel comlink mentre con la mano destra inviava ordini su un pad, ma aveva insistito per andare con Boba fino alla piattaforma dove la Guivre attendeva l’imbarco dei piccoli passeggeri. Il piccolo incrociatore era stato disegnato sin dall’origine per dare meno nell’occhio degli Star Destroyer che puntualmente atterravano e decollavano dagli hangar militari del palazzo personale di Tarkin, ma allo stesso tempo godeva dei migliori armamenti disponibili ed i sistemi di deflettori potevano assorbire i danni anche di corvette due volte la sua taglia. Boba si era proposto di imbarcare i bambini sulla Slave I in caso di emergenza, ma Tarkin aveva ribattuto più volte che la sua nave personale era troppo riconoscibile per essere ignorata.
Il cacciatore di taglie superò il gruppetto per ispezionare rapidamente le truppe di scorta e controllare il raggio traente che avrebbe imbarcato i bambini e la loro balia, ma non poté lanciare uno sguardo indietro quando la piccola Shandra deviò dal percorso impostole da AL per piantarsi davanti a suo padre.
“Io voglio stare con te!”
Tarkin con un gesto netto spense il pad e si fermò a sua volta.
“Da quando in qua si discutono gli ordini di un superiore, Shandra?”
“Se davvero ci sono delle persone cattive che attaccano la nostra casa, io non voglio scappare. Voglio stare con te e aiutarti!”
“Il tuo zelo è ammirevole, ma talvolta la sola buona volontà e l’impegno possono non essere tutto, Shandra”.
L’uomo scoccò uno sguardo imperioso alle proprie spalle, e la bambina seguì gli occhi del genitore. “Se l’Imperatore fosse qui, adesso, la maggior parte delle nostre forze operative sarebbe deputata a difendere la sua persona. Le truppe del settore sono abili e preparate, ma non conosciamo né la tipologia di attacco né come o quando i nostri avversari verranno ad attentare al nostro palazzo. In una situazione di incertezza o svantaggio, il proteggere l’Imperatore porterebbe via uomini e mezzi che potrebbero risultare vitali alla vittoria. Capisci?”
La bambina dai capelli rossi portò una mano sotto il mento, prendendosi qualche secondo. Boba vide AL puntare i propri sensori ottici nella sua direzione -per essere un droide, l’aggettivo che al cacciatore di taglie venne in mente sarebbe stato apprensiva – ma anche la balia metallica sapeva bene che le continue scariche agitate dei propri circuiti non avevano il permesso di frapporsi tra il governatore e sua figlia. Shandra dopo diversi secondi guardò il padre, e annuì. “Ho capito. Non sappiamo che cosa aspettarci dai nemici, e se mi proteggessi qui consumeresti troppe truppe. E lo zio Boba e lo zio Maul devono proteggere te, perché i cattivi vogliono attaccare te”.
“Esatto. Conto su di te per allontanarti da qui, e mi aspetto che tu segua il protocollo. Ne va sia di te, che di Neos e di AL. Occupati di supervisionare loro due e che l’equipaggio svolga le manovre alla perfezione”.
“Ho capito”.
La bambina si staccò dal genitore e fece per ritornare dal suo droide, ma all’improvviso si girò.
“Papà?”
“Sì?”
“Quando sarò un po’ più grande smetterai di proteggermi? Non posso diventare un vero grand’ammiraglio se mi proteggi”.
“Prima diventa un grand’ammiraglio. Poi ritratteremo i termini della questione”.
Col segno che la conversazione era terminata, Tarkin puntò il dito verso AL ed il droide e si sentì pienamente autorizzata a prendere la bambina per mano ed indirizzarla verso il raggio traente. Boba congedò la squadra di sicurezza -aveva supervisionato i loro profili talmente tante volte da poter riconoscere gli assaltatori nonostante la divisa bianca e gli elmi- e rimase ad osservare il droide ripetere alla bambina un numero indefinito di istruzioni.
Poi guardò Neos, e si accorse che il piccolo guardava proprio nella sua direzione.
Scrollò le spalle, come se qualcosa lo avesse punto, e si portò al fianco di Tarkin.
“Ci vorranno almeno vent’anni prima che diventi grand’ammiraglio” fece il suo amico. Nonostante fosse tornato ad occuparsi del pad e avesse acceso di nuovo il comunicatore acustico, gli era rimasta un’ombra di sorriso in volto “Per quel momento avrò trovato una nuova scusa”.
“Non saprei dire se assomigli più a te o a Daala”.
“Non so quale delle due ipotesi sia la peggiore” fece. Spense di nuovo il comlink con un gesto del pollice. “Ma sono contento che Neos non abbia nulla di sua madre”.
Boba tacque, senza aggiungere altro.
Di Zam, Neos sembrava non aver preso molto, a parte il colore chiaro degli occhi. Non si era ancora mai trasformato, e forse quel tratto del suo materiale genetico era andato perduto, cosa di cui l’intero Trio Destroyer era stato ben contento. Finora il bambino non si era posto domande, ma un domani sarebbero arrivate delle richieste che nessuno di loro tre sarebbe mai stato in grado di risolvere appieno.
Lo sapeva, e così anche i suoi amici.
Ma, come diceva spesso Darth Maul, i problemi si affrontano quando arrivano.
Come per qualche strano scherzo della Forza, Maul apparve dal corridoio. “Vi stavo cercando. Shandra e Neos sono a bordo della Guivre?”
Boba annuì, e il Sith proseguì “I droidi di segnalazione hanno avvistato due nuclei di figure chiaramente sospette. Sono arrivate ai primi livelli con dei sistemi di identificazione falsi. Li abbiamo fatti salire come da protocollo”.
“Abbiamo delle immagini dalle olocamere?”
Prima ancora che Tarkin finisse di parlare, Maul accese il proprio proiettore e espanse la visuale. Due olocamere diverse puntavano due drappelli di uomini apparentemente identici a chiunque, uno di essi vestiti in maniera formale ed altri con delle divise di manutenzione. I sistemi visivi ingrandirono su tutte le loro facce. Tutti umani, tutti uomini, nessuna fisionomia con i principali ricercati. Boba scansionò l’immagine davanti a lui e rapidamente fece un consulto con la banca dati che da anni i cacciatori di taglie usavano per i ricercati più ufficiali, ma non ci fu nessun confronto positivo. “Non mi sembrano membri dell’Alleanza”.
“Quel Tolgerias non lo era. Cosa sappiamo di questa Alba Cremisi?”
“Non sono stati catalogati membri di spicco. È un’organizzazione criminale piuttosto giovane, e a parte qualche scaramuccia confinata al suolo di Coruscant non hanno mai intralciato le nostre attività” rispose Boba “Ho sentito nel giro. L’unica notizia confermata pare che da pochi mesi sia subentrato un nuovo boss. Più giovane, più aggressivo. Non si sa molto di lui, ma pare che la sua intraprendenza gli abbia fatto guadagnare consensi. Si vocifera che ci possa essere la sua mano dietro l’attentato al Vigo Xizor di qualche giorno fa, anche se si tratta solo di supposizioni”.
“Sospetti che questi uomini siano maghi?”
“Verosimile”.
Guardò Maul, e l’altro annuì. La spalla ancora gli doleva da impazzire nonostante gli antidolorifici, lo scontro con Tolgerias ed i suoi sottoposti era fin troppo fresco. La magia era l’unica incognita vera in tutta quella vicenda, perché Coruscant ed in generale i pianeti dell’Orlo Interno non avevano mai riportato da tempo incantatori riconosciuti; alcuni antropologi di Naboo avevano sospettato una naturale perdita delle facoltà magiche della popolazione con l’avanzamento tecnologico con numerose tesi e dimostrazioni che coinvolgevano persino la genesi della Forza, ma il risultato tangibile era che la magia era praticamente inesistente nei principali sistemi imperiali. Le tracce più potenti si trovavano in molti sistemi periferici, come la Terra II o l’Amn, senza citare spazi dimensionali separati come la terra d’origine di Kaspar. Maul tamburellò le dita sul visore “Le scansioni non riportano tracce di esplosivi o armi. Dunque le ipotesi sono due: o possono nasconderle ai nostri rilevatori …”
“… o non ne hanno bisogno” continuò Boba, ricordandosi del giovane mago che si era letteralmente distrutto davanti ai suoi occhi.
Tarkin si portò la mano sotto il mento, mentre tutti e tre entrarono nell’ascensore che li avrebbe condotti ai livelli inferiori. “E nonostante abbiate estorto informazioni a quel Tolgerias, non hanno ritirato l’attacco. O sono stupidi, oppure incredibilmente sicuri di loro. E in questi casi è bene pensare che si tratti della seconda ipotesi”.
“Non so se si aspettano un comitato di ricevimento, ma procediamo da prassi” fece Maul. “Tarkin, tu come al solito supervisionaci a distanza. Senza dubbio puntano a te, quindi isolati nell’area blindata e tieni d’occhio i movimenti di tutti. Se la Guivre è decollata, possiamo anche convogliare uno di quei gruppi agli hangar. Io seguo quelli diretti ai livelli inferiori, Boba è bene che segua questi” fece, indicando il drappello di maghi vestiti con abiti eleganti, chiaramente diretti ai settori dove di norma la gente veniva a supplicare favori ai bureau governativo. “Catturiamone uno di ogni drappello. Gli altri possono essere terminati”.
I tre annuirono, ed il cacciatore di taglie prese l’ascensore per i livelli indicati. Fissò ancora una volta i visi degli assalitori nella speranza che i loro lineamenti potessero suggerirgli qualcosa, ma ancora una volta nulla gli venne in aiuto. Se davvero si trattava di un attacco a Tarkin -e la visione di Tolgerias era stata chiarissima- non aveva nulla a che vedere con lo stile dell’Alleanza Ribelle. E, per quanto il Grande Satana fosse stato sconfitto, eventuali demoni in cerca di vendetta sarebbero stati più che riconoscibili.
Il gruppo che doveva bloccare si stava dirigendo in una delle aree a maggior contenuto di civili degli alloggi del Governatore, e questo si distaccava ancora di più dalle tattiche dei Ribelli, più inclini a sollevare rivolte che lasciarsi esplodere davanti a gente potenzialmente innocente.
Un ufficiale gli venne incontro. “Governatore, la squadra è in posizione come da ordini. Dobbiamo far evacuare i visitatori?”
“Non ce ne sarà bisogno. Insospettiremo gli intrusi”.
Il percorso dei maghi sarebbe stato guidato. Come tutti i visitatori pubblici sarebbero dovuti passare per i corridoi 174 e 175, al termine dei quali il bureau di smistamento avrebbe dovuto porre i normali questionari sulle motivazioni dell’ingresso ed ovviamente sarebbe stata attuata dai droidi l’intera procedura per controllare la presenza di armi o di oggetti sospetti, e Boba era certo che al punto di controllo tutti loro sarebbero risultati puliti. Erano in quattro, vestiti con abiti che potevano ricordare l’aristocrazia di Naboo, e si muovevano a passo lento, chinando la testa alle indicazioni dei droidi protocollari, senza mostrare alcun cenno di voler compiere strane azioni nei corridoi.
I varchi si aprirono come da ordine, lasciandoli avanzare. L’ufficiale gli porse di nuovo l’olografia, indicando le truppe di supporto pronte a intervenire e mostrando i livelli di deflettori caricati al massimo da attivare nel momento in cui gli incantatori avrebbero senza dubbio cercato di opporre resistenza.
Quando imboccarono l’ascensore PZ-U15, il cacciatore di taglie diede cenno di procedere e si avviò con una decina di uomini e droidi al piano di uscita, dando ordine alla centrale operativa di rallentare la salita dell’ascensore per il tempo dovuto alla preparazione. Dall’altro lato del comlink, sentì Tarkin dare ordine di bloccare l’ascensore nell’esatto momento in cui si fossero aperte le porte per impedire agli assalitori di fuggire, e quando queste si aprirono si fece avanti, blaster alla mano “Vi consiglio di arrendervi. Ora”.
I quattro uomini mossero le mani quasi all’unisono. Nel farlo l’uomo vide quattro pendenti identici sui loro petti, le stesse gemme dei loro aggressori a Coruscant.
Il familiare sesto senso che lo avvertiva dell’utilizzo della magia in arrivo fece il resto “Come al solito buone maniere fallite. Me ne basta solo uno vivo” disse ai suoi uomini.
Questi aprirono il fuoco .
Uno dei maghi si mosse in avanti, ma un’unità astromeccanica si frappose e gli tagliò la strada. Quello sprigionò una fiammata rapida con le mani che fece indietreggiare di scatto gli assaltatori, ma il droide rimase in posizione e cercò di spingerlo con la sua semplice presenza. Gli altri incantatori dentro l’ascensore avevano eretto una barriera molto simile a quella che il cacciatore aveva visto nei bassifondi, ma tutto sembravano fuorché preoccupati o sorpresi: nessuno di essi cercò minimamente di far ripartire l’ascensore, e quello più lontano dai blaster mormorò qualcosa con una mano puntata al soffitto ed una alla base. Boba d’istinto rinfoderò il blaster e strappò ad uno dei suoi sottoposti una picca ad energia, con l’idea di scaricarla contro la barriera e forzarla a modo suo. Il mago che si era scontrato contro il droide era fuori dalla protezione, e prima ancora che la sua gemma rossa potesse illuminarsi e farlo esplodere uno dei suoi uomini gli fu addosso e gli abbatté il calcio di un fulminatore contro la testa per circa tre volte, finché quello non si accasciò immobile sul pavimento.
Uno dei maghi fece saettare qualcosa verso di lui, ma Boba si chinò, spostandosi verso destra e lasciando che il colpo si scaricasse contro una parete. Piantò la picca contro la barriera rossastra, lo sguardo fisso verso il mago con le mani impegnate, liberando di colpo tutte le celle di energia dell’arma che fischiò per l’aumento di potenza improvviso. Il cacciatore di taglie mollò la presa tutto d’un colpo, allontanandosi di pochi passi e osservando l’arma praticamente a mezz’aria riempire lo spazio circostante di scariche violacee. Al suo cenno gli uomini aumentarono il fuoco e lui steso riprese il blaster, riparandosi dai loro attacchi resi meno precisi dalla nube energetica creatasi.
“Tarkin, chiudiamola qui!” gridò, attaccandosi al comlink “Fai crollare l’ascens …”
La picca energetica esplose.
Per un attimo la visuale si fece bianca, ed i visori plineali captarono solo dei movimenti rapidissimi all’interno dello spazio ristretto dell’ascensore. I suoi uomini si rimisero in piedi velocemente, sparando una raffica violenta dove la barriera ormai non esisteva più, ma bastò un’occhiata generale per capire che i loro nemici non si trovavano più lì.
Il duracciaio dell’ascensore, pensato per resistere anche a delle granate di base, era stato divelto sulla sommità e sulla base proprio dove quel mago stava compiendo il suo rituale; il metallo sembrava liquefatto, e lungo i bordi vi era una traccia nera simile a quella che lanciava l’acido ukbar contro le superfici d’acciaio. Guardò in alto, e due degli incantatori stavano letteralmente levitando all’interno dello spazio degli ascensori, diretti ai piani superiori, mentre un altro stava discendendo a tutta velocità verso quelli inferiori.
“Fottuta levitazione!” gridò Boba, preparando lo zaino a razzo per l’inseguimento.
Il comlink di Tarkin trillò dentro l’elmo “Mando un drappello ad ogni maledetta uscita”
“Quanti piani sono?”
“Novecentosettantuno, dalla base nei bassifondi alla sommità”
“Inseguo quello che sta scendendo”
“Negativo, Boba”
Fu la voce di Maul a intromettersi nella conversazione “Non ho idea di cosa stia facendo, ma sta incantando l’ascensore. Si aspettano che tu li segua. E qui sotto le cose non vanno benissimo!”
Una sequenza di esplosioni rimbombò nella comunicazione.
Boba lanciò una bestemmia, rendendosi conto che alle loro spalle era scoppiato il caos. Gli allarmi avevano preso a suonare quasi come ai tempi degli attacchi di Kaspar, le luci di emergenza facevano da padrone alla visuale e il rimbombo delle truppe mobilitate si sentiva lungo tutto il perimetro. Per tentativo sparò un colpo di blaster verso l’alto, solo per vedere qualcosa di simile ad una rete rossastra apparire dal nulla e disperdere l’energia in un’esplosione di scintille.
Gli uomini ai suoi ordini si allontanarono dall’ascensore, mandandosi istruzioni e dividendosi insieme ai rispettivi droidi. Gli assalitori potevano sbucare realisticamente da qualunque piano, e se avessero causato delle esplosioni anche negli ascensori circostanti …
Nella sala suonò il comando dell’evacuazione generale, e dalla vetrata vide le prime corvette iniziare ad alzare i deflettori ed accendere i motori. Qualche vittima civile sul piano sarebbe stata più che accettabile, ma dei maghi esplosivi lungo l’intero palazzo governativo avevano la potenzialità di mietere qualche decina di migliaia di vittime nel giro di pochissimi minuti.
Ancora una volta, la chiamata di Tarkin bloccò qualsiasi sua operazione. “Boba. Maul. La Guivre non risponde!”
“Cosa?” gridarono all’unisono.
“Totale silenzio radio. Ho notato una leggera variazione della rotta ed ho chiesto spiegazioni, ma non ci sono comunicazioni”.
“Il comlink di Shandra?”
“Negativo” sbraitò Tarkin. “I sistemi dicono che stanno tentando un lancio nell’iperspazio dall’atmosfera stessa. Meno di tre minuti a partire da adesso!”
Il cacciatore di taglie guardò all’esterno. Il minuscolo incrociatore era praticamente invisibile nel traffico aereo superiore di Coruscant. “Chi puoi mandare?”
“L’Oni e il Manticore gli sono dietro, ma non possono attivare il raggio traente con la nave ancora in atmosfera, e in tre minuti non riusciranno ad impedire il salto. Gli sto mandando dietro dei cacciatori TIE, ma non passeranno le difese della Guivre”.
“Loro no …”
Boba scattò in avanti, spintonando con tutta la forza che aveva un paio di droidi tra i piedi. Digitò i codici di sblocco, preparando la sua nave al decollo. “Ma la Slave forse sì”



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view post Posted: 8/8/2023, 10:11 Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco - La Biblioteca
CITAZIONE (Ash Visconti @ 28/7/2023, 21:01) 
Novità (non tanto allegre) sulla serie House of the Dragon.
A quanto pare Martin è stato scaricato da HBO e non lavorerà più agli spin-off di Game of Thrones. Il che significa che HOTD potrebbe fare la fine di GOT in fatto di qualità alla sceneggiatura.

Magari ora riuscirà finalmente a finire di scrivere gli ultimi due libri della saga, no? Che cavolo, sono dodici anni che i fan continuano a chiedersi se Giovanni Neve sopravvivrà a quelle pugnalate oppure no.

Martin: "Per gli ultimi due libri abbiate pazienza e aspettate!"
Sirius Black: "Ho aspettato a sufficienza! Per dodici anni!"

C'è da dire però che già nella prima stagione di House of the Dragon Martin non aveva sceneggiato nessuno degli episodi (come era avvenuto invece per le prime quattro stagioni di GoT), ma era stato sentito solo in qualità di consulente.
Comunque hai per caso il link alla fonte della notizia? Seguo una tonnellata di pagine sulle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco e stranamente non mi è capitato di leggerla (vero che la settimana scorsa ero fuori e potrebbe essermi sfuggita).
view post Posted: 8/8/2023, 10:08 Baldur's Gate - Microsoft & Computer Gaming
Lo sto giocando ed è BELLISSIMO!
Hanno modificato un po' di cose rispetto all'Early Access (in particolare la storia e le quest di Wyll e il ruolo del personaggio che appare nei tuoi sogni), ma la cosa non mi dispiace perché in questo modo anche persone come me che hanno già giocato quasi tutto l'Atto 1 in varie patch dell'Early Access possono godersi un po' di sorprese già dall'inizio del gioco.
Per ora sto andando lentissima, cercando di fare tutte le quest, godermi i dialoghi, esplorare il più possibile. Ma non vedo l'ora di arrivare alle parti di cui ancora non so proprio nulla!
view post Posted: 18/6/2023, 12:14 Il Ramingo e lo Stregone - Fanfiction
E' passato un po' di tempo, ma siamo ancora qui!


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Capitolo 26 - The alchemist's apprentice


Il generale Hyunkel sedeva davanti a lei, le gambe incrociate. Le spalle, le braccia, ogni muscolo del suo corpo non riusciva a tradire la tensione che provava.
Zam era sempre stata abituata ad interpretare questa diffidenza con una sfida, e senza dubbio non le era mai capitato di dover convincere nessuno ad abbassare le difese in sua presenza. Sarebbero stati tutti molto stupidi. La mano destra del ragazzo non lasciava il Puzzle, né aveva fatto alcun gesto per sganciare la catena dal collo per avvicinarglielo.
Non che lei ci tenesse.
“Suppongo che tu non abbia ricordi piacevoli collegati a questo oggetto” disse lui, chiaramente cercando qualcosa con cui riempire il vuoto che era calato nella Caverna del Drago nell’esatto momento in cui si erano seduti l’uno di fronte all’altra. Il generale Baran si era seduto in disparte, ma nonostante questo entrambi potevano avvertire lo sguardo di allarme sotto l’elaborato diadema dorato che non lasciava né loro, né il Puzzle. “La battaglia su Kamino è il motivo per cui ti trovi qui”.
Le ci erano volute diverse visite per convincere quel giovane umano a parlarle, e oltre il doppio per ottenere da lui un tono più … amichevole. Il tono naturale e disinvolto che assumeva in compagnia di Hadler e con i sottoposti del generale Baran si trasformava in un silenzio innaturale nel motivo in cui il ragazzo si ritrovava in sua presenza, un silenzio che finiva puntualmente sommerso dalle bisticciate senza fine di Borahorn e Gurdandy o dalla voce perentoria e calda del Cavaliere del Drago. Aveva sempre avuto l’impressione che i modi guardinghi del ragazzo fossero dovuti alla naturale attitudine di un guerriero di studiare ed ispezionare una potenziale minaccia e dunque aveva cercato di non darsene eccessiva preoccupazione, ma col passare dei giorni il suo intuito aveva iniziato a suggerirle qualcosa di diverso; forse era per quello che aveva accettato ben volentieri l’idea del Cavaliere del Drago di confrontarsi con lui sulla questione del Puzzle Millenario.
“Non posso dirmi un’appassionata di questi artefatti” mormorò, osservando ancora una volta come le mille battaglie non avessero scalfito nessuna decorazione, né alcun pezzo si fosse annerito. “Ma non per i motivi che credi. Le sconfitte sono un motivo di riflessione, così quanto le vittorie lo sono per l’orgoglio”.
“Baran mi ha detto che hai espresso preoccupazione per il potere del Puzzle”.
Subito al sodo.
“Nessuno può controllare l’Angelo”.
Un leggero sorriso attraversò il volto del generale. “Con tutto il rispetto, le nostre ultime vittorie hanno dimostrato il contrario. Ammetto che non sia stato facile gestire la sua presenza e che i primi momenti siano stati spiacevoli” sussurrò, abbassando di poco il tono della voce “Ma non avrei messo nulla di meno della mia intera volontà per ricompensare il dono fattomi dal Grande Satana”.
“Se il generale Mistobaan fosse ancora tra di voi sono convinta che esclamerebbe qualcosa simile a La fede per il Grande Satana Baan può questo e altro, ma credo che non si tratti di pura forza di volontà. Altrimenti non saremmo nemmeno qui a parlarne”.
Anni addietro, quando Boba mise per la prima volta al collo quella catena … chissà, forse aveva pensato persino che fosse un uomo dalla volontà forte. Forse – o certamente, chi poteva dirlo- aveva ancora troppo impresso il ricordo di Jango per poter dubitare della sua forza d’animo. Non conosceva affatto il ragazzo dai capelli chiarissimi che le sedeva di fronte, ma era abbastanza chiaro che avesse abbastanza tempra nelle dita di una mano da far vacillare quella di Boba e dei suoi amici, eppure stava mancando completamente il punto del problema. Per un istante il suo sguardo cercò quello del Drago, ma la figura non aveva dato alcun cenno di muoversi.
“Dimmi. Riesci a sentirlo?”
“Sentire cosa?”
“L’Angelo”.
Dovette aver colpito qualcosa, perché la sua espressione diffidente ma spavalda fu attraversata da un velo grigio.
“Sogna, non è vero?”
“Dunque hai provato anche tu il potere del Puzzle?”
“Non io” disse Zam, spostandosi nella sua posizione seduta per recuperare un po’ di equilibrio. “Ma qualcuno vicino a me è stato il precedente possessore di quell’artefatto. Mi ha raccontato di quei pensieri, se vogliamo chiamarli. Di quelle immagini che ogni tanto gli venivano alla mente, posti che non aveva mai visto in vita sua e uomini di cui non intuiva nemmeno il linguaggio”.
L’altro lasciò lentamente la presa sul Puzzle, gli occhi che abbandonarono i suoi per fissare un punto imprecisato tra le proprie mani: Zam Wesell sapeva di aver toccato il tasto giusto, e non poteva permettersi di sbagliare.
Sebbene il guerriero fosse un soldato leale solo e soltanto alla famiglia demoniaca, aveva contribuito a restituirle la vita.
Non gli avrebbe mai permesso di gettare la propria al vento.
La cambiatrice di forma si limitò ad attendere, lasciando che le iridi del suo interlocutore si muovessero in linea con i propri pensieri. Il giovane riprese a parlare dopo pochi secondi, ancora una volta con la voce oscillante tra la leggera riverenza ed il dubbio. “Non ho negato la sua presenza. Qualcosa di lui cerca di affacciarsi, ma non è nulla di insopportabile. Credo siano ricordi, per lo più: un deserto quasi senza fine, ed il cielo di un azzurro senza nuvole …” disse.
Alla loro destra, Baran mosse leggermente il capo.
“Sono cosciente di star prendendo in prestito i poteri di qualcun altro”.
“E nonostante questo non ti preoccupano le sue intenzioni? Qualunque creatura, potente o meno …” fece Zam, soffermandosi per essere sicura dell’attenzione di tutti “…non può tollerare che qualcosa di suo venga preso senza permesso. Il Puzzle ti sta concedendo di attingere al potere di una creatura più potente di te, generale Hyunkel. Più potente anche di me. Forse anche del Cavaliere del Drago stesso. L’Angelo è incatenato a questo artefatto e tu a lui. Non permettere che ti trascini sul fondo”.
“Hyunkel sa badare a se stesso”.
La donna non trattenne un movimento brusco nel sentire la voce del nuovo arrivato.
La figura che apparve sulla soglia della caverna era un giovane demone che non aveva mai visto fino a quel momento. Alto, con i muscoli delle braccia e delle gambe che non nascondevano il suo ruolo di guerriero: si muoveva nella Caverna del Drago in maniera naturale, istintiva, privo della leggera deferenza che aveva notato nei passi di Hyunkel e di Hadler. La pelle violacea giocava uno strano contrasto con i capelli biondi e scompigliati, un contrasto davvero particolare considerata l’armonia che spesso regnava nelle figure dei demoni.
Sulla tunica, reso ancora più evidente dal riflesso della fiamma della torcia lungo l’ingresso, scintillava un diadema dorato, modellato nella forma di testa di drago; lo stesso gioiello che anche Borahorn e Gurdandy sfoggiavano con orgoglio, e che ricordava il diadema di battaglia del Cavaliere del Drago.
Zam non poté fare a meno di voltarsi verso il Generale Baran.
Quanti giorni si trovava lì? Forse mesi.
Eppure in nessun momento lo aveva mai visto sorridere in quel modo.
“Bentornato, Larhalt”.




“... a questo punto puoi disegnare la quarta runa, ma attenzione: questa è singola, non in coppia come le precedenti, e va tracciata solo sul lato destro del cerchio. È il simbolo che dovrai toccare per attivare la reazione. Ecco, prova.”
Lavok aveva un modo buffo di concentrarsi: socchiudeva gli occhi come se fosse miope e incurvava le spalle fino a portare il naso a pochi centimetri dal foglio su cui si stavano esercitando a tracciare il cerchio. A Vexen ricordò le smorfie di Camus la prima volta che gli aveva insegnato a usare un microscopio.
Anche il livello di entusiasmo era molto simile.
“Li vedo! Li vedo! I batteri stanno attaccando la cellula proprio come lei aveva detto!”
“Incredibile! Si è liquefatto! Un pezzo di metallo, senza la minima fonte di calore… liquefatto!”
Per un soffio Lavok non lo aveva centrato con una gomitata mentre saltava in piedi con lo stesso slancio di un tifoso che esulta alla vittoria della propria squadra.
“Non staccare le mani dal cerchio finché non sei certo che la reazione sia completa” lo ammonì Vexen, indicando l’ultimo pezzo di rame che galleggiava placido nel metallo fuso. “In questo caso un pezzo del reagente è rimasto allo stato solido. Nulla di irrimediabile. Con trasmutazioni di tipo diverso gli effetti potrebbero essere più… rilevanti.”
“Incredibile” ripeté Lavok, la voce ora ridotta a un sussurro reverente.
Vexen si chinò a sua volta sul tavolo e posò il dito accanto alla runa di attivazione, senza toccarla. “Adesso prova ad invertire la trasmutazione. Esattamente lo stesso procedimento di prima, ma a ritroso. Ricorda, ogni cerchio è in grado di catalizzare una reazione e il suo esatto opposto, senza bisogno di apportare modifiche ai simboli. Ci sono delle eccezioni, ma sono casi avanzati di cui per il momento non abbiamo bisogno di preoccuparci.”
Lavok posò la mano sul cerchio e chiuse gli occhi. Vexen lo vide borbottare qualcosa tra sé e sé, e un attimo dopo le rune si illuminarono di un tenue bagliore viola e il pezzo di rame tornò a solidificarsi.
Riaperti gli occhi, il mago fece una smorfia delusa. “Si è deformato.”
Con attenzione Vexen rimosse il pezzetto di metallo dal cerchio e lo osservò sotto la lampada al neon che pendeva dal soffitto. Aveva l’aspetto di un pezzo di plastilina caduto vittima delle ditate di un bambino, ma la consistenza e il colore erano quelli del rame con cui avevano iniziato l’esperimento.
“Trasmutare delle forme precise richiede maggiore pratica. È lì che la tua concentrazione gioca un ruolo cruciale. Devi visualizzarlo nella mente nei minimi dettagli. Il passaggio di stato è avvenuto alla perfezione, comunque” sorrise, porgendo il pezzo di metallo a Lavok perché lo osservasse a sua volta. “Non male come primo tentativo.”
“Ci sai davvero fare.”
Vexen si lasciò sfuggire una risatina compiaciuta. “Studio alchimia da una vita.”
Il mago scosse la testa. Reggeva il pezzo di rame tra le mani a coppa, come una reliquia preziosa. “Intendo dire come insegnante. Dovresti trovarti degli allievi. Magari aprire una scuola di alchimia, o qualcosa del genere.”
Stavolta lo scienziato rise a pieni polmoni: “Ed essere circondato tutto il giorno da ragazzini che fanno domande idiote? No grazie!”
Lo sguardo di Lavok però era serio. “Pensaci. Sei uno dei pochi depositari di questa scienza. L’unico, per quanto ne sappia. Di certo non esistono corsi universitari di alchimia nei mondi principali della Galassia. E nemmeno sui pianeti più ‘magici’, come il mio o la Terra II, se ne è mai sentito parlare. In un certo senso è come se…”
Vexen stroncò il suo entusiasmo prima che potesse terminare. “Se stai per dire qualcosa come “dovere” o “responsabilità”, sappi che queste solfe da ribelle su di me non attaccano.”
“E allora perché lo fai?”
Semplice, diretto. Ancora una volta Vexen vide gli occhi azzurri di Camus brillare dietro quelli scuri del mago, come se lo stessero trafiggendo da una distanza siderale. Deglutì, senza dire nulla.
Probabilmente fiutando la sua esitazione, Lavok lo incalzò. “Il piacere della ricerca è una gran cosa, sono il primo a sostenerlo. Ma una conoscenza non condivisa con nessuno a cosa serve?”
Vexen pensò che la sorte aveva davvero un senso dell’umorismo perverso. Che Lavok gli ritorcesse contro la stessa argomentazione con cui lui stesso anni prima aveva cercato di convincere il Superiore ad aprire le Stanze della Memoria era un’ingiustizia di proporzioni capitali. Si accorse di aver stretto nel pugno il pezzo di carta del cerchio alchemico, fino a farlo diventare una pallina minuscola. Si sarebbe sentito meno offeso se il mago lo avesse schiaffeggiato.
“Sono sicuro che da scienziato capisci benissimo cosa voglio dire.”
Vexen continuò a tormentare il povero pezzo di carta tra le dita. O quello, o il collo di Lavok.
“Ho scritto più di un libro sull’alchimia” disse infine, sulla difensiva. “In più ci sono tutti quelli su cui ho imparato io. Non è una conoscenza che rischia di morire.”
Perché diavolo mi sto giustificando adesso?!
“I libri non sono alla portata di tutti” sospirò Lavok.
“Nemmeno l’alchimia, se è per questo.”
I ribelli come lui la facevano sempre facile. Per la seconda volta in una manciata di giorni lo scienziato si ritrovò ad accarezzare il ricordo di una vita mai vissuta, una carriera universitaria, laboratori di ultima generazione, orde di allievi adoranti che pendevano dalle sue labbra.
Da qualche parte in un altro universo doveva pur esserci un Vexen che si stava godendo ciò che a lui era stato negato.
“Per insegnare occorrono allievi con un minimo di capacità” proseguì dopo un attimo. “Difficile, in un mondo in cui ti prendono a sassate se solo osi recitare la tavola periodica.” Sputò quelle ultime parole insieme a tutto il disprezzo di cui era capace.
Lavok sollevò i palmi delle mani in un gesto conciliante. Aveva ancora il pezzetto di rame stretto tra pollice e indice.
“D’accordo, d’accordo. Ho esagerato. Mi sono lasciato trasportare dall’entusiasmo. Ti chiedo scusa. È solo che…”
Il mago si sedette, passandosi una mano tra i capelli per riordinare i pensieri. Era strano quel contrasto nella sua figura, gli occhi scintillanti di un bambino curioso incorniciati dalle linee che anni e stanchezza gli avevano inciso sulle tempie e gli zigomi, tra i capelli striati di bianco.
Per Vexen, in qualche modo, era come guardarsi allo specchio.
“È solo che penso a tutto quello che mi hai mostrato nell’ultima ora e mi rendo conto che… ho avuto una fortuna enorme a incontrarti. Mi sento quasi sprecato a beneficiare di questa conoscenza. L’alchimia meriterebbe di essere studiata da un capo all’altro della Galassia.”
“Su questo almeno siamo d’accordo.”
Vexen aveva appoggiato la schiena al bordo del tavolo, incrociando le braccia.
“Mi dispiace, comunque. Per quello che mi dici del tuo mondo. Non sembra un posto molto amico del progresso.”
Il tono del mago sembrava sinceramente addolorato. Probabilmente lo era. Ribelli.
“Per usare un eufemismo.”
Aveva capito cosa lo aveva fatto montare su tutte le furie. Non era il moralismo di Lavok, e nemmeno il ricordo della sua giovinezza sul suo stupido pianeta. Poteva nascondersi dietro quegli alibi, certo. Prendersela con i preti, o con il volgo che non capiva il suo genio. Recriminare che il mondo non gli avesse dato nessuna possibilità di brillare.
La verità era che aveva avuto il Castello dell’Oblio.
Avrebbe potuto cambiare il suo destino in un battito di ciglia, nello spazio del gesto casuale e inconscio che serviva ad aprire un portale di tenebra.
Invece aveva scelto di trascorrere quegli anni rintanato nel laboratorio o viaggiando tra i mondi impalpabile come un fantasma, senza lasciare traccia, ingrassando di saperi e conoscenze che al momento di compiere le sue scelte si erano rivelati…
… assolutamente inutili.
Con la scusa di riordinare i gessetti e le matite sul tavolo voltò discretamente le spalle a Lavok. Sarebbe potuto scoppiare a ridere da un momento all’altro. O a piangere.
Non ne aveva idea nemmeno lui.
Era quello il motivo per cui negli anni si era attaccato a Zexion, e poi a Camus? Loro erano, in piccolo, il pubblico adorante di cui il Vexen di un altro universo riceveva ogni giorno gli applausi?
Il sibilo della porta automatica che si apriva lo salvò dall’imbarazzo di quel silenzio lunghissimo.
Freki e Valygar erano tornati dal giro di approvvigionamento.
“Scusate, ci abbiamo messo una vita. Ma non potevamo non concordare il piano con il principe Xizor.”
Freki non si fece nessunissimo problema a posargli un rapido bacio sulle labbra mentre gli consegnava un voluminoso involto di plastica trasparente, che le sue braccia accettarono automaticamente. Se i Corthala ne rimasero stupiti, furono molto bravi a non darlo a vedere.
“I vestiti per il casinò. Giuro che sono molto più discreti di quelli della scorsa volta.”
Vexen annuì senza convinzione, ma la trattenne delicatamente per il braccio quando lei stava per allontanarsi. Il ricordo della notte trascorsa insieme sembrava risalire a secoli prima. Qualsiasi sollievo vi avesse ricavato si era dissolto come una bolla di sapone.
“Tutto bene?” domandò lei a voce più bassa. Adesso lo scrutava con una certa apprensione, e Vexen si chiese in che stato pietoso dovesse essere la sua faccia. Alle sue spalle, i Corthala erano impegnati a scartare le confezioni di plastica che contenevano i loro abiti per la missione.
“Non il mio momento migliore” ammise, e sotto l’involto di plastica sentì le mani di lei muoversi per stringere delicatamente le sue.
“Se ne hai bisogno, io ci sono.”
Vexen si concesse ancora un attimo per assaporare quel contatto, come una pianta che cerca di trarre attraverso le radici il massimo nutrimento possibile. Poi la lasciò andare e si schiarì un paio di volte la voce.
Basta crogiolarsi nell’autocommiserazione.
“Dunque” disse rivolto a tutti e a nessuno in particolare. “Prima di iniziare sarebbe il caso di fare un breve riepilogo degli obiettivi e delle informazioni in nostro possesso.”


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view post Posted: 13/6/2023, 12:36 FFVII Remake - Sony
Mamma mia, lunghissimi i tempi di attesa. La prima parte è uscita a inizio pandemia...
view post Posted: 2/6/2023, 16:28 13th Anthology - Fanfiction
Beh IHVE, veditela in questo modo… noi abbiamo finito le idee oppure siamo stati incostanti. Tu no.
Avere ispirazione è un fattore fondamentale!
view post Posted: 16/3/2023, 20:07 13th Anthology - Fanfiction
Scusate il mega ritardo ma questo mese il lavoro non ci ha dato pietà!
Ecco il prompt per il prossimo giro:

Leggenda



Buona scrittura!
view post Posted: 23/2/2023, 15:54 The Legend of Vox Machina - Anime & Manga
Seconda stagione tutto sommato molto carina, forse mi è piaciuta più della prima perché approfondisce più equamente il passato di tutti i membri del party (a sorpresa mi sono piaciute in particolare le puntate su Grog).
Inoltre dà degli insegnamenti molto importanti che più giocatori di D&D dovrebbero ricordare:
1) mai fidarsi di artefatti che parlano;
2) mai toccare cose a caso in tombe o sarcofagi.

Però… però rimango sempre della mia idea: serie molto carina e ben fatta, ma assolutamente non superiore a tante campagne D&D che ho visto o giocato. Diciamo che se sei l’unica campagna del mondo ad avere l’onore di ricevere una serie animata io mi aspetterei qualcosa di più 🫠
(sì, continuo a rosicare)
view post Posted: 29/1/2023, 12:51 Il Ramingo e lo Stregone - Fanfiction
Buon 2023 con un nuovo capitolo! Zexion è alle prese con i ribelli e Boba con un puzzle dorato dalle misteriose proprietà...


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Capitolo 25 - Io sono te e tu sei me


Il rumore dei suoi stessi passi sembrava invadente come una parata di grancasse naniche.
Zexion attraversò i corridoi che portavano ai livelli 7 e 8 della miniera con la testa in subbuglio, cercando di aumentare il fracasso dell’erogatore d’ossigeno abbastanza da non sentire gli ingranaggi del suo stesso cervello. Gli assaltatori imperiali non gli prestarono più di un’occhiata sbrigativa, un paio nemmeno voltarono il casco.
Se riesci anche solo a incutere un po’ di timore, gli avevano nei primi tempi del suo arrivo all’ISB, la gente preferirà considerarti invisibile.
La proposta di Gimli aveva cambiato le carte in tavola. Conosceva abbastanza bene Camus da non aver nemmeno bisogno del suo olfatto da capire che appoggiava al massimo l’idea del nano, e nemmeno mettere il prete sotto tortura avrebbe ottenuto qualcosa. La sua testa dura era famosa almeno quanto la sua passione per il martirio.
Suo zio era vivo ed era partito alla sua ricerca, e nonostante il proprio olfatto non poteva certo sperare di attraversare tutti i pianeti della Galassia nella speranza di fiutare una sua traccia. Aveva bisogno di quell’ID, ed il solo pensiero che il nano avesse fermato il sacerdote gli faceva risalire la bile fino in gola per quanto fosse stato ad un passo dal riabbracciare l’unica persona in quella maledetta Galassia di cui gliene importasse davvero qualcosa. Lo sfiorò anche l’idea di dare un ordine qualsiasi e farlo fucilare con una scusa, ma avrebbe dato a Camus un motivo in più per rimanere saldo nella sua posizione.
Li detestava.
Li detestava tutti, imperiali e Ribelli.
Quella non era mai stata la sua battaglia, e non lo sarebbe diventata mai. Doveva solo cercare di ottenere ciò di cui aveva bisogno, ma non era così stupido da non conoscerne il prezzo ed il rischio.
Controllò il pad per la ventesima volta da quando si era deciso ad afferrare l’unica possibilità esistente, rilesse le informazioni fino al vomito e ricontrollò l’orario standard con tutte le minuzie possibili eseguendo anche un reset per essere certo che non vi fosse una perdita di sincronizzazione.
Ad ogni passo che lo avvicinava all’obiettivo Zexion era sempre più nervoso.
L’Impero nasceva dal controllo assoluto. Durante le Guerre dei Cloni era stato possibile sconfiggere l’Ordine Jedi e prenderlo di sorpresa perché tutti i soldati realizzati nei laboratori di Kamino erano stati settati con dei codici neurali ben precisi, prefissati per poter rendere operativi ed obbedienti milioni di unità nello stesso momento. Sebbene non fosse di dominio pubblico e l’argomento fosse stato ben presto cancellato dalla memoria comune era risaputo, nei Servizi, come l’impianto del codice Ordine 66 nei cloni aveva permesso all’Imperatore una manovra su scala galattica dando l’input ai suoi soldati di rivoltarsi contro gli Jedi.
E pensare che l’Imperatore non avesse un meccanismo di controllo sui propri soldati -molti cloni erano stati dimessi, ed ormai oltre l’ottanta per cento delle forze armate imperiali era composto da soldati di leva- era pura utopia.
Occorreva soltanto conoscere il come.
Arrivare nei blocchi di detenzione minori era sicuramente meno complesso che accedere ai generatori di energia. Zexion dovette passare soltanto un paio di ingressi blindati, e i soldati a guardia gli fecero cenno di andare avanti dando una occhiata sbrigativa al suo pass. I droidi gli passavano accanto senza emettere nemmeno un suono, e gli unici fischi strozzati che si sentivano lungo il percorso erano i droidi in via di riconversione, quelli i cui circuiti iridici dovevano essere modificati e forzati in maniera molto più cruenta.
La cella in cui era stata rinchiusa Gea Oganae non era diversa dalle altre. La porta poteva essere aperta con un singolo codice, e quando si spalancò al suo comando emise un clangore che sarebbe stato impensabile per i blocchi di detenzione sui pianeti più avanzati. Alcune scintille sprizzarono dalle manette elettriche con cui l’enorme donna era stata immobilizzata, e Zexion sentì un tanfo di carne bruciata e escrementi umani sprigionarsi dalla figura bloccata. Ad esso si unì il lezzo nauseabondo di un cadavere buttato in un angolo, chiaramente un minatore considerato più sacrificabile. Protocollo basilare.
La donna sollevò la testa. Un nuovo taglio le apriva la faccia da parte a parte, e metà dell’orecchio sinistro non c’era più. “Chissà perché ma mi aspettavo che saresti tornato, Ienzo” gli disse la figura, sofferente ma per nulla piegata. “Quelli come te tornano sempre”.
Si era documentato, e sapeva che Gea ed i suoi uomini erano stati interrogati secondo il livello 2 stilato dall’ISB. Alcuni minatori, i più sacrificabili, erano stati giustiziati immediatamente per fiaccare i compagni. L’assenza di droidi inquisitori in quella regione della luna di Onoam -nonché di specialisti in interrogatori- aveva fatto optare i Servizi per una gestione non eccessivamente capillare di quegli uomini. L’arresto di un membro dell’Alleanza Ribelle di classe A, ovvero il nano, aveva di colpo diminuito l’interesse per quei lavoratori.
Non programmavano di mantenerne in vita nessuno, considerato il termine della loro utilità.
“Una vera fortuna che io non abbia perso tempo, allora. L’ISB stima la vostra esecuzione tra non più di tre cicli”.
Lei lo fissò con un’espressione impenetrabile.
“Se si fosse trattato di una rivolta di minatori con te a capo, Gea, si sarebbero presi la briga di far venire un esecutore da Naboo o farti trasferire in qualche carcere serio. Ma con quel nano tra le vostre fila sei un pesce così insignificante da non valere le scorte di cibo. Tu ed i tuoi compagni, s’intende”.
Un movimento rapido del sopracciglio, unito al moto del suo odore. Sorpresa, sebbene poco.
Doveva pensare che fosse lui l’inquisitore.
“Il sapere di dovervi giustiziare a breve ed il numero limitato di assaltatori per l’operazione rende i livelli detentivi molto meno sorvegliati di quanto uno potrebbe aspettarsi” le disse, abbassando la voce. “E il grosso delle guardie è concentrata all’ingresso. Suppongo si aspettino una sortita dell’Alleanza, o qualcosa di simile”.
“Come se avessi intenzione di ascoltare qualunque frase uscita dalla tua bocca, Ienzo” rispose lei, ed uno sputo unito a sangue atterrò proprio ai piedi del ragazzo. La tenue barriera posta intorno alla figura della donna emanò un guizzo quando lo sputo la attraversò, facendo sussultare la prigioniera, ma gli enormi muscoli delle spalle si indurirono e rimase eretta e minacciosa. “Credi sul serio che intenda anche solo crederti? Se potessi ti butterei fuori da questa cella a calci in culo”.
Zexion non diede modo di mostrare nulla.
Aveva immaginato una risposta del genere, e spazientirsi non avrebbe portato a nulla. Sapeva che il rischio non sarebbe venuto soltanto dall’Impero.
“Non ho bisogno che tu mi creda. Né che mi stia a sentire. Ho solo enunciato un dato come un altro. Sei tu che ti stai scaldando”.
Gettò un’occhiata velocissima al pad: le comunicazioni all’interno delle celle erano ovviamente registrate, ma la sua autorizzazione in quanto unico membro operativo dei Servizi dell’ISB in quella miniera gli aveva consentito di deviare la riproduzione della loro conversazione direttamente sul proprio dispositivo. “Stavo solo ipotizzando che, se le vostre celle avessero un problema o se qualcuno dall’interno decidesse di aiutarvi, potreste persino prendere il controllo di diversi livelli, qui sotto. Specie con i droidi non ancora totalmente riconvertiti, dico bene?”
“Tu hai portato l’Impero qui. Ingannandoci”.
“Verissimo. Lavoro per i Servizi, non faccio la guida turistica nello spazioporto di Mos Eisley” disse, lasciando che il ringhio dell’altra rimbombasse a vuoto nella cella. “Ma, prima ancora che lavorare per l’Impero, lavoro per me”.
Come da programma, la porta alle loro spalle si aprì. Lungo le barre metalliche che sostenevano le pareti si riflessero le luci verdastre dei sensori oculari di CR, il droide astromeccanico.
Alla vista del suo compare Gea gli lanciò un’occhiata inquisitoria. “Se tu hai …”
“Come la sua padrona, è così vecchio ed inutile che riprogrammarlo non vale la pena. Smantellarlo e salvarne almeno i bulloni era il protocollo di base, ma grazie al cielo nessuno ha avuto da obiettare quando lo ho reso operativo. Gli assaltatori di questo posto non saprebbero distinguere un bullone da costrizione per droidi astromeccanici da uno per droidi da battaglia”.
L’espressione di lei cambiò, e uno spiraglio di sollievo si mosse dentro il ragazzo.
Sapeva che approcciare il capo dei minatori sarebbe stato uno dei passaggi più complicati del suo piano; quando era sceso per la prima volta nelle miniere, cercando di guadagnarne la fiducia, si era trattato di un lavoro come un altro, nulla di più di quanto avesse fatto decine di volte in quegli anni all’Impero. Una collaborazione tra la giurisdizione del governatore Saruman e l’ISB guidato da Tarkin.
Ma adesso le sue necessità erano cambiate.
Purtroppo era cambiata anche la disposizione di Gea nei suoi confronti, ma era un rischio che non avrebbe potuto annullare nemmeno col migliore piano del mondo. Il suo naso gli aveva insegnato che le emozioni umane non erano né controllabili, né programmabili: talvolta la soluzione era accettarle per come giungevano.
Si scansò di lato, lasciando al piccolo CR il compito di rimuovere le elettromanette. L’estremità prensile del droide si ricoprì di un device isolante che gli concesse di lavorare senza ulteriori danni, mentre Zexion armeggiava col proprio pad nel controllare la posizione di tutti i militari nei livelli. Le tute bianche dei soldati imperiali erano tutte codificate e localizzabili da chi aveva abbastanza autorità e posizione gerarchica, e se Zexion doveva mandare tutto al diavolo e rivedere suo zio … forse sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe potuto godere di un simile privilegio.
Non appena lo strato di energia che la bloccava cadde, la donna fece per cadere a terra. Atterrò su un ginocchio, ma fece il possibile per alzarsi in piedi. Zexion notò la difficoltà nei movimenti, il chiaro effetto della tortura imperiale in grado di fiaccare anche un’umana dalla corporatura simile. “Sai una cosa, Ienzo? Messa in questo modo mi fai forse anche più schifo” ringhiò, scambiando uno sguardo con il suo droide che, per tutta risposta, le fischiò qualcosa di incomprensibile. “Quasi quasi preferisco gli imperiali che ci credono davvero”.
“Le tue convinzioni non sono un mio problema”.
“Ah, no?”
Anche appoggiata alla parete e con il fiato corto, la minatrice lo superava di oltre una testa. Era debole, ma avrebbe potuto senza dubbio tentare di sopraffarlo, complice anche il suo CR e la piccola fiamma ossidrica che sapeva che si sarebbe attivata nell’esatto istante in cui la donna avrebbe dato un ordine.
Il tanfo del cadavere lì vicino e l’aria chiusa del sottosuolo non riuscirono a mascherare la furia della minatrice. “Sono sicura che tu abbia qualche trucchetto per proteggerti, moccioso” fece, spingendo il peso sull’altro piede, accorciando le distanze. “Ma per come sono messa adesso, un tentativo di cambiarti i connotati e farti fare la fine dei miei amici lo farei eccome”.
“Lo avevo messo nel conto” concluse, scostando leggermente la frangia che aveva sulla fronte per impedirle di guardarlo meglio negli occhi.
Lei aspettò, aspettandosi di sicuro qualche mossa o qualche minaccia, ma Zexion non le offrì né l’una né l’altra. “Ma confido nel fatto che tu ed i tuoi compagni siate a corto di tempo, e ci sono certe occasioni che non si ripresentano due volte”.
Gea si accorse della sua mano all’ultimo istante, ma non poté opporsi quando Zexion guardò per la millesima volta l’orologio del suo pad e, con un’espressione scura, premette un tasto.
Un urlo strozzato, poi il rumore di qualcosa di pesante che cadeva a terra poco lontano dalla loro cella.
La minatrice sobbalzò, presa alla sprovvista, mentre il piccolo CR abbandonò il suo fianco con una serie di suoni e passò davanti al ragazzo, diretto verso la porta. Il giovane agente lo lasciò fare, ben sapendo che la programmazione del piano di fuga dei minatori era stato ben accettato dal droide e costruito nei suoi dischi di memoria protetti. Lei lo seguì con lo sguardo, incuriosita dalla reazione del suo stesso droide, e quando l’ingresso della cella si spalancò, cigolando, ciò che apparve era un assaltatore imperiale a poca distanza da loro, a terra.
CR sferragliò contro l’uomo chiaramente senza vita, appoggiando il proprio sensore ottico alla fondina in cui era riposto il blaster.
“I caschi degli assaltatori hanno un dispositivo interno molto particolare. Sono bloccate due piccole fiale di gas tibanna modificato, in grado di uccidere anche un umano di grande corporatura in quindici secondi. Si trovano all’interno dei caschi, in una struttura così protetta da resistere anche agli insulti fisici più pesanti. Ma possono essere attivati a distanza, se l’Imperatore o i Signori Oscuri lo ritengono opportuno, ed i Servizi possono avere una certa libertà d’azione in questo senso” annunciò, percependo dentro di sé la moltitudine di sensazione che si stava liberando dalla donna. “Ovviamente i soldati non ne sono a conoscenza. O, se lo sono, è stata considerata come propaganda Ribelle”.
CR estrasse l’arma dalla fondina, ed aprì il settore dell’armatura dove spesso i soldati inserivano delle granate termiche. Fu fortunato, ed avvicinò alla sua padrona ancora contusa sia il blaster che un paio di esplosivi da lancio. Non tantissimo, ma senza dubbio la donna sapeva come usarli. Mise piede fuori dalla sua cella, portandosi d’istinto la mano davanti agli occhi per proteggersi dall’estrema luce artificiale del blocco di detenzione, ed in quell’istante tutte le porte del livello si aprirono. Ne seguirono diverse voci, insulti alla madre del governatore Saruman e ronzii di droidi attivati. Nell’arco di una decina di istanti il corridoio si riempì di figure emaciate, coperte di sangue e costretti ad appoggiarsi l’uno all’altro o alle pareti per non crollare dallo sfinimento. Zexion aumentò il livello d’aria del suo ossigenatore per impedire a quella massa informe di odori e pensieri di venirgli addosso, ma sapeva che in quel momento il suo lavoro, lì dentro, poteva definirsi concluso.
“Il mio rango nell’ISB mi consente di neutralizzare un massimo di venti soldati prima che una mia successiva richiesta venga convalidata da Coruscant. Ho rimosso tutti i soldati su questi livelli, quanto basta per procurarvi abbastanza armi da organizzare qualcosa” disse, sentendosi addosso gli occhi di tutti i minatori e anche di quelli che lo avevano riconosciuto. “Se volete organizzarvi, fate qualcosa. Non è affar mio. Se volete rimanere qui dentro ed aspettare che vi giustizino, siete liberi”.
“Posso chiederti quale è il tuo tornaconto, Ienzo?”
Considerato che la minatrice non aveva cercato di ucciderlo -ed il suo odore confermava che non lo avrebbe fatto, se lui non avesse tentato qualcosa di stupido- tirò un sospiro e si voltò verso gli ascensori.
“Certo che no. Dopotutto potrei mentirti di nuovo”.
“Non hai tutti i torti, nanerottolo”.
“Preferisco apporre una piccola postilla a tutta questa storia…” proseguì, controllando di nuovo che i livelli fossero sgombri.
Lo erano, ma da quel momento il rapporto di ogni suo utilizzo di codici sarebbe arrivato all’ISB e, se li conosceva bene, avrebbero provveduto a sospendergli ogni azione fino ad una spiegazione che il ragazzo non aveva alcuna intenzione di fornire.
Da quel momento in avanti, tutto il suo piano si sarebbe basato su quanto Gea Oganae ed i suoi uomini avrebbero avuto desiderio e forze di uscire da lì ed eliminare tutti gli imperiali da lì all’ingresso.
“ … il sacerdote venuto con l’Alleanza Ribelle deve uscire vivo ed illeso da qui. Siamo intesi?”



I pezzi erano disposti sul tavolo, e scintillavano persino sotto la luce artificiale della sua stanza.
Ne prese uno in mano, soppesandolo per la trentesima o quarantesima volta.
Oro massiccio, le scansioni dei droidi erano concordi. Chiunque avrebbe potuto vendere quei pezzi e la scatola che li racchiudeva e pagarcisi un paio di mesi su Ithor con la migliore compagnia Twi’lek sul mercato.
Che fosse un puzzle, quello era stato chiaro fin da subito. Non uno dei suoi passatempi preferiti, ma di certo era in grado di ricomporre una figura composta da nemmeno trenta tasselli, e ne aveva uniti un paio giusto per immaginare cosa potesse succedere una volta terminata la forma. Se la sua valutazione era corretta – e non c’era motivo che non lo fosse- si sarebbe trattato di comporre una forma piramidale; la cosa non lo perplimeva in realtà più di tanto, considerata la peculiare architettura di Nagada e l’ossessione di quel popolo per la geometria.
“Cosa pensi possa fare?”
La voce di Zam interruppe i suoi pensieri a metà. Era difficile vederla senza la sua tuta da battaglia e le sue complesse decorazioni mabari ai polsi o intorno all’elmo, ed impiegò qualche istante a mettere la donna a fuoco nella lunga veste in foggia kaminoana che le copriva persino i piedi, formando una sorta di strascico dietro i talloni. Senza l’elmo a nasconderle metà della testa aveva i capelli raccolti in maniera confusionaria su un lato del viso, e per un istante la mente tornò a oltre vent’anni prima, quando in un alloggio davvero molto, molto simile vi erano un uomo, una donna ed un ragazzino che passava le ore cercando di impressionarli sulle tecniche di pesca dei rollerfish. Il tempo non le aveva levato l’abitudine di camminare a piedi scalzi dentro qualunque posto potesse considerare vicino a una “casa”, e se questo da un lato gli diede un leggero senso di felicità, dall’altro si accorse di quanto impalpabile fosse il passo di quella donna cresciuta per uccidere.
Se non avesse interrotto il silenzio con quella frase probabilmente sarebbe potuta venirgli accanto senza nemmeno dargli modo di notare la sua presenza.
“Non lo so. Ed è proprio questo a preoccuparmi. Maul mi ha contattato prima, e sembra sia riuscito ad attivare l’oggetto di sua competenza, quella specie di Ascia dorata”.
“E …?”
“Deve fare altre prove, ma sembra sia riuscito a controllare i movimenti di un paio di membri dello staff verso cui la ha puntata. Un po’ come se fossero dei burattini, almeno per come la ha vista lui”.
“Quindi sospetti che siano delle armi?”
Osservò di nuovo quei pezzi.
Non era la prima volta che si ritrovava a ricercare, maneggiare o trovarsi a contatto con artefatti provenienti da tutta la Galassia. Già quando aveva intrapreso la sua carriera ufficiale di cacciatore di taglie gli era stato richiesto di impossessarsi -rigorosamente per vie illegali- di questo o quell’oggetto in grado di soddisfare i capricci o le ambizioni di chiunque potesse permettersi i suoi servizi, e le volte in cui era stato contattato da agenti imperiali si era sempre trattato di oggetti che poco lasciavano spazio all’immaginazione. La sua nomina a Signore Oscuro gli aveva dato accesso al reclutare altri cacciatori di taglie o semplici ladri da ingaggiare proprio per queste ricerche, e non vi era pianeta della Galassia che non nascondesse qualcosa di potenzialmente interessante per l’Imperatore ed i suoi scienziati. I doni di Nagada non sembravano affatto delle eccezioni.
“Se Ra ha ritenuto che potessero interessare l’Imperatore … dubito seriamente che si tratti di qualcosa in grado di risolvere carestie, siccità o pestilenze incurabili” disse, con una nota stridula nella voce.
“E la cosa ti spaventa?”
Boba la guardò, sforzandosi di capire perché lei gli avesse posto quella domanda. Lo stava giudicando in qualche modo?

Narratore: “Boba, nota a pié di pagina. Non pensare, perché se pensi sbagli”

Guardò di nuovo sia quegli occhi chiari che la scatola intarsiata, sforzandosi di notare qualche connessione che probabilmente gli sfuggì. Prese uno dei pezzi tra le dita che ancora non aveva apposto, soppesandolo, sforzandosi di fissare le sue connessioni per evitare che la donna potesse estrapolare altre informazioni dal suo viso.
Come mai la domanda lo stava inquietando?
Inserì il pezzo nella composizione, e senza nemmeno pensare portò la mano al successivo.
No, non era la domanda in sé. Ne aveva parlato sia con Maul che con Tarkin, ed in modo molto più aperto: tutti e tre erano abbastanza intelligenti da non prendere certi artefatti a cuor leggero, specie perché nessuno di loro possedeva un controllo sulla magia come quello spregiudicato di Kaspar. Avere paura di qualcosa di ignoto era da sempre la chiave di volta per non rischiare la vita.
Ma chiesto da lei …
Zam si avvicinò al tavolo. Un solo sguardo, come se fosse indecisa se chiedergli il permesso o meno. Lui annuì, lasciando che le sue mani scegliessero un altro pezzo e lo inserissero nella composizione.
Nel momento in cui la sagoma dorata si incastrò nel resto del puzzle si accorse che ciò che lo preoccupava sarebbe stata la reazione di Zam alla sua risposta.
Si morse la guancia, nella speranza di non darlo a vedere, fissando le dita sottili della donna afferrare un altro pezzo e stavolta portandoselo vicino agli occhi, come a cercare dentro il singolo frammento la chiave per scoprire quale enigma stavano per comporre. Con un sospiro si costrinse a ricomporsi, e diede la colpa al fatto che, seppure per un periodo molto breve della sua vita, aveva accarezzato l’idea che quella figura dallo sguardo freddo e dal sorriso invisibile potesse essere la madre che non aveva mai avuto.
“Sarei uno stupido se non lo fossi”.
Ma cercò di nuovo i suoi occhi, e a quell’increspare di labbra così familiare sentì il cuore farsi più leggero.
Il puzzle era quasi terminato, e l’ultimo pezzo scivolò dalla mano di Zam e apparve nel suo palmo. Un pezzo che aveva la forma di un occhio stilizzato, il tassello finale al centro della figura piramidale che aspettava solo di essere portato a compimento. Lo applicò con una leggera spinta, immaginando quasi che quell’occhio potesse animarsi all’improvviso e guardargli dentro, oppure creare dal nulla un raggio laser che gli avrebbe staccato la testa.
Non accadde assolutamente nulla di ciò, perché prima ancora che potesse commentare l’accaduto uno strano calore si propagò nel suo corpo ed una scarica di energia scaturì dalla punta delle dita e lo attraversò fino alla schiena ed alla testa. Delle strane immagini iniziarono a sovrapporsi, cancellando per un attimo il suo ufficio e la stessa Zam, finché qualunque cosa si trovasse legata all’artefatto non giunse dritta nel suo cuore.
Io sono te, e tu sei me.

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view post Posted: 21/1/2023, 23:32 L'ultimo film che avete visto - 13th Century Fox
Concordo pienamente con Ven riguardo Il Gatto con Gli Stivali 2: ero entrata in sala convinta di trovarmi davanti un film senza troppe pretese, invece ha superato le mie aspettative di parecchio, non me lo aspettavo così ben riuscito!

CITAZIONE
A parte Jack Horner, che qui è il classico cattivo senza possibilità di redenzione

A me devo dire che ha fatto ridere proprio per le battute fatte da lui stesso o dagli altri personaggi sulla sua cattiveria e totale assenza di moralità (specialmente quando il Grillo tentava inutilmente di redimerlo): sarà che è un tipo di umorismo che mi piace sempre moltissimo, con gag "cattive" ma senza scadere eccessivamente sul pesante, ma ho davvero riso di gusto.

Il Lupo vabbè, che lo dico a fare, personaggio graficamente e scenograficamente impeccabile, ha davvero innalzato la qualità del film, perfetto in ogni dettaglio, dal fischio inquietante, i falcetti, gli occhi rossi, la silhouette avvolta nell'ombra, le movenze, un plauso a chi lo ha creato e sceneggiato perché davvero è una bomba, tanta, tantissima roba.
Per certi versi mi ha ricordato un altro antagonista animale della Dreamworks, il Pavone Reale di Kung Fu Panda 2, anche lui caratterizzato magnificamente nella grafica e nello stile di combattimento, sono quei personaggi che ti restano impressi solo per come ti appaiono sullo schermo, ma qui, con il Lupo/Morte, siamo a un livello ancora superiore. Da applausi.
view post Posted: 19/1/2023, 18:56 I video di Predator Fenice - Gallerie degli utenti
Molto in ritardo ma ho visto il video... non conosco la serie (cioè, la conosco ma non l'ho vista), ma il video è davvero ben fatto e le immagini vanno a tempo perfettamente con la musica!
Mi piace l'inizio con lei che fa esplodere tutti, è quello che vorrei fare anche io certe volte XD
Carino anche quando compare la scritta "so done", l'hai aggiunta tu o faceva parte della scena nella serie?
7731 replies since 30/9/2008